III-2

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III-2.  CONCLUSIONE GENERALE DEL LAVORO

È tempo di sommare i risultati del presente lavoro. Vediamo prima quali obiettivi ci siamo prefissi per l’esame. Riferendoci a I-1.1, sez. 1, abbiamo voluto in primo luogo:

1)  definire una struttura omologa fra Il nome della rosa e La Divina Commedia (per il concetto della "struttura omologa" – termine di Eco stesso – si rimanda a I-1.3);

2)  presentare un’analisi secondo la quale Il nome della rosa può essere interpretato come una commedia.

Nella stessa sezione abbiamo anche segnalato che le strutture da definire a partire dalla Commedia rientrano in un sistema strutturale finale di più grandi dimensioni, di cui fa parte anche una struttura omologa fra Il nome della rosa e Le Troiane di Euripide. Per questo ci siamo prefissi due altri obiettivi in analogia con quelli già definiti:
3)  definire una struttura omologa fra Il nome della rosa e Le Troiane;

4)  presentare un’analisi secondo la quale Il nome della rosa può essere interpretato come una tragedia.

Dato che il sistema finale sfocia nel concetto del Caos, nella discordia concors e nel Nulla, abbiamo concluso l’analisi con una discussione sul senso anagogico del romanzo di Eco.
   A partire da questi obiettivi la trattazione analitica segue due tracce, quella della commedia (Prima parte del lavoro) e quella della tragedia (Seconda parte), in base alle quali si forma, in ultimo, una sintesi caratterizzata dalla coincidenza degli opposti (Terza parte).
   Si aggiunge che in una sezione di quattro appendici abbiamo collocato digressioni, tabelle e piante a cui ci si riferisce lungo l’iter analitico (appendici 1-3). L’appendice 4 contiene sei elenchi analitici che riguardano avvenimenti, scene, episodi e momenti (A), persone, animali ed altri esseri (B), persone che figurano nelle digressioni (C), costruzioni e parti di costruzioni (D), altri elementi significativi (E) e figure (F), tutte cose che abbiamo incontrato nell’ambito della trattazione.
   I risultati principali dell’esame si riassumono qui di seguito.

La struttura omologa NR/DC (1)Il nome della rosa come una commedia (2) – La struttura omologa NR-bis/TR (3)Il nome della rosa come una tragedia (4) – Sintesi delle tracce della commedia e della tragedia (5)Il nome della rosa come opera aperta (6)Il nome della rosa come gioco filosofico, sul serio (7) – Infine (8)

1.  La struttura omologa NR/DC
Nella Prima parte dello studio si definisce una struttura omologa fra Il nome della rosa e La Divina Commedia di Dante. La struttura omologa è composta da 19 elementi di vario carattere e complessità ed è articolata in tre parti principali: ciò che accadde prima di un periodo di sette giorni (chiamati nell’analisi i Sette giorni) (I-2.2.4), ciò che accadde durante i Sette giorni (I-2.2.5) e ciò che accadde dopo i Sette giorni (I-2.2.6). Gli elementi singoli della struttura omologa comprendono una lunga serie di personaggi, oggetti concreti, episodi, ecc., sia del Nome della rosa che della Divina Commedia (di cui più sotto). Quanto ai personaggi ed agli altri elementi della Divina Commedia si precisa che abbiamo ricavato informazioni su di essi anche da altre fonti, ad es. la Vita nuova, la Bibbia, le Vitae Vergilianae).
   Il primo elemento omologo corrisponde alle cadute rispettivamente di Adelmo e di Lucifero, prima dei Sette giorni; l’ultimo elemento corrisponde al contatto con Dio da parte rispettivamente di Adso e di Dante, dopo i Sette giorni (la morte di Adso si preannuncia nell’ultimo capitolo del romanzo, e quando Dante, alla fine del cammino, arriva nell’Empireo la sua mente è percossa dalla luce illuminante della Grazia divina).
   Un elemento strutturale importante per l’impostazione della struttura omologa è stato il tempo, ossia il ritmo temporale, nel senso che i Sette giorni del Nome della rosa (dall’arrivo all’abbazia fino all’ecpirosi) corrispondono ai Sette giorni in cui Dante e Virgilio stanno insieme durante il cammino verso Dio (dalla Selva oscura fino al Paradiso terrestre in cima al Purgatorio). Abbiamo così potuto constatare che la maggioranza degli episodi che costituiscono la base per la definizione degli elementi omologhi, corrispondono con vario grado di precisione anche al ritmo temporale delle rispettive opere confrontate (vedi fra l’altro I-2.3, sez. 3, riassunto A e relative conclusioni).
   Un presupposto importante per l’analisi comparativa è stato quello di considerare Il nome della rosa e La Divina Commedia come due strutture autonome di fatti; per il confronto con la Commedia abbiamo considerato Il nome della rosa una struttura di fatti che comincia con la caduta e successiva morte di Adelmo, finisce con la morte di Adso e la sua riunione con la divinità, e si basa sulla versione italiana del manoscritto latino del vecchio Adso. Questa struttura è chiamata nell’analisi "struttura NR" (I-1.4, sezione 1, e tabella I). La struttura della Commedia si chiama "struttura DC", la quale comincia con la caduta di Lucifero (antefatto del racconto effettivo) e finisce con il fulmineo contatto di Dante con la Divinità (stessa sezione e tabella II).
   Come una struttura di sostegno, parallela alla struttura omologa definita, risulta la serie delle sette trombe apocalittiche, di cui la prima tromba corrisponde al primo elemento della struttura omologa, e l’ultima e settima tromba corrisponde all’ultimo elemento omologo. Le altre trombe hanno le loro rispettive corrispondenze tra gli altri elementi della struttura omologa (I-2.3, sez. 2, e ancora tabella I).
   Quanto al metodo usato nel lavoro analitico abbiamo aderito in primo luogo alle idee di Eco stesso sul concetto della struttura omologa (La struttura assente), sulla differenza fra intentio auctoris e intentio operis e sul modello ermetico per arrivare a soluzioni interpretative fruttuose (I limiti dell’interpretazione, Aspetti della semiosi ermetica).
   Per una sintesi di tutta la struttura omologa si rimanda a I-2.3, sez. 1. Nella sez. 3 dello stesso capitolo si trovano tabelle degli avvenimenti (A), degli oggetti e delle altre cose inanimate (B), nonché dei personaggi, degli animali e degli altri esseri (C), i quali figurano nelle due opere confrontate e sono legati fra di loro attraverso i vari elementi della struttura omologa. Per il contenuto di queste tabelle si rimanda quindi alla sezione menzionata, di cui solo la tabella C contiene quasi quaranta singole posizioni di personaggi, animali e altri esseri apparsi lungo il percorso analitico. Troviamo lì coppie come Adso-Dante, Guglielmo-Virgilio, la ragazza senza nome-Beatrice, Adelmo-Lucifero, Venanzio-Alessandro Magno, Berengario-frate Alberigo, Severino-il gigante Briareo, Malachia-Adriano V, Alinardo-Ezechiele, e altre coppie ancora.

2.  "Il nome della rosa" come una commedia
In I-3, sezz. 3a-c abbiamo dimostrato – così ci pare – come in base alla struttura omologa NR/DC si possa analizzare Il nome della rosa come una commedia. Per arrivare a tale conclusione abbiamo prima fatto un’analisi della struttura omologa definita a partire dai criteri per lo sviluppo drammatico ("la materia") di una commedia che Dante stesso espone nell’Epistola a Cangrande. Secondo questi criteri si richiede da una commedia che abbia un inizio aspro e una fine felice. (Per l’autenticità della lettera, vedi I-3, sez. 1a).
   In base ai risultati dell’analisi abbiamo poi continuato l’esame applicando al Nome della rosa gli stessi criteri, più quelli che riguardano il modo in cui una commedia viene espressa ("il modus loquendi"), e i quali sono esposti anch’essi nella lettera di Dante. Secondi tali criteri il modo d’esprimere di una commedia deve sostanzialmente essere conforme alla "locutio vulgaris in qua et muliercule comunicant", e cioè al volgare. E dato che Il nome della rosa, nella forma che conosciamo oggi, è scritto in italiano, diretto erede del volgare toscano, si arriva alla conclusione menzionata.
   Va sottolineato che tale conclusione è valida a due condizioni: che per la definizione della commedia si parta dall’Epistola a Cangrande e che per Il nome della rosa si intenda una struttura narrativa che coincida con la struttura NR, come essa è definita in I-1.4, sez. 1.
   Nell’iter analitico per la definizione della struttura omologa NR/DC abbiamo anche incontrato qualche segnale intessuto nel testo del romanzo che riguarda la "consumazione" della struttura della commedia (digressioni VII e XIV, punto b). Tali segnali sembrano armonizzare bene con la conclusione sull’esistenza di una matrice di commedia inerente al Nome della rosa. E cioè: con la morte di Adso e relativa unione con la divinità viene portato a termine uno sviluppo drammatico che segue il codice dantesco della commedia.

3.  La struttura omologa NR-bis/TR
In II-1.2 ("Appunti metodologici") si precisa che l’analisi del presente lavoro ha come presupposto essenziale la metodologia già presentata nella Prima parte, alla quale si aggiungono alcuni altri punti tra cui uno sguardo sulle traduzioni delle Troiane usate per l’analisi e una esposizione della nostra divisione del dramma di Euripide intesa a correlarlo temporalmente con i Sette giorni delle vicende all’abbazia. Si ripetono anche, per evitare ogni malinteso, le definizioni dei concetti cruciali di "struttura NR", "struttura NR-bis" e "struttura TR" (tabelle I e VIII).
   In II-2 si definisce – attraverso una lunga serie di sottocapitoli – la struttura omologa NR-bis/TR, che si compone di 17 elementi omologhi i quali a loro volta contengono numerosi punti separati. Il primo elemento è un elemento di base (II-2.1). Gli altri elementi sono complementari e divisi in due gruppi: nove elementi drammatici (II-2.2.1 e otto elementi topografici (II-2.2.2).
   Per la definizione degli elementi drammatici si segue l’arco temporale (Sette unità di tempo sia per il dramma di Euripide che per le vicende all’abbazia) focalizzandosi sugli avvenimenti (scene, episodi, momenti) in base ai quali si possono individuare, in un modo o nell’altro, dei punti comuni. Nel lavoro analitico per definire i punti abbiamo spesso avuto l’impressione – come nel caso dei punti omologhi nel confronto tra Il nome della rosa e La Divina Commedia – che un particolare di un dato evento nelle Troiane si rispecchi sbiecamente nel Nome della rosa, quasi come avviene nei sogni dove i singoli elementi di un fatto avvenuto realmente possono apparire in nuove forme ed in altri contesti.
   Nelle tabelle A-D (II-2.3, sez. 3) si riassumono gli avvenimenti (A), i personaggi (B), le costruzioni (C) sulle quali si basa la definizione degli elementi omologhi topografici, nonché gli oggetti ed altre cose inanimate (D) che appartengono alle due strutture di partenza e fanno parte dell’analisi degli elementi drammatici e di quello di base.
   Per quanto riguarda gli avvenimenti abbiamo potuto constatare che essi seguono molto bene l’arco temporale delle Sette unità di tempo, con almeno un elemento omologo in ognuna delle unità definite, dalla Prima unità che corrisponde agli inizi pacifici delle strutture d’origine, fino alla Settima ed ultima unità con le fini drammatiche delle rispettive strutture.
   Abbiamo anche potuto constatare – attraverso un breve esame a parte – che gli episodi che stanno a base delle definzioni degli elementi drammatici sono per la massima parte importanti per lo sviluppo generale di ambedue le strutture d’origine (cfr. le due tabelle dopo la tabella A).
   Tra i personaggi dell’abbazia riconosciamo Abbone, Adso, Bernardo Gui, Guglielmo, Jorge, Malachia, Nicola da Morimondo, Remigio, Venanzio, nonché la ragazza senza nome e un gruppo di monaci (adunatisi intorno al morto Venanzio). Sono personaggi di primo piano nel racconto del Nome della rosa e completano la serie già definita nella Prima parte dello studio con Abbone, Jorge, Bernardo Gui e il detto gruppo di monaci. (Nella digressione XVII ("Il complotto gnostico") abbiamo anche inserito l’eresiarca fra Dolcino e la sua amante Margherita nel complesso globale dei nostri studi sul romanzo di Eco.)
   Anche la lista dei personaggi delle Troiane apparsi e utilizzati nell’analisi è della stessa lunghezza e contiene in primo luogo tutte le personae dramatis che figurano nella tragedia: Atena, Poseidone, Ecuba, Andromaca, Cassandra, Astianatte, Elena, Menelao, Taltibio, nonché le troiane (come gruppo intero o distribuite in due semicori). Alla lista si aggiungono due persone che non appaiono personalmente nelle Troiane ma hanno nondimeno relazioni dirette con quello che accade nel dramma; sono Priamo (capo supremo di Troia fino alla conquista greca) e Neottolemo (uccisore di Priamo, ed eventualmente anche del figlio di Andromaca).
   A queste serie di personaggi se ne aggiungono anche altri la cui apparizione nell’analisi è stata più saltuaria, per es. San Tommaso, morto (portato da Abbone in gioventù), Ettore, morto (portato dal campo greco da Priamo), i giganti con "gran familiarità e con la terra e col cielo" (i quali avevano contribuito alla costruzione dell’abbazia), Apollo e Poseidone (che avevano partecipato, molto tempo prima, all’edificazione di Troia).
   Gli "oggetti ed altre cose inanimate" (ad eccezione delle costruzioni) sono poco numerosi, ma tra questi si notano invece oggetti di grande significanza: manoscritti preziosi tra cui la Poetica di Aristotele, il tesoro di Abbone (struttura NR-bis); l’arco e le frecce di Ercole nonché il "tesoro di Priamo" (struttura TR).
   Nell’analisi per connettere la topografia dell’abbazia a quella della città di Troia abbiamo proceduto in tappe: abbiamo prima scelto le piante da utilizzare, poi rispecchiato la pianta scelta di Troia, e in ultimo applicato un sistema di orientamento uguale a tutte e due le piante. Per la pianta di base di Troia abbiamo scelto una pianta comprensiva della città ("adapted from W. Dörpfeld") nella nota opera di Blegen et alii (Troy, General introduction, The first and second settlements (vol. I), Princeton 1950). Per la pianta di base dell’abbazia abbiamo naturalmente utilizzato quella della nostra edizione del romanzo.
   Nell’analizzare le corrispondenze topografiche tra le due piante (chiamate rispettivamente NR2 e TR3) abbiamo trovato una serie sorprendentemente lunga di particolari e dettagli, che includono fra l’altro posizioni sulle piante, direzioni dall’origine, angoli tra elementi, forme strutturali, relazioni tra distanze, e altri particolari caratteristici. L’analisi topografica è sfociata nella definizione di otto elementi omologhi con in più un capitolo separato per la definizione delle piante da utilizzare e per rendere conto della metodologia per il lavoro analitico (II-2.2.2.1). Le corrispondenze trovate non sono per lo più perfette al cento per cento, ma sono abbastanza vicine all’ideale per rappresentare delle correlazioni che hanno l’apparenza di essere create con calcolo, ciò che giustifica il loro inserimento nell’analisi. Ma bisogna naturalmente ammettere che anche per le corrispondenze topografiche è impossibile provare la loro intenzionalità. Ricordiamo che la nostra è un’analisi sotto l’insegna dell’intentio operis.
   La lista delle costruzioni dell’abbazia che figurano in un modo o nell’altro nell’analisi topografica comprende case e strutture di primo grado, soprattutto nelle parti centrali, nord, sud ed ovest: la chiesa, la sala capitolare, il dormitorio, i balnea, la fonte dentro ai balnea, l’Edificio, il mulino, i granai, la casa a forma di scarpone (vicino alla cinta muraria sud-occidentale), la casa del portinaio, la porta maestra, l’ospedale, nonché tutta l’abbazia con la cinta muraria. (Della parte est dell’abbazia abbiamo potuto correlare soltanto il muro sud-orientale a un elemento corrispondente della pianta TR3. Il motivo della mancanza di altri elementi correlati si rivela ovvio guardando le rispettive piante.)
   Le costruzioni troiane non sono naturalmente conosciute come quelle dell’abbazia (tranne forse la porta Dardania, il tempio di Atena e la Pillar House), per cui è meglio fare direttamente riferimento alla tabella aggiunta alla pianta TR3.
   Il cap. II-2 termina con la definizione della struttura omologa NR-bis/TR e un riassunto generale (anche con tabelle) del capitolo, di cui abbiamo esposto qui alcuni punti essenziali.

4.  "Il nome della rosa" come una tragedia
In I-3 abbiamo utilizzato la definizione della "commedia" di Dante (esposta nell’Epistola a Cangrande) come un metro per analizzare la struttura omologa NR/DC da un punto di vista drammatico, analisi che ci ha portato a concludere che quella struttura segue bene quanto Dante prescrive per una commedia.
   Per determinare l’esistenza di un codice tragico inerente alla struttura omologa NR-bis/TR abbiamo usato la stessa Epistola, dove Dante – come ha fatto per la commedia – espone la sua ricetta per la tragedia, ricetta che prescrive che la tragedia debba avere un inizio ammirabile e placido e una fine fetida (spiacevole) e orribile. Usando questa ricetta, o codice, come metro abbiamo analizzato la nuova struttura omologa, analisi che ci ha portato a constatare che la struttura è conforme a quello che Dante prescrive per la tragedia.
   Anche per dimostrare che il libro Il nome della rosa (rappresentato dalla struttura NR-bis) sia interpretabile come una tragedia, siamo ricorsi all’Epistola menzionata, dove Dante ragiona sul modus loquendi anche della tragedia. Egli prescrive che la lingua in cui si esprime la tragedia (il modus loquendi) debba essere elevata e sublime, ma che possa permettere, secondo le circostanze, un modus loquendi più piano ed umile. Dato che la lingua originale del racconto dei Sette giorni è quella latina (come abbiamo precisato tra l’altro nell’introduzione del presente studio), e che un racconto esposto in lingua latina già per il Boccaccio aveva più prestigio ed elevatezza di un testo in volgare, abbiamo concluso che il modus loquendi del Nome della rosa (rappresentato dalla struttura NR-bis) è almeno elevato. A ciò si aggiungono molti passi di carattere sublime, per non dimenticare alcuni brani e battute con toni di spiccata volgarità (stile "umile", cioè basso). Tutto sommato, dopo l’analisi abbiamo concluso che il modus loquendi del racconto originale dei Sette giorni è (o era) conforme a quanto Dante prescrive per la tragedia.

5.  Sintesi delle tracce della commedia e della tragedia
In III-1 abbiamo fatto un’analisi di tutto il sistema strutturale che ci è risultato dal Nome della rosa. Procedendo in tappe quest’analisi è sfociata nel Caos, nel concetto della discordia concors – ossia coincidentia oppositorum – e nel Nulla (sezioni 2c-2d).
   Nella sez. 2e si allega una serie di citazioni di Eco (parole che lui ha scritto, detto o riferito) che sembrano armonizzare bene con l’ultima parte del sistema finale. In una delle citazioni Eco esprime la propria opinione sulla "tesi centrale del Nome della rosa", opinione che ci pare si adegui perfettamente a ciò che caratterizza quest’ultima parte: la violazione del principio di non-contraddizione, il Caos e il "nichilismo appunto".
   Visto che il sistema finale termina con un enigmatico Nulla, è evidente che se ne può dedurre che in ultima analisi Il nome della rosa tende al vuoto. Con ciò siamo arrivati alla conclusione che, dati i risultati combinati della nostra analisi delle due tracce opposte, su un livello anagogico il senso del romanzo di Eco pare identificarsi con il vuoto o il Nulla (sez. 3).
   Per quanto riguarda quest’ultima conclusione abbiamo pure potuto constatare che nel testo del Nome della rosa sono reperibili segnali che sembrano rispecchiare bene il vuoto finale di ogni cosa.
   Nella sez. 2f abbiamo abbozzato un’analisi strutturale che va nella direzione opposta (analisi seriale), che comincia dove l’analisi menzionata sopra finisce e si sviluppa man mano "in giù" sino all’infinito, coprendo non solo le strutture delle tappe del primo sistema ma anche, in teoria, una infinita serie di altre strutture su diversi livelli sotto il livello enigmatico del punto di partenza. Nella stessa sezione abbiamo anche evidenziato la somiglianza tra il sistema seriale e il sistema neoplatonico di emanazioni, argomento intorno al quale si fa qualche riflessione anche nella sez. 2g.
   Per il lavoro analitico di III-1 siamo ricorsi fra l’altro alle teorie strutturali di Eco sui processi per scoprire e per produrre, ossia processo seriale (La struttura assente) e al pensiero ermetico sulla logica delle contraddizioni esposto nei Limiti dell’interpretazione.

6.  "Il nome della rosa" come opera aperta
Dopo quest’esposizione dei risultati ci pare bene sottolineare che tutto il lavoro analitico è da considerare un’interpretazione eseguita fra l’altro sotto l’insegna della teoria sul lettore modello (Lector in fabula).
   Un presupposto per l’analisi interpretativa è anche stato quello di considerare il romanzo di Eco un’opera aperta, nel senso che un fenomeno – una struttura complessa o elemento singolare – può dare luogo a più interpretazioni. Concetto che Eco ha sviluppato fra l’altro nell’Opera aperta ("Opera aperta come proposta di un ’campo’ di possibilità interpretative" (p. 154)). E alla luce del fatto che la nostra analisi ci ha portato a definire un’interpretazione globale del romanzo che equivale a zero, possiamo forse capire meglio quello che secondo Eco deve caratterizzare un testo estetico: "ci deve essere nel testo stesso un sistema di mutue relazioni, un disegno semiotico che paradossalmente permette di offrire l’impressione di a-semiosi" (Trattato di semiotica generale, p. 338, già parzialmente citato in I-1.2, sez. 2.4).
   È quindi chiaro che tutto il nostro lavoro interpretativo intorno al Nome della rosa si è ispirato in gran parte alle idee e alle teorie che Eco stesso ha sviluppato nelle sue opere di filosofia, di semiotica e di critica letteraria.

7.  "Il nome della rosa" come gioco filosofico, sul serio
Si sa che il libro di Eco può essere letto in molti differenti modi (romanzo storico, filosofico o gotico, thriller, esempio del postmodernismo, romanzo con tendenze morali ed allegoriche, love story, ecc.). Con la nostra analisi si suggerisce un nuovo modo di leggerlo, che sarebbe di vedere Il nome della rosa come un esempio (mirabile) di come si possa in una divertente "favola poliziesca" inserire occultamente, attraverso un raffinato sistema d’intertestualità, profondi messaggi filosofici sul vuoto e sul Nulla verso cui ogni cosa tende. In questo modo Eco si metterebbe in linea con una vecchissima tradizione, quella dei filosofi che preferiscono "giocare sul serio" e che appartengono alla tradizione della filosofia occulta, iniziata fra l’altro da Mosè stesso che è descritto in questa maniera da Giovanni Pico della Mirandola:

Quod si rudis in suis libris et popularis interim Moses potius quam aut philosophus, aut theologus, aut magnae alicuius sapientiae artifex apparet, revocemus eo mentem, fuisse veterum sapientum celebre institutum res divinas ut aut plane non scriberent, aut scriberent dissimulanter. Hinc appellata mysteria (nec mysteria quae non occulta). (Heptaplus, p. 172)
8.  Infine
Restano altre cose da "scoprire" in relazione alle due tracce esaminate? Diremmo di sì, perché il libro di Eco è così ricco di particolari e la sua costruzione così ammirevolmente ingegnosa da permettere – sicuramente – la definizione di altre corrispondenze o altri spunti analitici, soprattutto nell’ambito dei già definiti elementi omologhi. Abbiamo per esempio già segnalato (in II-2.2.2.9, fine) l’esistenza di una serie di corrispondenze tra l’abbazia e l’Acropoli micenea, serie che non abbiamo inserito nel presente lavoro perché sarebbe uscire dai limiti prefissati per il nostro esame.
   Resta anche una interpretazione convincente dello strano sogno di Adso alla fine del capitolo "Sesto giorno, terza", oltre al fatto che esso può essere considerato come una metafora (gioiosamente esuberante) del caos, concetto che abbiamo già incontrato più volte nell’esame, particolarmente nella Terza parte. Oppure trattasi di una "visione di una polidimensionalità del reale, delle infinite prospettive possibili, di una Forma universale che possa essere messa a fuoco sotto differenti angoli visuali, ritrovandone inesauribili fisionomie complementari" (Le poetiche di Joyce, p. 135, citazione già allegata in I-1.2, sez. 2.4).
   Si potrebbe pure fare una rassegna analitica di tutti i modi in cui l’autore del romanzo ha utilizzato il metodo intertestuale per creare le corrispondenze trovate lungo le due tracce percorse, metodo che egli ha portato ai più alti livelli.
*
Non dobbiamo infine dimenticare il fatto che Eco sia riuscito a creare un’opera d’arte la quale, nonostante la sua estrema complessità di struttura e composizione, in ultimo sembra voler rispondere, a suo modo, alla domanda teologico-filosofica di "quo tendas".

* * *
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa..."
   "Io sono responsabile della mia rosa... " ripeté il piccolo principe per ricordarselo. (de Saint-Exupéry, Il piccolo principe, trad., XXII ed., Milano 1990, p. 98)
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