I-2.2.5.13

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I-2.2.5.13.  ELEMENTO OMOLOGO NR/DC 18

Gli animali infuocati

A.  OGGETTO DELL’ANALISI
Due scene in cui si presenta l’immagine di un certo numero di animali che appaiono tutt’a un tratto su uno sfondo di nubi, vento e fuoco. Definizione delle scene:
   Nella notte del Settimo giorno avviene l’ecpirosi: tutta l’abbazia prende fuoco e viene consumata dalle fiamme purificatrici. All’inizio della catastrofe si vede una grande nube di scintille proveniente dall’Edificio, nella cui biblioteca è cominciato l’incendio fatale: "Tutto il pianoro era in preda al disordine. Ma si era appena all’inizio della tragedia. Poiché, uscendo dalle finestre e dal tetto [dell’Edificio], la nube ormai trionfante delle scintille, incoraggiata dal vento, stava ricadendo ovunque, toccando le coperture della chiesa" (Nome, p. 492)(1). Poi, ad un tratto, con il diffondersi del fuoco alimentato da un forte vento, appaiono sulla scena un gran numero di animali fuggiti dagli stabbi e dalle stalle: "Il vento si era fatto di nuovo impetuoso e più impetuosamente alimentava il contagio [del fuoco]. Subito dopo la chiesa presero fuoco gli stabbi e le stalle. Gli animali terrorizzati spezzarono i loro legami, travolsero le porte, si sparsero per il pianoro" (p. 493).
   La scena con gli animali rappresenta nella struttura NR la sesta tromba apocalittica (digressione XVI).
   Per definire la corrispondente scena della Divina Commedia ricorriamo al canto XXIX del Purgatorio. Lì Dante descrive come nel Paradiso Terrestre egli vede venire quattro animali dopo un corteo solenne di anziani (è la famosa processione dei ventiquattro seniori):

Poscia che i fiori e l’altre fresche erbette / a rimpetto di me da l’altra sponda / libere fuor da quelle genti elette [i ventiquattro seniori], ... vennero appresso lor quattro animali ... A descriver lor forme più non spargo / rime lettor; ch’altra spesa mi stringe, / tanto che a questa non posso esser largo; ma leggi Ezechiel che li dipinge / come li vide da la fredda parte / venir con vento e con nube e con igne; (Purg., XXIX, 88-102)
Ma gli animali della scena che stiamo definendo non sono rappresentati da questi quattro esseri apparsi direttamente davanti agli occhi di Dante, bensì dagli animali di Ezechiele che Dante s’immagina nella mente contemplando la scena reale che gli si presenta davanti. Per definire bene i tratti caratteristici della scena immaginata da Dante, dobbiamo quindi seguire la sua esortazione ("ma leggi Ezechiel") e consultare il libro del profeta. Il passo indicato da Dante, l’apparizione degli animali, s’inserisce nel primo capitolo del libro di Ezechiele; si tratta dell’esordio di una delle più note visioni profetiche di tutto l’Antico Testamento:
Et vidi, et ecce ventus turbinis veniebat ab aquilone, et nubes magna, et ignis involvens, et splendor in circuito eius; et de medio eius ... id est de medio ignis; in medio eius similitudo quatuor animalium. (Eze., 1:4-5)
Ritornando al testo di Dante, si ha così una scena dove si presentano in modo immaginativo, attraverso la visione profetica di Ezechiele, quattro animali su uno sfondo di nubi, vento e fuoco.
   Per queste definizioni bisogna fare un commento a parte. È ovvio che fra la scena del Nome della rosa e quella della Divina Commedia c’è una differenza del modo in cui si presentano le immagini delle cose accadute: mentre la prima scena è vista direttamente con gli occhi di Adso, la seconda è invece rappresentata da una sequenza di fatti che Dante vede in via immaginativa, mirando quello che gli si presenta davanti in modo diretto. In tutti e due i casi, però, si tratta di immagini di cose: un’immagine diretta e un’altra indiretta, prodotta attraverso la lettura di un altro testo, suggerita da Dante nella Commedia stessa.

B.  ANALISI COMPARATIVA
Giorno e ora delle scene (B1) – I quattro tipi degli animali apparsi (B2) – Gli animali criniti (B3) – Il grande rumore degli animali (B4) – Provenienza del vento che tira nelle scene (B5) – La persona profetica che cade per terra (B6) – Definizione dell’elemento omologo NR/DC 18 (C).

B1.  GIORNO E ORA DELLE SCENE
L’ecpirosi comincia con l’incendio nella biblioteca, che a sua volta avviene dopo il tumulto nella sala Y dell’YSPANIA dove Guglielmo e Adso cercano di impedire al cieco Jorge (fuggito dal finis Africae) di continuare la consumazione del libro proibito di Aristotele. Tutta la catastrofe raggiunge poi il suo culmine verso la mattina del Settimo giorno: "Già nella mattina del settimo giorno della nostra permanenza in quel luogo, quando ormai i superstiti si avvidero che nessun edificio poteva più essere salvato ... a quel punto mancò a ciascuno la volontà di combattere contro il castigo divino" (Nome, p. 499). Ma in questa catena di fatti drammatici, dove viene a collocarsi la nostra scena? Purtroppo è difficile rispondere con esattezza. Vediamo in ogni modo come si può ragionare per arrivare almeno ad una grossa approssimazione dell’ora:

1)  Cerchiamo prima di definire quando cominciò l’incendio: Nel capitolo precedente abbiamo collocato la scena dell’apertura del finis Africa fra le 21.00 e le 21.30. Vediamo ora ciò che accadde dopo l’apertura fino all’inizio dell’incendio: Guglielmo e Adso entrano nel finis Africae dove trovano Jorge; Guglielmo e Jorge discutono a lungo fra l’altro sul libro di Aristotele; Guglielmo comincia a leggere dal libro; dialogo ancora più lungo fra Guglielmo e Jorge sul veleno del libro, sulla traccia apocalittica, sul riso, ecc.; Jorge comincia a mangiare il libro davanti agli occhi stupiti di Adso e Guglielmo; Guglielmo cerca di impedire la consumazione della Commedia; tumulto; Jorge fugge dal finis Africae alla sala Y dell’YSPANIA; Guglielmo e Adso escono anche loro, cercano Jorge e lo raggiungono infine; tumulto in cui Jorge strappa il lume di Adso e lo lancia su un mucchio di libri; l’incendio comincia. Per fare tutte queste cose si richiede probabilmente un tempo da una a due ore, eventualmente fino a 2 ore e mezza.
   Abbiamo così che l’incendio cominciò probabilmente fra le 22.00 (21.00 + 1.00) del Sesto giorno e mezzanotte (21.30 + 2.30) del Settimo giorno.

2)  Facciamo adesso, in base a due fatti, un’approssimazione del tempo trascorso dall’inizio dell’incendio fino all’ora della scena attuale:

a)  Dovette certo intercorrere alquanto tempo prima che l’incendio potesse crescere in forza tale da distruggere la biblioteca (le travature di copertura ardevano, le finestre si spezzavano, era diventata un "solo braciere", il pavimento aveva cominciato a cedere) e poi diffondersi allo scriptorium, uscire dall’Edificio fino a diffondersi alle altre costruzioni dell’abbazia nel modo che conosciamo.

b)  La scena attuale s’inserisce indubbiamente nella prima parte della diffusione dell’incendio; cfr. in proposito queste parole della citazione "Nome, p. 492" nella definizione della scena: "Ma si era appena all’inizio della tragedia. Poiché, uscendo dalle finestre e dal tetto [dell’Edificio], la nube ormai trionfante delle scintille ... stava ricadendo ovunque, toccando le coperture della chiesa."; e gli stabbi e le stalle furono raggiunti dall’incendio immediatamente dopo la chiesa: "Subito dopo la chiesa presero fuoco gli stabbi e le stalle" (p. 493).

In base ai fatti a e b concludiamo che, una volta uscito dalla biblioteca, l’incendio raggiunse presto gli stabbi e le stalle, dopo di che si verificò quasi subito la scena con gli animali. Ma quanto tempo ci volle prima che l’incendio uscisse dalla biblioteca? Leggendo le pagine in cui si descrive ciò che accadde dalle prime fiamme nella sala Y dell’YSPANIA fino alla "nube trionfante di scintille" (pp. 486-492), si ha l’impressione che tante cose avvenissero in gran disordine e con tanta gente coinvolta, anzi tutta l’abbazia. Per rispondere si arriva facilmente a 2-3 ore, forse anche a quattro ore, ma certo non più. E il tempo trascorso da questo momento, cioè da quando il fuoco uscì dalla biblioteca, fino al momento della scena? Forse mezz’ora, certamente non più di un’intera ora.
   Arriviamo così a concludere: dall’inizio dell’incendio fino all’ora della scena NR possono essere trascorse sì e no 2.30-5.00 ore.

Ritornando alla domanda iniziale concludiamo che in base al nostro esame la scena NR deve collocarsi tra le 0.30 (22.00 + 2.30) e le 5.00 (00.00 + 5.00) del Settimo giorno. Tuttavia, dato che i tempi indicati si basano su calcoli molto approssimativi pensiamo sia meglio aggiungere qui un "circa" a tutt’e due le ore.
   Per la scena NR abbiamo impiegato molte parole per raggiungere poca precisione; purtroppo dobbiamo anche per il caso della corrispondente scena della Divina Commedia essere prolissi; ma per fortuna la precisione temporale sarà più soddisfacente. Dunque:
   Tutte le scene del Paradiso Terrestre hanno luogo nel Settimo giorno. Nell’arco temporale la scena con gli animali avviene dopo cinque altre scene di breve durata (a-e), che da Vernon vengono riassunte in questo modo e di cui la prima è fornita di un’indicazione del tempo:

a)  "Dante and his guides [Virgilio e Stazio] are walking into the interior of the forest [del Paradiso Terrestre], when they find their progress arrested by a little rill, which is Lethe [canto XXVIII]" (Vernon–Purg., I, p. xlvi). Per questa scena Vernon ci dà un’indicazione temporale: "Easter Wednesday, shortly after sunrise" (ibid.);

b)  "A beautiful Lady, Matelda, appears to him" (ibid.);

c)  "Matelda moves away upstream along the bank of Lethe, and Dante ... follows her steps, on his side of the stream [canto XXIX]" (ibid.);

d)  "A mighty radiance suddenly shines through the forest" (ibid.);

e)  "This proceeds from seven golden candlesticks, which head a procession of the Army of the Church Militant [i ventiquattro seniori]" (ibid.). (Poi vengono i quattro animali alati.)

Facendo un calcolo molto approssimativo del tempo che può essere trascorso tra la prima scena ("shortly after sunrise") e la fine della quinta arriviamo forse a 15-45 minuti (a seconda del ritmo degli attori delle scene). Partendo poi da "shortly after sunrise", cioè poco dopo le 6, e tenendo conto del tempo trascorso fino all’inizio della scena DC più qualche margine di sicurezza, arriviamo in ultimo a collocare la stessa scena entro uno spazio temporale che certamente non comincia prima delle 6.20 (6.05 ("shortly after sunrise") + 15 minuti) e non finisce dopo le 7.00.

·  Le scene avvengono il Settimo giorno, tra le 0.30 circa e le 7.00 di mattina.

Ammettiamo che lo spazio di tempo indicato può sembrare grande, per cui ci pare bene ricordare che il tempo della scena NR è stato definito con una buona dose di approssimazione.

B2.  I QUATTRO TIPI DEGLI ANIMALI APPARSI
Gli animali che escono dalle stalle e dagli stabbi possono essere distinti in quattro gruppi principali: rappresentano cioè animali equini, bovini, ovini e porcini; cfr. questa descrizione di Adso dove egli pone l’accento sul modo degli animali di emettere versi, definendo così, perfettamente, quattro distinti tipi di animali domestici: "Gli animali terrorizzati spezzarono i loro legami, travolsero le porte [degli stabbi e delle stalle], si sparsero per il pianoro nitrendo, muggendo, belando, grugnendo orribilmente" (Nome, p. 493).
   Per quanto riguarda gli animali di Ezechiele, essi erano quattro animali di forma e fattezze uguali; a prima vista non rappresentano perciò che un solo tipo di animale. Tuttavia, analizzando più da vicino il testo biblico possiamo facilmente stabilire che in uno stesso animale, cioè in ciascuno dei quattro, vengono rappresentati non meno di quattro differenti tipi di animali: quelli di Ezechiele sono infatti animali "quadrangolari", lucenti e aventi ciascuno carattere di uomo, di leone, di bue e di aquila. Ecco come sono descritti dal profeta:

Et hic aspectus eorum, similitudo hominis in eis. Quatuor facies uni, et quatuor pennae uni. Pedes eorum, pedes recti, et planta pedis eorum quasi planta pedis vituli; et scintillae quasi aspectus aeris candentis. Et manus hominis sub pennis eorum, in quatuor partibus; et facies et pennas per quatuor partes habebant. Iunctaeque erant pennae eorum alterius ad alterum; ... Similitudo autem vultus eorum, facies hominis et facies leonis a dextris ipsorum quatuor, facies autem bovis a sinistris ipsorum quatuor, et facies aquilae desuper ipsorum quatuor. Facies eorum et pennae eorum extentae desuper; duae pennae singulorum iungebantur, et duae tegebant corpora eorum. ... Et similitudo animalium, aspectus eorum quasi carbonum ignis ardentium, et quasi aspectus lampadarum: (Eze., 1:5-13)(2)
Insomma, anche gli animali di Ezechiele rappresentano, a modo loro, quattro differenti tipi di animali.

·  In tutte e due le scene gli animali apparsi rappresentano quattro differenti tipi di animali.

B3.  GLI ANIMALI CRINITI
Tra gli animali apparsi sulla scena dell’abbazia figurano anche molti cavalli, i quali, raggiunti dalle scintille, corrono con la criniera tutt’in fiamme: "Alcune scintille raggiunsero la criniera di molti cavalli e si vide la spianata percorsa da creature infernali, da destrieri fiammeggianti" (Nome, p. 493). Per sapere qualche altra cosa sul conto degli animali in fiamme, continuiamo la citazione: "... da destrieri fiammeggianti che travolgevano tutto sul loro cammino che non aveva né meta né requie" (ibid.). Da queste poche parole siamo in grado di concludere: 1) che i cavalli infuocati correvano avanti ed indietro ("sul loro cammino che non aveva né meta né requie"); 2) che, correndo, non si volgevano da nessuna parte, conclusione che deriva dal fatto che non lasciavano il passo a nessuno ("travolgevano tutto sul loro cammino").(3)
   Vediamo ora come i punti di sopra corrispondano agli animali di Ezechiele.
   Per prima cosa constatiamo che nella visione del profeta gli animali apparsi sono dotati ciascuno di una faccia di leone, accanto a tre altre facce; ecco ancora una volta le lore fattezze: "Similitudo autem vultus eorum, facies hominis et facies leonis a dextris ipsorum quatuor, facies autem bovis a sinistris ipsorum quatuor, et facies aquilae desuper ipsorum quatuor" (Eze., 1:10). E per "facies leonis" non dobbiamo certo esitare ad immaginarci un muso di leone contornato dall’ornamento tipico del leone, cioè dalla criniera.(4) Concludiamo pertanto che anche nella scena DC sono apparsi degli animali che, inutile dubitarne, portano una criniera.
   Per le altre qualità degli animali, ecco le corrispondenze:

–  erano tutti e quattro in fiamme: "Et similitudo animalium, aspectus eorum quasi carbonum ignis ardentium, et quasi aspectus lampadarum" (Eze., 1:13); cfr. anche "in similitudinem fulguris coruscantis" nella citazione qui sotto;

–  correvano avanti ed indietro: "Et animalia ibant et revertebantur, in similitudinem fulguris coruscantis" (ibid., 1:14);

–  correndo non si volgevano da nessuna parte: "non revertebantur cum incederent, sed unumquodque ante faciem suam gradiebatur" (ibid., 1:9). Per queste parole, cfr. pure la traduzione classica di Giovanni Diodati (Sacra Bibbia, Roma 1981): "essi non si volgevano camminando; ciascuno camminava diritto davanti a sè" (Ezechiele, 1:9).

·  Tutti gli animali apparsi o parte di essi sono degli animali criniti, per i quali si definiscono queste caratteristiche supplementari: erano in fiamme; correvano avanti ed indietro; correndo, non si volgevano da nessuna parte.

B4.  IL GRANDE RUMORE DEGLI ANIMALI
Nel punto B2 della scena NR abbiamo raggruppato gli animali apparsi secondo i loro versi; ma per udire in particolare com’erano, per così dire, in sintesi i suoni, riviviamo la scena ancora una volta. Dunque: "Gli animali terrorizzati spezzarono i loro legami, travolsero le porte, si sparsero per il pianoro nitrendo, muggendo, belando, grugnendo orribilmente" (Nome, p. 493). A parte i differenti tipi dei versi degli animali, possiamo senz’altro constatare che, spargendosi per il pianoro, essi emettevano grida piuttosto alte: Adso non avrebbe certo usato la parola "orribilmente", se non si fosse trattato di un suono o rumore veramente grande.
   Ascoltiamo ora gli animali del libro di Ezechiele: "cum ambularent, quasi sonus erat multitudinis ut sonus castrorum" (Eze., 1:24). E un "sonus castrorum" non è sicuramente di poca magnitudine. Ma per capire bene la provenienza di tale grande rumore, dobbiamo anche precisare che erano le ali degli animali a produrre il suono; cfr. quanto si dice proprio prima di "cum ambularent": "Et audiebam sonum alarum, quasi sonum aquarum multarum, quasi sonum sublimis Dei: cum ambularent ..." (ibid.). Possiamo pure aggiungere che con "sonum aquarum multarum" e "sonum sublimis Dei" il volume del rumore degli animali è ben sottolineato.

·  Nelle scene si sente un gran rumore che proviene dagli animali apparsi.

B5.  PROVENIENZA DEL VENTO CHE TIRA NELLE SCENE
Nella definizione della scena NR abbiamo indicato l’esistenza di un vento come uno dei punti caratteristici. Un vento spira di regola da una certa direzione, e in questo caso si tratta di un vento aquilone, cioè proveniente dal nord. Lo si deduce dal fatto che l’incendio cominciò nella biblioteca dell’Edificio, che era situato proprio nella parte settentrionale dell’abbazia (pianta I). Sappiamo pure, sempre tenendo sott’occhio la pianta dell’abbazia, che a sud dell’Edificio con la sua biblioteca incendiata si trova la chiesa abbaziale. Ritorniamo ora alla citazione "Nome, p. 492" nella definizione della scena, quella che cita la "nube delle scintille", per determinare, in base alla direzione della stessa nube, la direzione del vento; eccola quindi di nuovo (in parte): "... uscendo dalle finestre e dal tetto, la nube ormai trionfante delle scintille, incoraggiata dal vento, stava ricadendo ovunque, toccando le coperture della chiesa." Da questo passo si vede chiaramente come la nube delle scintille, "incoraggiata dal vento" com’era, venisse trasportata dalla biblioteca fino alla chiesa dell’abbazia, seguendo cioè una direzione da nord a sud. Il vento "incoraggiante" era quindi un vento aquilone.
   Per determinare la direzione del vento della scena DC ricorriamo semplicemente a parti di due citazioni già riportate (vedi la definizione della scena): "ma leggi Ezechiel che li [gli animali] dipinge / come li vide da la fredda parte / venir con vento e con nube e con igne" (Purg., XXIX, 100-102); "Et vidi, et ecce ventus turbinis veniebat ab aquilone, et nubes magna, et ignis involvens, et splendor in circuito eius" (Eze., 1:4). In queste citazioni si ha quindi una chiara indicazione della provenienza del vento "turbinis": era un vento aquilone, e ciò perché "la fredda parte" (nella prima citazione) sta naturalmente a indicare il nord, e "ab aquilone" (nella seconda) è la stessa cosa di "dal nord"; si legga del resto come Diodati ha tradotto dall’ebreo il passo citato: "Io adunque vidi, ed ecco un vento tempestoso, che veniva dal Settentrione, e una grossa nuvola" (Ezechiele, 1:4).(5)

·  Il vento che tira forte nelle due scene è un vento aquilone.

B6.  LA PERSONA PROFETICA CHE CADE PER TERRA
Alla fine della scena NR si assiste alla magnifica apparizione di Brunello, il cavallo dell’Abate, che nella sua corsa sfrenata travolge Alinardo che conosciamo come il vecchio monaco con la voce profetica(6): "Vidi il vecchio Alinardo, che si aggirava smarrito senza aver compreso cosa accadesse, travolto dal magnifico Brunello, aureolato di fuoco, trasportato nella polvere e ivi abbandonato, povera cosa informe" (Nome, p. 493). Generalizzando i particolari di questo finale, e insieme tenendo conto della qualità profetica di Alinardo, possiamo dire che siamo di fronte all’apparizione di una forma ardente circondata da uno splendore (Brunello), che provoca il cadimento per terra di una persona profetica (Alinardo). (Possiamo aggiungere che Alinardo non solo cade nello scontro travolgente, egli anche muore perché Adso continua così la sua descrizione: "Ma non ebbi né modo né tempo di soccerrerlo, né di piangere la sua fine" (ibid.). Alla morte di Alinardo ritorneremo nella già citata digressione XVI, "Ma le trombe".)
   Continuando la lezione del libro di Ezechiele troviamo che tutta la scena visionaria degli animali finisce con l’apparizione di un trono sopra una distesa di cielo (firmamento), che a sua volta si appoggia sul capo dei quattro animali ("Et super firmamentum quod erat imminens capiti eorum [quatuor animalium], quasi aspectus lapidis saphiri similitudo throni" (Eze., 1:26)); e dopo questa "similitudo" ("sembianza" secondo Diodati), ecco apparire un’altra forma: "et super similitudinem throni similitudo quasi aspectus hominis desuper" (ibid.); la qual forma ("aspectus hominis") viene poi descritta in questo modo profetico: "Et vidi quasi speciem electri, velut aspectum ignis, intrinsecus eius [aspectus hominis] per circuitum; a lumbis eius et desuper, et a lumbis eius usque deorsum vidi quasi speciem ignis splendentis in circuitu, velut aspectum arcus cum fuerit in nube in die pluviae. Hic erat aspectus splendoris per gyrum" (ibid., 1:27-28).
   Decifrando ora questi brani di testo, di cui il secondo, a dir la verità, non è fra i più chiari, arriviamo a definire, press’a poco, l’apparizione di una sorta di figura d’uomo che dentro alla propria forma arde ossia brilla come il fuoco ("quasi speciem electri, velut aspectum ignis, intrinsecus eius per circuitum")(7) ed è circondata da uno splendore ("a lumbis eius et desuper, et a lumbis eius usque deorsum vidi quasi speciem ignis splendentis in circuitu ecc."). E davanti a tale immagine gloriosa, che naturalmente è una visione della grandezza di Dio, il profeta cade "sopra la sua faccia": "Haec visio similitudinis gloriae Domini. Et vidi, et cecidi in faciem meam" (ibid., 2:1). Riassumendo infine quest’ultima parte della visione degli animali di Ezechiele siamo in grado d’immaginarci l’apparizione di una forma ardente (la figura d’uomo) circondata da uno splendore ("quasi speciem ignis splendentis"), che provoca il cadimento per terra ("in faciem meam") di una persona profetica (Ezechiele stesso). In tutta armonia con la corrispondente scena del Nome della rosa.(8)

·  Verso la fine delle scene si ha l’apparizione di una forma ardente che è circondata da uno splendore (Brunello e "la figura d’uomo") e che provoca il cadimento per terra di una persona profetica (Alinardo e Ezechiele).

C.  DEFINIZIONE DELL’ELEMENTO OMOLOGO NR/DC 18
Il Settimo giorno, tra le 0.30 circa e le 7.00 di mattina, si presenta una scena di alcuni animali che appaiono tutt’ad un tratto su uno sfondo di nubi, vento e fuoco. Gli animali apparsi rappresentano quattro differenti tipi. Tutti gli animali apparsi o parte di essi sono degli animali criniti, per i quali si possono definire queste caratteristiche supplementari: sono in fiamme; corrono avanti ed indietro; correndo, non si volgono da nessuna parte.
   Nella scena si sente un gran rumore che proviene dagli animali apparsi. Il vento che tira è l’aquilone.
   Verso la fine della scena si ha l’apparizione di una forma ardente che è circondata da splendore e provoca la caduta per terra di una persona profetica.

Note

(1)  Notiamo che in questa scena c’è anche un’altra nuvola, ma di diverso tipo: si tratta del fumo denso provocato dall’incendio impetuoso, che doveva certo formare una sorta di nuvola nera, ciò che pare evidente da queste due citazioni, le quali potrebbero fungere da preludio della scena: "Seguii il gruppo e mi trovai nello scriptorium: dall’accesso alla biblioteca proveniva un fumo denso" (Nome, p. 490); "Tutte le finestre [della biblioteca] erano ormai illuminate, un fumo nero usciva dal tetto" (p. 491). Per questa nuvola nera, cfr. del resto ancora una volta la copertina della nostra edizione del romanzo (vedi la bibliografia), dove si vede una piccola nuvola nera sopra una torre che crolla.

(2)  Per questo strano tipo di animale si sa che Ezechiele era influenzato fra l’altro dalla tradizione religiosa assiro-babilonica; si consulti per es. Keller, Men Bibeln hade rätt, trad., Hälsingborg 1964, pp. 274-275, di cui la pagina 275 è occupata da un’immagine di tale animale (toro alato con capo di leone e faccia di uomo):

Fig. 3 – Il toro alato del palazzo di Chorsabad


(3)  Può sembrare una contraddizione che i cavalli "correvano avanti ed indietro" nello stesso tempo che "non si volgevano da nessuna parte"; quello che intendiamo esprimere con le parole usate è che essi, come spesso accade in simili situazioni di eccitazione, correvano per una certa distanza sfrenatamente, senza volgersi da nessuna parte (cioè né a destra né a sinistra), e che, terminata la loro corsa, si arrestavano per ricominciare la corsa "cieca" nell’altra direzione. (È da supporre che questo ragionamento valga in via di principio anche per i movimenti degli animali corrispondenti della visione di Ezechiele.)

(4)  Si potrebbe qui obiettare che quel leone della visione profetica era forse una leonessa. E le leonesse non portano la criniera. Davanti a tale obiezione diremmo che se il profeta avesse visto invece il muso di una leonessa (cioè senza la criniera), lo avrebbe sicuramente notato in un modo o nell’altro; tanto più che sarebbe stato assurdo mettere un muso di leonessa vicino a una faccia di un uomo e un bue; rimandiamo ancora una volta alla fig. 3 nella nota 2, dove si vede un animale con un aspetto quanto mai maschile, e il cui tipo doveva essere ben noto ad Ezechiele.

(5)  Notiamo che Ezechiele non scelse certo a casaccio d’introdurre nella sua scena visionaria quest’aquilone: in questo contesto il "ventus turbinis" rappresenta infatti lo strumento di Jahwèh, il quale nell’antichissima tradizione religiosa israelita era domiciliato proprio a nord (come si può leggere per es. nell’articolo "Hesekiels bok" in Svenskt bibliskt uppslagsverk). Per continuare sul tema dell’aquilone quale strumento di Dio, si osservi che anche nell’Ecpirosi dell’abbazia il forte vento faceva perfettamente la sua parte.

(6)  Per la qualità profetica di Alinardo si consideri in particolar modo il cap. "Secondo giorno, dopo vespri" dove, nel colloquio con Guglielmo, egli pronuncia fra l’altro queste profezie: "La bestia? Ah, l’Anticristo... Egli sta per venire, il millennio è scaduto, lo attendiamo..." (Nome, p. 163); "Ma i tempi sono maturi. Non hai udito le sette trombe [apocalittiche]?" (ibid.); "Attenti alla terza tromba! Morirà la terza parte delle creature viventi nel mare. Dio ci punisce" (p. 164); eccetera. E che tali detti abbiano veramente la qualifica di "parole profetiche", risulta chiaro da un confronto con qualche passo ispirato di Ezechiele, per es.: "Finis venit, venit finis super quatuor plagas terrae" (Eze., 7:2); "Ululate; vae, vae diei! / Quia iuxta est dies; / Et appropinquat dies Domini, dies nubis" (30:2-3); "Tertia pars tui [Ierusalem] peste morietur, et fame consumetur in medio tui, et tertia pars tui in gladio cadet in circuitu tuo; tertiam vero partem tuam in omnem ventum dispergam, et gladium evaginabo post eos" (5:12); ecc. ecc. Il tono profetico (apocalittico) è cioè uguale in tutt’e due le serie di enunciati.

(7)  Per la qualità brillante della forma che si esprime attraverso l’espressione "quasi speciem electri", ricordiamo che per "electrum" si intendeva, a parte l’ambra stessa (brillante), anche la nota lega antica di oro (quattro parti) ed argento (una parte); ed è significativo che la parola corrispondente greca abbia un’etimologia proprio "brillante"; vedi per es. Il Nuovo Zingarelli, voce "Elettro": "lat. electru(m), dal gr. elektron ’ambra’ da elektor ’brillante’".

(8)  Un’altra particolarità che potremmo forse aggiungere a queste corrispondenze è il fatto che la forma ardente della visione profetica rappresenta di per sé un’immagine grandiosa ("Haec visio similitudinis gloriae Domini"), come pure l’apparizione del cavallo di Abbone, che entrò in scena come il "magnifico Brunello, aureolato di fuoco".

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