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Digressione I La Divina Commedia e Le Troiane come rappresentanti eminenti dei loro generi
Sull’eminenza della Commedia di Dante e delle Troiane di Euripide nel campo dei generi della commedia e della tragedia. (Riferimento: I-1.1, sez. 2b:v)Se l’autore del Nome della rosa ha voluto raggiungere una conciliazione fra i generi eterni della commedia e della tragedia, ci è riuscito più che bene scegliendo le due opere su cui basare il lavoro creativo. Sia La Divina Commedia che Le Troiane rappresentano infatti in grado eminente i due generi opposti. Vediamo come.
La Divina Commedia. Un tratto comune a tutte le commedie è secondo Dante stesso quello di avere una fine lieta e felice (cfr. I-3, sezione 1b). Una commedia perfetta deve quindi avere una fine che in felicità raggiunge i più alti livelli. Ora, se cerchiamo di valutare il grado di felicità della fine della Commedia di Dante, non è difficile arrivare alla conclusione che questa commedia ha una fine che può definirsi insuperabilmente lieta, ossia felice, in quanto termina con il ricongiungimento, maggiormente beatificante, con Dio. Ed è proprio in questo ricongiungimento (l’unione con Dio) che l’uomo trova la propria felicità compiuta, secondo fra gli altri Dante stesso: "vera illa beatitudo in sentiendo veritatis principium consistit; ... Et quia, invento principio seu primo, videlicet Deo, nichil est quod ulterius queratur" (Epistola XIII, par. 33). Del resto, quale commedia avrebbe più lieta fine? Non per niente Boccaccio le diede in un secondo tempo l’epiteto "divina".
Le Troiane. Per prima cosa possiamo constatare che nel cap. XIII della Poetica di Aristotele, autorità infallibile fino al Medioevo (il "Filosofo" per Dante), si legge, attraverso la traduzione italiana di Domenico Pesce, che "Euripide ... risulta il più tragico dei poeti" (La Poetica, p. 102). Partendo da quest’affermazione ci domandiamo quale delle sue tragedie almeno di quelle che sono conservate fino ad oggi ed erano o potevano essere conosciute al mondo medievale è da annoverare fra le più tragiche? Non sappiamo se il Filosofo o altra autorità antica o del Medioevo abbia dato una risposta esplicita; invece resta la possibilità di utilizzare le opinioni dei nostri tempi. Possiamo per es. ascoltare Francis Bull, il noto studioso norvegese, che definisce Le Troiane "la più tragica e più grandiosa" delle opere di Euripide (Världslitteraturens historia, trad., II ed., Stockholm 1964, p. 25: "I sitt mest tragiska och storslagna verk ’Trojanskorna’"). Questa è naturalmente un’opinione del tutto personale da parte dello studioso, ma indica tuttavia che Le Troiane è un dramma altamente tragica. Per sottolineare quest’ultimo fatto si potrebbe allegare anche altre voci, per es. il finlandese Emil Zilliacus, abile traduttore e conoscitore del dramma greco, secondo il quale Le Troiane di Euripide narra "la più desolata e più pessimistica tragedia fra tutte le tragedie", cioè la distruzione finale di Troia e l’afflizione completa delle troiane (vedi l’introduzione alla sua traduzione in svedese del dramma, p. 8: "Den tragedi i vilken Euripides skildrar Trojas slutliga undergång, det mest tröstlösa och pessimistiska av alla sorgespel ...").(1)
Tutto sommato, le opere scelte da Eco rappresentano degli esempi eminenti nel campo dei due generi contemplati, rispecchiando così, a perfezione, l’opposizione eterna fra commedia e tragedia.Nota
(1) Ma ci sono naturalmente anche opinioni diverse. Ecco quanto Léon Parmentier scrive nella sua "Notice" alla traduzione in francese delle Troiane: "Jamais spectacle aussi émouvant n’a montré aux yeux la grand pitié des vaincus, et pourtant les Troyennes sont la pièce que les critiques littéraires ont généralment choisie pour démontrer à Euripide qu’il ne savait pas construire une tragédie" (Les Troyennes, in Euripide, tome IV, Paris 1925, p. 13). Ma Parmentier continua: "Je n’éprouve nul besoin de mettre le grand poète en règle avec les exigences d’une esthétique surannée" (ibid.).
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