I-1.3

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I-1.3.  CHE COS’È UNA STRUTTURA OMOLOGA?

Per la definizione della struttura omologa abbiamo seguito l’esposizione che Eco stesso fa nella sua Struttura assente, cap. A2:IV: "La struttura come modello teorico" (pp. 45-51). Dunque:
   La struttura omologa è una struttura semplificata che coglie in sintesi quello che è comune a due altre strutture iniziali che siano in qualche modo strutturalmente consimili. La struttura omologa sarà riconoscibile nelle due strutture d’inizio, ma solo difficilmente in strutture che abbiano poco a che fare con le strutture iniziali. Ad illustrazione del concetto della struttura omologa Eco usa come esempio la struttura dell’uomo e quella dell’albero (p. 47):

 struttura dell’uomo

struttura dell’albero

Partendo da queste due strutture si arriva per mezzo di astrazione ad una nuova struttura che è comune sia alla struttura dell’uomo che a quella dell’albero: si arriva cioè ad una struttura omologa dell’uomo e dell’albero:
Eco riassume il ragionamento dicendo intorno a questa struttura omologa: "Avrei così identificato, per via di astrazione e di modellizzazione successiva, un codice comune all’albero e al corpo umano, una struttura omologa che posso riconoscere in entrambi (e che mi sarebbe difficile riconoscere in un serpente)" (pp. 47-48).(1)
   Quanto detto è in sintesi ciò che s’intende per "struttura omologa" secondo Eco stesso. Tale concetto è, bisogna sottolinearlo già qui, di cruciale importanza per tutta l’impostazione analitica del presente lavoro. Ma per rispondere esaurientemente alle esigenze del nostro metodo d’analisi, abbiamo pensato che fosse bene svilupparlo oltre:
   Nel caso della struttura omologa dell’uomo e dell’albero, nella forma in cui è esposta qui sopra, i suoi elementi, gli elementi omologhi come saranno chiamati in seguito, consistono di segni grafici. Ciò dipende naturalmente dal fatto che le due strutture iniziali sono formate anch’esse da elementi grafici. Però, non tutte le strutture consistono di segni grafici: possono anche, ovviamente, essere composte da elementi di altro tipo, quali fatti, numeri, lettere, atomi, punti, e così via.(2)
   Ora, considerando due sequenze di fatti come due strutture autonome, si può anche in questo caso, in tutta conformità al ragionamento di sopra, definire una struttura omologa, purché esista una certa coincidenza tra i fatti delle due sequenze iniziali. A differenza della struttura omologa uomo/albero, gli elementi omologhi di tale tipo di struttura sono però rappresentati invece da differenti sintesi di fatti. Per spiegarci meglio diamo qui un esempio illustrativo con due sequenze di fatti che sono chiamate rispettivamente "struttura I" e "struttura II". I protagonisti delle due strutture, cioè delle due sequenze di fatti, sono rispettivamente un gatto e una tigre. Si ha così:
STRUTTURA I:  Alle 6.33 un gatto nero mangia un pipistrello. Poi, verso mezzogiorno è sorpreso in aperta campagna da una pioggia impetuosa. A mezzanotte entra, attraverso la solita finestra della cucina, nella casa dove abita.

STRUTTURA II:  Alle 6.27 circa una bellissima tigre divora una civetta. Sotto i raggi scottanti del sole zenitale è osservata tuffarsi nel Gange. A mezzanotte si arrampica su un grand’albero, e con un terribile urlo balza, infrangendo la finestra, dentro alla misera capanna di due briganti.

Gli elementi omologhi delle due strutture sono:
ELEMENTO OMOLOGO (a):  Fra le 6.20 e le 6.40 (6.27 c. 6.33 per essere meticolosamente esatti) un animale felino ingerisce un animale alato.

ELEMENTO OMOLOGO (b):  Intorno alle 12 quest’animale è in contatto con l’acqua.

ELEMENTO OMOLOGO (c):  A mezzanotte l’animale in questione s’inserisce in un’abitazione attraverso una finestra.

Mettendo insieme gli elementi omologhi (a)-(c) si arriva a una struttura omologa delle due strutture d’inizio, la quale si definisce così:
Fra le 6.20 e le 6.40 un animale felino ingerisce un animale alato. Intorno alle 12 è in contatto con l’acqua. A mezzanotte s’inserisce, attraverso una finestra, in un’abitazione.
Di questa struttura omologa si possono puntualizzare almeno tre cose: è riconoscibile sia nella struttura I che nella struttura II; coglie in sintesi i punti caratteristici che sono comuni alle due strutture d’origine; sarà difficile riconoscerla in altre strutture (a meno che non s’inventino altre sequenze di fatti).
   In base al suddetto esempio si possono quindi trarre queste conclusioni sul carattere generale di una struttura omologa composta da fatti: 1) essa deve cogliere in sintesi i punti caratteristici e comuni delle due strutture d’origine; 2) se possibile, dev’essere fatta in modo che sia esclusiva, nel senso che debba essere comune solo alle due strutture d’origine, e non ad altre; 3) dev’essere fatta in modo che sia riconoscibile nelle due strutture d’origine, per quanto complesse ed intrecciate esse siano nelle loro forme complete. A questo si può soggiungere che ciò che vale per la struttura omologa composta da fatti, vale naturalmente anche per ogni altro tipo di struttura omologa, almeno in via di principio.
   Passiamo ora a dire qualche parola sull’elemento omologo.
   Gli elementi omologhi, considerati singolarmente, non devono necessariamente essere esclusivi: è la combinazione di due o più elementi omologhi che forma, nel caso normale, il carattere preferibilmente esclusivo della struttura omologa. Nell’esempio del gatto e della tigre, l’elemento omologo (a) ("fra le 6.20 e le 6.40 un animale felino ingerisce un animale alato") è senza dubbio un elemento che può ricorrere anche in numerose altre strutture di fatti; però, in combinazione con gli elementi omologhi (b) e (c) ("intorno alle 12 quest’animale è in contatto con l’acqua" + "a mezzanotte l’animale in questione s’inserisce in un’abitazione attraverso una finestra") esso viene a far parte di una sequenza strutturale che deve considerarsi praticamente esclusiva nel senso che rispecchia unicamente le due strutture di partenza, e non altre (com’è da supporre).
   Un elemento omologo può consistere anche di più sottelementi. L’elemento omologo (a), per ritornare ancora una volta all’esempio "felino" di sopra, è per es. analizzabile in questi sottelementi: (a1) "Fra le 6.20 e le 6.40 un animale ingerisce un altro animale" + (a2) "il primo animale è di tipo felino" + (a3) "il secondo è un animale alato". Spesso è perfino possibile spezzare ancora: così si può per es. dividere il sottelemento (a3), quello dell’ingerimento di un animale alato, in due elementi più piccoli ancora: "ingerimento di un animale" e "l’animale ingerito è di tipo alato"; e così via. In molti casi, però, volendo formare un elemento omologo più raccolto e compatto, può essere utile raggruppare anche una lunga serie di tali sottelementi. Per vederne degli esempi, rimandiamo a qualunque elemento omologo fra quelli definiti in questo lavoro.
   In ogni modo, per non complicare la terminologia, intendiamo usare qui per i sottelementi del tipo soprannominato, siano essi complessi o no, la sola definizione di punti omologhi. In questo lavoro avremo così la seguente gerarchia terminologica: struttura omologa (la struttura omologa nella sua totalità), elementi omologhi (di cui è formata la struttura omologa), punti omologhi (le parti, composte o meno, degli elementi omologhi).
   Prima di procedere alla definizione delle strutture omologhe in base a confronti sistematici tra Il nome della rosa e, rispettivamente, La Divina Commedia (traccia delle commedia) e Le Troiane (traccia della tragedia), riferiremo brevemente nel prossimo capitolo (I-1.4) anche sul metodo adottato per definirle.

Note

(1)  A questo punto ci si può domandare perché Eco, formando questa struttura omologa dell’uomo e dell’albero, abbia per così dire dimenticato i piedi delle strutture di partenza. Perché, insomma, ha scelto di non arrivare a una struttura con i piedi? La domanda è giustificata tanto più che per tale struttura (con i piedi) si potrebbe dire che rispecchierebbe più fedelmente la vera matrice comune delle due strutture d’origine. Nella digressione II si suggerisce una eventuale spiegazione.

(2)  Può essere utile a questo punto mettere in chiaro che per Eco una struttura è un sistema di unità differenti (o differenze) che non solo è codificato, ossia strutturato, in qualche modo, ma che anche deve poter essere usato come codice in un processo di trasformazione o di comparazione, dove entrano in gioco anche altri sistemi codificati; cfr. in proposito per es. queste citazioni: "Ma è chiaro che ... la riduzione della struttura a schema o modello, composto unicamente di correlazioni differenziali, dimostra la sua operatività nel fatto che si presta ad essere applicato, come griglia interpretativa e descrittiva, a fenomeni diversi" (La struttura assente, p. 261); "La nozione di struttura come sistema di differenze si rivela feconda solo se si unisce alla nozione di struttura come possibilità di trasposizione, strumento principale di un sistema di trasformazioni" (ibid., p. 262). Lars Gustafsson riassume la concezione strutturale di Eco in questo modo semplice: "Denna tanke, att vi bortom varje struktur alltid kan postulera en ny, är i centrum av Ecos semantik" (Om Umberto Eco och hans stora roman, in Eco, Rosens namn, trad., Stockholm 1983 (ristampa), p. 537). ("Uno dei pensieri centrali della semiotica di Eco è che dietro ogni struttura potremo sempre postularne una nuova.")

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