Digressione XIV:  Il resto della formula magica

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Digressione XIV

Il resto della formula magica

Su un segnale apocalittico ("Ascende huc"), fine di una catena interpretativa particolare ivi esposta. (Riferimento: I-2.2.5.12, punto B2, scena NR, quarta tappa)

Per collegare la scena NR alla scena corrispondente della DC abbiamo usato una sola parte del testo apocalittico indicato ermeticamente – come si suppone – nella formula "Age primum ecc.", quella parte cioè in cui s’inserisce l’invito a salire in Cielo ("Ascende huc"). Ma il testo indicato contiene anche più parti: il resto del primo verso e tutto il settimo verso, sempre del quarto capitolo.
   Prima di continuare può essere utile avere a disposizione un testo a cui riferirsi nei ragionamenti che seguono. Diamo perciò in esplicito tutta la prima parte (versi 1-7) del quarto capitolo dell’Apocalisse. In questa parte sono naturalmente i versi 1, 4 e 7 a rappresentare i punti più interessanti; gli altri versi, che sono di minor importanza, li inseriamo per dare continuità al contesto. Citiamo dunque dall’Apocalisse:

(4:1) "Post haec vidi: et ecce ostium apertum in caelo, et vox prima, quam audivi tanquam tubae loquentis mecum, dicens: Ascende huc, et ostendam tibi quae oportet fieri post haec."

(4:2-3) "Et statim fui in spiritu: et ecce sedes posita erat in caelo, et supra sedem sedens. Et qui sedebat similis erat aspectui lapidis iaspidis ..."

(4:4) "Et in circuitu sedis sedilia viginti quatuor: et super thronos viginti quatuor seniores sedentes, circumamicti vestimentis albis, et in capitibus eorum coronae aureae."

(4:5-6) "Et de throno procedebant fulgura, et voces, et tonitrua: ... et in circuitu sedis quatuor animalia plena oculis ante et retro."

(4:7) "Et animal primum simile leoni, et secundum animal simile vitulo, et tertium animal habens faciem quasi hominis, et quartum animal simile aquilae volanti."

Continuando il discorso possiamo ora domandarci se le parti restanti (il resto del primo verso e tutto il settimo verso), da un punto di vista interpretativo e con riferimento al contesto globale del Nome della rosa, siano neutre o meno: cioè, se ci sia o no qualche legame nascosto anche tra queste parti e il libro di Eco. La domanda è lecita, tanto più che la formula enigmatica, come ben sappiamo, ha un ruolo importantissimo per lo sviluppo generale della trama del libro. La nostra opinione è che non tutte queste parti siano neutre.
   Qui si suggerisce pertanto una soluzione come si possa effettivamente collegare in modo diretto almeno tre altre parti della formula (le più importanti) ad altrettante vicende del Nome della rosa; e più precisamente:
a)  "et ecce ostium apertum in caelo" (parte del primo verso) si collega all’apertura della porta del finis Africae;

b)  "et ostendam tibi, quae oportet fieri post haec" (altra parte del primo verso) si collega al divoramento della Commedia di Aristotele;

c)  "Et animal primum simile leoni ecc." (tutto il settimo verso) si collega alla contemplazione del portale della chiesa da parte di Adso il primo giorno.

Le parti che apparentemente non vengono usate sono le seguenti: "Post haec vidi:" e "et vox prima, quam audivi tanquam tubae loquentis mecum, dicens:", tutt’e due appartenenti al primo verso. Dal loro modo d’inserimento in quel verso si vede tuttavia come siano da considerarsi piuttosto quali parti introduttive alle altre parti più importanti: sembrano cioè d’importanza secondaria. (Per la "tuba loquens" vedi comunque la nota 5 più sotto.)
   Prima di entrare nell’analisi vogliamo sottolineare che si tratta di un’ipotesi nostra per risolvere il problema iniziale, quale l’abbiamo impostato noi stessi. Abbiamo tuttavia scelto di esporla qui per due motivi: 1) il problema sorge, come ricordiamo (I-2.2.5.12, punto B2, scena NR, quarta tappa), dal fatto che siamo riusciti, attraverso una serie interpretativa contenente anche qualche passo ardito, a definire un legame fra il testo apocalittico e l’eseguimento dell’ordine enigmatico per aprire la porta del finis Africae. Se dunque questi passi interpretativi hanno forza anche di proporci un problema ragionevole (quello di sopra) del quale si possa formulare una soluzione intelligibile (di cui più sotto), allora diremmo che la conclusione in cui sfocia la linea interpretativa, deve dirsi corroborata; 2) l’altro motivo è che fra questi legami c’è anche l’episodio con il cieco Jorge che divora la Commedia di Aristotele. E quest’ultimo atto ci porterà a definire un simbolismo del tutto particolare che riguarda la struttura omologa NR/DC presa nella sua totalità; vedi lettera b. Ci pare insomma che la soluzione suggerita per arrivare a definire tale simbolismo sia di pertinenza non trascurabile per l’analisi globale della traccia della commedia.
   Ma ecco ora in concreto i legami con le relative analisi (a-c):

a)  "et ecce ostium apertum in caelo" (Apocalypsis 4:1)
"et ecce ostium ecc." corrisponde strutturalmente all’apertura della porta del finis Africae. Per arrivare a tale conclusione dobbiamo considerare che "finis Africae" significa il punto terminale del continente Africa, rappresenta cioè la sua estremità meridionale.(1) E per l’estremità meridionale dell’Africa si suole, com’è noto, indicare il Capo di Buona Speranza.(2) Si può pertanto stabilire – da un certo punto di vista da noi scelto – un’equivalenza tra il finis Africae e il Capo di Buona Speranza.
   Continuiamo l’analisi. In italiano la parola "capo" può significare (fra l’altro) sia "principio" che "fine" ("da capo", "venire a capo"). In tale chiave l’equivalente linguistico di "Capo di Buona Speranza" è quindi: principio o fine della buona speranza. Se vogliamo interpretare quest’espressione sotto un aspetto religioso, la soluzione più immediata è naturalmente Dio stesso; cfr. per es. quello che Dante dice nell’ultima parte della sua lettera a Cangrande intorno all’obiettivo finale dell’uomo: "invento principio seu primo, videlicet Deo, nichil est quod ulterius queratur, cum sit Alfa et O, idest principium et finis, ut visio Iohannis designat" (Epistola XIII, par. 33); ed è sempre verso l’ultimo fine (cioè Dio) che è indirizzata la speranza umana: "Ad primum ergo dicendum quod spes est de futura beatitudine sicut de ultimo fine" (San Tommaso, Summa I/II, q. 69, a. 2, ad 1).
   Se poi sappiamo che nel linguaggio della Bibbia è possibile, attraverso una metonimia, rappresentare Dio proprio con i termini "Caelum" o "Caeli" ("Pater, peccavi in caelum, et coram te" (Lucas, 15:18); "appropinquavit enim regnum caelorum" (Matt., 3:2)), siamo in grado di concludere che, con l’aiuto di certe chiavi interpretative, è possibile stabilire un’equivalenza tra il finis Africae e il Cielo. In sintesi le chiavi interpretative sono queste: finis Africae → Capo di Buona Speranza → principio o fine della buona speranza → Dio → il Cielo (Caelum o Caeli). Serie i cui nessi rappresentano rispettivamente un’interpretazione geografica, linguistica, teologica e biblica dell’elemento iniziale.
   Se qualcuno a questo punto pensa che i suggeriti balzi interpretativi siano troppo arditi e perciò inverosimili, ricordiamo, riferendoci in primo luogo a I-1.4, sez. 2, punto i), che a Eco stesso piace evidentemente assai giocare anche in modo avanzato con le parole e con i segni in generale; vedi là per es. questa serie ardita prodotta da lui stesso (I limiti dell’interpretazione, pp. 8-9): trenta fichi donati (partenza) → frutti (attraverso una sineddoche) → influenze astrali positive (attraverso una metafora) → la Grazia Divina (attraverso un’allegoria).
   Dunque, quando la porta del finis Africae si apre, è possibile dire che si sta verificando un’azione dello stesso ritmo strutturale di "et ecce ostium apertum in caelo".

b)  "et ostendam tibi, quae oportet fieri post haec" (Apocalypsis 4:1)
Sotto l’insegna di "et ostendam tibi ecc." si colloca quest’elemento: Adso vede come il libro di Aristotele viene divorato da Jorge, il monaco cieco. Ecco come:
   Entrati che sono nel finis Africae, Adso e Guglielmo incontrano Jorge, custode fanatico della Commedia di Aristotele.(3) La scena con Jorge raggiunge il suo culmine drammatico quando lui, davanti agli occhi di Adso e Guglielmo, prende a divorare le pagine velenose del libro: "incominciò con le sue mani scarnite e diafane a lacerare lentamente, a brani e a strisce, le pagine molli del manoscritto, ponendosele a brandelli in bocca, e masticando lentamente come se consumasse l’ostia e volesse farla carne della propria carne" (Nome, p. 483).
   In questo momento sembra che si assista a un atto pieno di simbolismo sottile (e mirabile):
   L’atto del divoramento del libro del Filosofo, cioè la consumazione della sua Commedia, può essere sintetizzato con queste parole: "la commedia è consumata". Con il verbo "consumare" intendiamo allora indicare il concetto di "mangiare". Ma il verbo "consumare" ha anche il significato di "portare a fine", "portare a compimento", come abbiamo già visto in relazione alla consumazione del cuore di Dante (I-2.2.2, punto B1.5, commento). Usando quest’ultimo significato del verbo, l’interpretazione delle parole "la commedia è consumata" è invece così: "la commedia è portata a compimento".
   Insomma, quando Adso guarda Jorge divorare il libro di Aristotele assiste, senza saperlo, a un segnale della "commedia portata a compimento". E come si vede in I-3, sez. 2 dove si presenta un’interpretazione globale di tutta la struttura omologa NR/DC, con l’ultimo elemento omologo – cioè l’elemento con la morte di Adso e la sua unione con Dio – si giunge a una struttura completa che nella sua totalità (considerati il principio e la fine) segue il ritmo strutturale proprio della commedia quale essa è definita da Dante stesso.
   Decifrato il simbolismo latente della Commedia divorata, è quindi possibile interpretare in modo intelligibile anche queste parole dell’Apocalisse: "et ostendam tibi, quae oportet fieri post haec".
   Per evidenziare tutta la linea concettuale esposta in questo punto (b), potrà essere utile riassumere i pezzi interpretativi. Abbiamo così:

–  l’Apocalisse dice: "et ostendam tibi, quae oportet fieri post haec";

–  entrato nel finis Africae, Adso assiste (insieme con Guglielmo) al divoramento della Commedia di Aristotele ("la commedia è consumata");

–  questo divoramento è un segnale (o atto rituale, se vogliamo usare un’altra espressione) della "commedia portata a compimento";

–  il compimento della commedia è proprio ciò che accade, dal punto di vista strutturale, al termine della vita di Adso, cioè "post haec".

Con ciò ci pare d’aver dimostrato come sia possibile arrivare a stabilire un legame coerente fra le parole dell’Apocalisse ("et ostendam tibi ecc.") e la scena con Jorge che sta divorando il libro di Aristotele davanti agli occhi di Adso appena entrato nel finis Africae.

c)  "Et animal primum simile leoni, et secundum animal simile vitulo, et tertium animal habens faciem quasi hominis, et quartum animal simile aquilae volanti" (Apocalypsis 4:7)
I quattro animali del settimo verso del quarto capitolo dell’Apocalisse hanno i loro corrispondenti nel portale della chiesa dell’abbazia, lo stesso portale che Adso ammira con tanto rapimento il primo giorno appena giunto all’abbazia. Sono gli animali che formano un gruppo a sé intorno alla figura assisa sul trono (Dio): "Davanti al trono, sotto i piedi dell’Assiso, scorreva un mare di cristallo e intorno all’Assiso, intorno al trono e sopra il trono, quattro animali terribili – vidi – terribili per me ..." (Nome, p. 49). (Come ricordiamo, abbiamo già avuto occasione di analizzare le figure del portale: vedi I-2.2.5.1.)
   Per miglior precisione definiamo qui sotto gli animali corrispondenti:

–  Il primo animale descritto da Adso è un uomo(4): "non tutti [gli animali] potevano dirsi terribili, perché bello e gentile mi apparve l’uomo che alla mia sinistra (e alla destra dell’Assiso) porgeva un libro" (ibid.). L’Apocalisse dice: "et tertium animal habens faciem quasi hominis";

–  Il secondo animale descritto è un’aquila con le ali alzate: "Ma orrenda mi parve dal lato opposto un’aquila, il becco dilatato, le piume irte disposte a lorìca, gli artigli possenti, le grandi ali aperte" (ibid.). Il quarto animale dell’Apocalisse è un’aquila in atto di volare: "et quartum animal simile aquilae volanti";

–  Il terzo e il quarto animale nel portale sono rispettivamente un toro, cioè un bovino maschio, e un leone: "E ai piedi dell’Assiso, sotto alle due prime figure, altre due, un toro e un leone" (ibid.). Nell’Apocalisse i primi due animali sono rispettivamente un leone e un vitello, cioè un bovino maschio: "et animal primum simile leoni, et secundum animal simile vitulo".

Per rafforzare ancora questo già evidente legame fra i quattro animali del portale della chiesa e gli animali del verso apocalittico si può aggiungere questa circostanza: nel portale i quattro animali intorno a Dio ne stanno cantando continuamente le lodi: "quattro animali terribili – vidi – terribili per me che li guardavo rapito, ma docili e dolcissimi per l’Assiso, di cui cantavano le lodi senza riposo" (ibid.).
   Nell’Apocalisse, nel verso che segue al verso con gli animali, si dice così su questi quattro animali: "et requiem non habebant die ac nocte, dicentia: Sanctus, Sanctus, Sanctus Dominus Deus, qui erat, et qui est, et qui venturus est" (Ap., 4:8).
   Se dunque il legame con questo verso dell’Apocalisse e l’ammirazione di Adso davanti al portale è tutto chiaro, resta tuttavia un punto importante da aggiungere:  in questa sua ammirazione c’è un’indicazione che conduce direttamente all’episodio dell’apertura della porta del finis Africae. Nel rapimento, ammirando il portale, Adso dice infatti di aver avuto una visione, nella quale vedeva fra l’altro una porta aperta in Cielo:
E tramortito (quasi) da quella visione [delle figure del portale], incerto ormai se mi trovassi in un luogo amico o nella valle del giudizio finale, sbigottii ... e mi parve di udire (o udii davvero?) quella voce e vidi quelle visioni che avevano accompagnato la mia fanciullezza di novizio ... e nel deliquio dei miei sensi debolissimi e indeboliti udii una voce potente come di tromba ... E vidi una porta aperta nel cielo (Nome, pp. 52-53)(5)
*
Considerando ora tutto ciò che è stato esposto fin qui intorno all’apertura del finis Africae (inclusa l’esortazione "ascende huc" che abbiamo usato per l’elemento omologo NR/DC 17 e che precede "et ostendam tibi ecc."), siamo in grado di definire un’intera serie di analogie e corrispondenze, serie che s’impernia simmetricamente sul quarto verso del quarto capitolo dell’Apocalisse (punto centrale dei versi 1 e 7), e che – così ci pare – evidenzia chiaramente l’importanza simbolica dell’episodio. La serie è questa:

APOCALYPSIS 4:4 (punto centrale)
"et super thronos viginti quatuor"
Davanti alla porta del finis Africae, con sopra il versetto dell’Apocalisse 4:4, Guglielmo eseguisce l’ordine dell’"age primum et septimum de quatuor". Adso fa luce osservando l’operazione del suo Maestro. Quando questi preme le lettere indicate (q e r), Adso riceve un segnale sonoro (i due scatti), il quale, con un’interpretazione "apocalittica", porta al primo e al settimo verso del cap. 4 dell’Apocalisse. Attraverso questi versi Adso assiste (senza saperlo) a una catena di preannunci che riguardano lui stesso, e cioè:

APOCALYPSIS 4:1 (primo punto estremo)
·  "et ecce ostium apertum in caelo"
La porta del finis Africae (del Cielo) si aprirà.

·  "Ascende huc"
Adso entrerà nel finis Africae (nel Cielo).

·  "et ostendam tibi, quae oportet fieri post haec"
Assisterà al divoramento della Commedia di Aristotele, segno della "comoedia consummata", cioè che la struttura globale di tutte le vicende del libro, la storia di Adso da Melk, sarà portata a fine.

APOCALYPSIS 4:7 (secondo punto estremo)
"Et animal primum simile leoni ecc."
Nell’atto di ammirare rapito il portale con i quattro animali intorno al trono dell’Assiso, Adso vede in una visione una porta aperta nel Cielo, preannuncio di quello che accadrà. E siamo di ritorno davanti alla porta del finis Africae.

Infine, con quest’ultimo ritorno al principio si potrebbe dire che il circolo è chiuso, o, come Guglielmo di Machaut canta in una sua canzone (Ma fin est mon commencement), "la mia fine è il mio cominciamento, e il mio cominciamento è la mia fine".

Note

(1)  Certo, il finis Africae potrebbe anche indicare qualche altra estremità del continente africano (per es. quella occidentale, settentrionale, ecc.), ma solo in teoria; in questo caso – ambiente culturale europeo del Trecento – si deve naturalmente partire dal Nord dove allora si trovava il mondo "civilizzato" rispetto al continente "buio".

(2)  Per essere esatti, l’estremità meridionale dell’Africa non è il Capo di Buona Speranza. Guardando praticamente qualsiasi mappa del Sudafrica ci rendiamo infatti conto che ci sono altri punti geografici che sono situati più a sud. Vi troviamo fra l’altro Cape Agulhas (il "vero" punto meridionale), Quoin Point, Danger Point, Kaap Infante, Kaap Hangklip (vedi per es. Boken om vår värld, p. 230). Però, secondo la tradizione il Capo di Buona Speranza sta sempre a indicare l’estremo punto meridionale dell’Africa. E al fine di decifrare il nome di finis Africae, si è dimostrato utile appoggiarsi, almeno su questo punto, alla tradizione.

(3)  Notiamo che non è certo per caso che si troverà Jorge seduto a un tavolo nel finis Africae ("Infine vedemmo al centro [della stanza] un tavolo, colmo di carte, e dietro al tavolo, una figura seduta" (Nome, p. 467)). Nel testo apocalittico, dopo il primo verso, leggiamo infatti come il visionario Giovanni fu rapito "in ispirito" e vide in Cielo uno che stava seduto su una sedia: "Et statim fui in spiritu: et ecce sedes posita erat in caelo, et supra sedem sedens" (Ap., 4:2). E il libro del "sedens" non manca neppure: "Et vidi in dextera sedentis supra thronum [sedem], librum scriptum intus et foris, signatum sigillis septem" (ibid., 5:1).

(4)  Per "animale" intendiamo qui l’animale in senso generale.

(5)  Come vediamo nella citazione si ode nella visione una "voce come di tromba" ("udii una voce potente come di tromba"):  forse è questa la "vox prima, quam audivi tanquam tubae loquentis mecum" la cui "eco" manca nella scena della divorazione della Commedia di Aristotele (cfr. l’inizio di questa digressione)?

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