I-2.2.5.5

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I-2.2.5.5.  ELEMENTO OMOLOGO NR/DC 10

Il corpo nell’acqua

A.  OGGETTO DELL’ANALISI
Due scene in cui si assiste a una persona viva immersa nell’acqua. Definizione delle scene:
   La notte del Terzo giorno, dopo la confessione di Adso a Guglielmo sull’incontro peccaminoso con la fanciulla, maestro e alunno si recano ai balnea per cercare Berengario che sospettano morto. Lì, nell’ultima vasca da bagno, trovano il monaco, immerso nell’acqua e morto annegato: "A prima vista, alla luce della nostra lampada, la superficie del liquido ci apparve calma: ma come il lume vi batté sopra vi intravvedemmo sul fondo, esanime, un corpo umano, nudo. Lo tirammo lentamente fuori: era Berengario" (Nome, pp. 258-259). Esaminato il corpo Guglielmo conclude che il morto è stato nell’acqua almeno un giorno. Vale a dire che si trovava nell’acqua già la notte del Secondo giorno. Tutto l’episodio ha quindi il suo preludio nella notte del giorno precedente, quando Berengario, avvelenato, s’immerge nell’acqua della vasca per poi morire. Di quest’episodio scegliamo una scena del preludio, quella in cui Berengario è immerso nell’acqua, non ancora morto.
   Aggiungiamo che la morte di Berengario rappresenta nella struttura NR la terza tromba apocalittica (vedi digressione XVI).
   La scena corrispondente della struttura DC è quella in cui Dante trova l’anima di frate Alberigo, il signore di Faenza, immersa e ficcata nel ghiaccio del Cocito, in fondo all’Inferno: "E un de’ tristi della fredda crosta / gridò a noi: ’O anime crudeli, / tanto che dato v’è l’ultima posta, / levatemi dal viso i duri veli ...’ / Per ch’io a lui: ’Se vuo’ ch’i’ ti sovvegna, / dimmi chi se’...’ / Rispuose adunque: ’I’ son frate Alberigo; / io son quel dalle frutta del mal orto’" (Inf., XXXIII, 109-119).
   Ritornando per un momento alla formulazione dell’oggetto dell’analisi dove parliamo di "una persona immersa nell’acqua", ricordiamo che anche il ghiaccio di Alberigo (il lago di Cocito) era una forma dell’acqua.
   Per arrivare ad una miglior corrispondenza con la definizione della scena NR, dove abbiamo a che fare con una persona vivente, si aggiunge che sebbene l’anima d’Alberigo si trovi nell’Inferno, questo peccatore non è propriamente morto; il suo corpo vive ancora nel "mondo su". E questa è una particolarità dei peccatori dello stampo d’Alberigo, cioè dei traditori degli ospiti. È Alberigo stesso che spiega a Dante meravigliato del fatto di trovare il signor di Faenza già caduto nell’Inferno e quindi anche morto, come egli crede: "’Oh!’ diss’io lui, ’or se’ tu ancor morto?’ / Ed elli a me: ’Come ’l mio corpo stea / nel mondo su, nulla scïenza porto. / Cotal vantaggio ha questa Tolomea [la zona dei traditori degli ospiti], / che spesse volte l’anima ci cade / innanzi ch’Atropòs mossa le dea" (vv. 121-126).

B.  ANALISI COMPARATIVA
Giorno e ora delle scene (B1) – Luogo delle scene (B2) – Un simbolo concettuale delle persone immerse (B3) – Un quarto caso del gioco dell’anagramma imperfetto (B4) – Definizione dell’elemento omologo NR/DC 10 (C).

B1.  GIORNO E ORA DELLE SCENE
La scena NR avviene il Secondo giorno. Il ragionamento per determinare l’ora della scena è questo: Berengario era presente durante la cena dei vespri. Questo lo deduciamo dal fatto che Adso ci informa che alla mensa serale di quel giorno mancava Venanzio: "La cena fu mesta e silenziosa. Erano passate poco più di dodici ore da quando si era scoperto il cadavere di Venanzio. Tutti guardavano di sottecchi il suo posto vuoto a tavola" (Nome, p. 165). Se fosse mancato anche Berengario, Adso avrebbe certo fatto qualche commento a proposito. Però, Berengario mancava invece all’ora della compieta. Ricordiamo queste parole dell’Abate: "’[Berengario] Non era in coro a compieta,’ ripeté l’Abate, ’e non è tornato nella sua cella’" (p. 182). Sapendo poi che la fine della cena, fino a quando era presente Berengario, è da collocarsi certamente non prima delle 5 o qualche tempo dopo (dopo il rito dei Vespri verso le 4.30, i monaci mangiavano, ciò che richiedeva certo tempo), e che l’ora della compieta, quando Berengario invece mancava, è verso le 6, concludiamo che la scena NR deve aver avuto luogo con ogni probabilità fra le 5 e le 6 di sera, verosimilmente nella seconda metà di questo spazio temporale. (Per le ore canoniche vedi tabella IV.)
   L’episodio d’Alberigo dei Manfredi avviene nel canto XXXIII dell’Inferno. È quindi il Secondo giorno del cammino di Dante. Per stabilire l’ora esatta si può ragionare in questo modo: Dopo aver parlato con Alberigo, Dante arriva al Diavolo stesso; mentre sta ancora guardandolo da lontano, il suo maestro, che gli ha spiegato i particolari delle tre facce di Lucifero, ci dà un’indicazione abbastanza precisa dell’ora: "Ma la notte risurge, e oramai / è da partir" (Inf., XXXIV, 68-69). In quel momento sono cioè verso le 6 di sera. Ora, l’episodio di Alberigo ha luogo non molto tempo prima di quell’ora, al massimo 30-60 minuti(1), per cui si conclude che l’ora di tutto l’episodio è da collocare fra le 5 e le 6 di sera.

·  Le scene hanno luogo il Secondo giorno, tra le 17.00 e le 18.00.

B2.  LUOGO DELLE SCENE
Come già sappiamo, la salma di Berengario viene trovata nei balnea, i quali formano una costruzione particolare vicino all’ospedale; ecco come Adso li descrive: "aprimmo senza difficoltà la porta della costruzione dei balnea, a ridosso dell’ospedale" (Nome, p. 258).
   Volendo poi sapere la posizione del corpo annegato dentro alla costruzione dei balnea, leggiamo un po’ più giù nella pagina:

Guardammo nelle prime vasche, che erano vuote. Solo l’ultima, celata da una tenda tirata, era piena ... A prima vista, alla luce della nostra lampada, la superficie del liquido ci apparve calma: ma come il lume vi batté sopra vi intravvedemmo sul fondo, esanime, un corpo umano, nudo: era Berengario. (pp. 258-259)
Concludiamo quindi che Berengario fu trovato in fondo ai balnea. Essendo poi i balnea una sorta di costruzione (come dice Adso stesso), possiamo dire sul conto della salma di Berengario che essa fu trovata proprio in fondo ad una costruzione.
   Riferendoci alla definizione della scena DC constatiamo che l’anima di Alberigo si trova nel ghiaccio del Cocito, in fondo all’Inferno. Per quanto riguarda la qualità strutturale dell’Inferno sappiamo che esso non è soltanto un abisso qualunque: è in realtà una struttura molto complicata, con dei cerchi, dei gironi, delle bolge, e così via, formata inizialmente dal vuoto sotterraneo creatosi con la caduta di Lucifero. Guardando l’Inferno sotto quest’aspetto, si può pertanto affermare che l’Inferno dantesco è una sorta di costruzione che però da principio era un buco abissale informe. Sembra del resto chiaro che anche per Dante l’Inferno sia una costruzione formata in base all’abisso primitivo, perché egli allude qua e là al fatto che l’Inferno è stato sottoposto a lavori di costruzione. Si prendano per es. i versi dove descrive, per bocca di Virgilio, la divisione del VII cerchio: "De’ vïolenti il primo cerchio [degli ultimi tre] è tutto; / ma perché si fa forza a tre persone, / in tre gironi è distinto e costrutto" (Inf., XI, 28-30); o quando ci fa una descrizione dei margini del canale del Flegetonte che attraversa l’arena infuocata del terzo girone del VII cerchio: "A tale imagine [come i ripari dei Fiamminghi contro il mare] eran fatti quelli [i margini], / tutto che né sì alti né sì grossi, / qual che si fosse, lo maestro felli" (XV, 10-12).
   Dunque, luogo della scena DC è il fondo della costruzione particolare che è costituita dall’Inferno.

·  Le due scene avvengono in fondo ad una costruzione sul Territorio fatale.

B3.  UN SIMBOLO CONCETTUALE DELLE PERSONE IMMERSE
Berengario amava il giovane Adelmo: era cioè omosessuale. Esistono naturalmente molti oggetti particolari con cui si usa designare metaforicamente o in altro modo l’omosessualità; ne potremmo anzi produrre una lunga serie di simboli svariati a seconda del paese o della tradizione da cui si parte. Tuttavia, per non approfondire l’argomento ci limitiamo a considerare un solo tipo: il "frutto". In effetti, nel gergo americano si può bene usare proprio "fruit" per designare un omosessuale; cfr. per es.: Berry/Van den Bark, The american Thesaurus of Slang, London 1942, voce "male homosexual"; Glinns’s Glossary of Sayings, Slang, Signs and Symbols for Gay Men (Internet, vedi la bibliografia), voce "fruit": "Since the early twentieth century, a derogatory term for a gay man, especially an effeminate one"; Dictionary of Sexual Terms (Internet, vedi la bibliografia), voce "fruit": "Derogatory appellation for a male homosexual", ecc.
   Insomma, se vogliamo usare un solo tipo d’oggetto con cui designare simbolicamente l’omosessuale Berengario, il "frutto" va benissimo.
   Alberigo è conosciuto nella storia come colui dalle "frutta del mal orto". Ascoltiamo ancora una volta le sue parole: "I’ son frate Alberigo; / io son quel dalle frutta del mal orto" (Inf., XXXIII, 118-119). Per queste "frutta" la storia ci insegna che egli fece uccidere da sicari due suoi parenti stretti (un fratello e suo figlio), i quali erano stati invitati a pranzo in casa di lui; il segnale per i sicari era "veniant fructus" (Vernon-Inf., II, pp. 615-616). Ora il traditore è punito nell’Inferno nel modo che sappiamo. Così, se vogliamo attribuirgli un solo simbolo concettuale, quel simbolo potrebbe essere senz’altro il "frutto".(2)

·  In tutti e due i casi si può usare il "frutto" come simbolo concettuale della persona immersa.

B4.  UN QUARTO CASO DEL GIOCO DELL’ANAGRAMMA IMPERFETTO
Il nome di BERENGARIO consiste nella sua forma completa di 10 lettere. Può essere riconosciuto anche in questa forma imperfetta: BER– –GA–IO. Può essere identificato cioè da una combinazione di queste lettere: B,G,R,A,E,I,O.
   Il nome di ALBERIGO contiene 8 lettere. Può essere riconosciuito anche in questa forma imperfetta: A–BERIGO; può essere identificato cioè da una combinazione delle lettere B,G,R,A,E,I,O (la stessa sequenza di sopra).

·  Il nome di ognuno delle persone interessate può essere riconosciuto in una combinazione delle lettere B,G,R,A,E,I,O (BER– –GA–IO oppure A–BERIGO).

C.  DEFINIZIONE DELL’ELEMENTO OMOLOGO NR/DC 10
Il Secondo giorno, tra le 17.00 e le 18.00, si assiste a una scena con una persona viva immersa nell’acqua, in fondo ad una costruzione sul Territorio fatale. Per designare con un solo simbolo concettuale la persona immersa si può usare il "frutto".
   Il nome della persona può essere identificato con una combinazione delle lettere B,G,R,A,E,I,O.(3)

Note

(1)  Il calcolo si basa sul fatto che le sole cose che accadono tra l’episodio stesso e l’indicazione dell’ora sono queste: 1) I vessilli di Lucifero avanzano verso Dante e Virgilio; Virgilio esorta Dante a vedere innanzi (Inf., XXXIV, 1-3); 2) Lucifero appare a Dante come un mulino a vento; Dante si ripara dietro a Virgilio per il vento freddo di Lucifero (vv. 4-9); 3) Dante vede le anime nel ghiaccio (vv. 10-15); 4) Dante e Virgilio avanzano e il Maestro mostra a Dante la figura di Lucifero (vv. 16-21); 5) Dante prende paura per l’orrenda vista (che descrive minutamente) (vv. 22-60); 6) mentre Dante sta guardando Lucifero, Virgilio prende a spiegargli i particolari della faccia tripartita della figura diabolica (vv. 61-67). Dopo di che esprime un’esortazione a partire, in cui s’inserisce la già citata indicazione dell’ora ("Ma la notte risurge, e oramai / è da partir").

(2)  Sarebbe eventualmente possibile utilizzare il segnale per i sicari ("veniant fructus") per arrivare a un simbolo che avesse anche più precisione del solo "frutto". Infatti, se nel contesto di un pranzo si vogliono far venire le frutta, queste frutta devono per lo più essere servite su un piatto; e se a quel fatale pranzo di Alberigo ci fosse in realtà nella cucina un piatto di frutta pronto per esser servito, allora si potrebbe legare simbolicamente Alberigo proprio ad un piatto di frutta. E Berengario? Nel citato Dictionary of Sexual Terms leggiamo sotto la voce "fruit plate" questa spiegazione: "Derogatory and offensive appellation for a male homosexual". Ma non sappiamo se ci fosse davvero un piatto di frutta nella cucina di frate Alberigo. Non c’è nessuno a cui domandare.

(3)  Potremmo forse aggiungere un altro tratto comune ai due personaggi confrontati, che sarebbe che tutt’e due le persone sono dei frati: Berengario è un autentico frate in quanto monaco benedettino; anche Alberrigo è un frate, però nel senso di "frate gaudente", una sorta di cavaliere "buono" che protegge "widows, orphans, strangers, the poor, and, speaking generally, the weak against their oppressors" (Vernon-Inf., II, p. 239). Cfr. anche le sue stesse parole: "I’ son frate Alberigo" (Inf., XXXIII, 118). Ma lasciamo da parte questa coincidenza perché ci sembra del tutto casuale (a meno che la persona di Berengario non "sia nata" in parte sulla spinta ispiratrice del tratto in questione).

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