I-2.2.5.10

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I-2.2.5.10.  ELEMENTO OMOLOGO NR/DC 15

Il corpo prostrato

A.  OGGETTO DELL’ANALISI
Due scene in cui i rispettivi Discepoli stanno guardando un corpo umano che giace prostrato per terra. Definizione delle scene:
   La mattina del Sesto giorno, mentre i monaci e i novizi stanno cantando nella chiesa il graduale Sederunt principes, Malachia(1) cade dal suo scanno, avvelenato a morte. Il canto s’arresta. Guglielmo accorre subito a prestar aiuto. Adso vi accorre pure e vede per terra il corpo morente del bibliotecario: "Il canto rallentò, le voci si spensero, ci fu un breve trambusto. Guglielmo era subito scattato dal suo posto e si era precipitato là dove ormai Pacifico da Tivoli e il vegliante stavano distendendo per terra Malachia, esanime. Li raggiungemmo quasi insieme all’Abate, e alla luce della lampada vedemmo il volto dell’infelice" (Nome, p. 416).
   Di quest’episodio scegliamo la scena in cui Adso sta guardando il corpo di Malachia che giace prostrato per terra.
   La morte di Malachia rappresenta nella struttura NR la quinta tromba apocalittica (digressione XVI).
   La corrispondente scena della struttura DC è quella in cui Dante, arrivato alle anime avare del quinto girone del Purgatorio, si ferma davanti a papa Adriano V che, per punizione, giace prostrato per terra: "Com’io nel quinto giro fui dischiuso, / vidi gente per esso che piangea, / giacendo a terra tutta volta in giuso. ... Poi ch’io potei di me fare a mio senno, / trassimi sovra quella creatura [Adriano V] / le cui parole pria notar mi fenno" (Purg., XIX, 70-90).

B.  ANALISI COMPARATIVA
Giorno e ora delle scene (B1) – Ciò che i Discepoli sentono pronunciare prima delle scene (B2) – Definizione dell’elemento omologo NR/DC 15 (C).

B1.  GIORNO E ORA DELLE SCENE
La scena NR avviene la mattina del Sesto giorno. L’ora esatta del momento è difficile da stabilire ma deve in ogni modo essere dopo le 3.00 di mattina, perché l’ufficio del mattutino, che ha termine proprio verso quell’ora, era già finito (Nome, p. 414). Dopo il mattutino la comunità religiosa doveva passare il tempo fino al rito delle laudi esercitandosi nei canti natalizi (ibid.). E per quella mattina l’Abate scelse, come già sappiamo, il Sederunt principes, il canto fatale di Malachia. Ma doveva esser passato non poco tempo dall’inizio di quel graduale fino alla caduta del bibliotecario, perché il canto è descritto nel libro come una lunghissima massa sonora di vocalizzi, melismi, neumi "liquescenti e subpuntati", ecc. Ecco la testimonianza di Adso: "Né [il coro] s’interruppe, perché mentre altre voci incominciavano a tessere, su quella linea profonda e continua, una serie di vocalizzi e melismi, esso ... continuava a dominare e non cessò per il tempo intero che occorre a un recitante dalla voce cadenzata e lenta per ripetere dodici volte l’Ave Maria" (ibid.). In questa citazione abbiamo a che fare con una "massa" che riguarda la sola sillaba iniziale della prima parola del canto, sillaba che Adso non senza ragione chiama "quell’ostinata sillaba" (ibid.). Poi si canta nella chiesa, fino al momento in cui Malachia cade a terra. A quel punto il canto è arrivato all’ultima parte del Sederunt: "Ora il coro stava intonando festosamente lo ’adjuva me’" (p. 415). (Per il testo dell’intero Sederunt si rimanda a digressione XII.)
   Cercando di valutare il tempo trascorso dalle 3.00 fino alla caduta di Malachia, si arriva facilmente a un tempo di circa 60 minuti, forse di più, forse di meno. In ogni modo quel periodo non doveva essere inferiore ai 30 minuti. In base a tale valutazione stabiliamo che la scena attuale non doveva essere cominciata prima delle 3.30 di mattina; né doveva aver fine dopo le 5.00, ora che rappresenta l’inizio delle laudi, prima delle quali i monaci dovevano finire il canto (p. 414).
   Esaminiamo adesso la scena DC. Tutto l’episodio delle anime avare è riferito nel canto XIX del Purgatorio. La scena ha quindi luogo il Sesto giorno.
   L’ora dev’essere tra le 6.15 e le 7.00 di mattina. Per arrivare a quest’ora consideriamo che Dante si alza poco dopo la levata del sole, cioè qualche minuto dopo le 6.00 ("Io mossi li occhi ... Su mi levai, e tutti eran già pieni / dell’alto dì i giron del sacro monte, / e andavam col sol novo alle reni" (Purg., XIX, 34-39)). Poi fa queste cose, di cui ognuna sembra esser di breve durata:

1)  cammina un po’ con Virgilio, dopo di che sente la voce di un angelo che indica loro la via tra le rocce (vv. 43-44);

2)  continua la salita insieme con il suo maestro, il quale, dopo qualche scambio di parole, l’esorta a sbrigarsi: "Bastiti, e batti a terra le calcagne" (v. 61);

3)  Dante ubbidisce e raggiunge rapidamente ("quale il falcon") il quinto girone dove subito s’imbatte nelle anime degli avari, fra cui Adriano V (vv. 64-71).

Valutando il tempo trascorso dal levar del sole fino a che Dante incontra gli avari, si arriva a un tempo approssimativo fra i 15 e 30 minuti. Per essere del tutto sicuri, allunghiamo il tempo valutato fino ai 60 minuti. Si arriva così a un ora della scena attuale che deve essere fra le 6.15 e le 7.00 di mattina.

·  Le due scene hanno luogo il Sesto giorno, tra le 3.30 e le 7.00 di mattina.

B2.  CIÒ CHE I DISCEPOLI SENTONO PRONUNCIARE PRIMA DELLE SCENE
Del graduale Sederunt principes che si canta nella chiesa fino alla caduta di Malachia, sappiamo che è una composizione (ovvero compilazione, come forse è meglio chiamarlo) basata su alcuni versi del salmo 118 della Vulgata.(2)(3) Si conclude pertanto che nello stesso tempo in cui Adso, qualche istante prima della caduta di Malachia, sente il Sederunt principes intorno a sé, sente pronunciare anche delle parole del salmo.
   Qualche istante prima di arrivare ad Adriano V, Dante sente pronunciare intorno a sé alcune parole latine: "’Adhaesit pavimento anima mea’ / sentìa dir lor" (Purg., XIX, 73-74). Parole che si ritrovano appunto nello stesso salmo di sopra, cioè nel salmo 118 della Vulgata; nel verso 25 di quel salmo (Psalm., 118) si legge infatti: "Adhaesit pavimento anima mea".

·  Qualche istante prima dell’inizio delle scene i Discepoli sentono pronunciare intorno a sé delle parole del salmo 118 della Vulgata.

A questo punto non possiamo non far notare la mirabile drammaticità della scena della morte di Malachia, e ciò sullo sfondo dell’eco della Divina Commedia e con particolar riguardo all’eco del salmo 118; si assiste infatti a un piccolo ma condensato dramma in tre atti. Ecco come:

Atto I:  Nel Nome della rosa i monaci stanno cantando il graduale Sederunt principes, con parole del salmo 118.

Atto II:  Dalla Divina Commedia si risponde "Adhaesit pavimento anima mea", parole dello stesso salmo.

Atto III:  Malachia cade giù sul pavimento della chiesa per morire.

Commentiamo che il preannuncio della caduta con la conseguente morte in questo "dramma di Malachia" s’inserisce bene nell’ambito di un noto topos dall’effetto drammatico: prima si preannuncia una cosa fatale, subito dopo questa cosa si verifica davvero (cfr. a proposito I-2.2.4, punto B4.6). Si consulti pure, come un esempio fuori dell’ambito del Nome della rosa, l’episodio della morte di Rodrigo nel Don Carlo di Giuseppe Verdi.(4)

C.  DEFINIZIONE DELL’ELEMENTO OMOLOGO NR/DC 15
Il Sesto giorno, tra le 3.30 e le 7.00 di mattina, il Discepolo sta guardando un corpo umano che giace prostrato per terra. Qualche istante prima di vederlo al suolo, sente pronunciare intorno a sé parole del salmo 118 della "Vulgata".

Note

(1)  Per un’ipotesi di come spiegare il nome di Malachia, vedi digressione XI.

(2)  Per avere una visione del legame linguistico tra il Sederunt principes (il graduale per il giorno di Santo Stefano) e il salmo 118 raccomandiamo di consultare la già citata digressione XII.

(3)  A chi piace la musica possiamo suggerire di ascoltare la prima parte del Sederunt principes dell’anno 1199 di Perotinus, Optimus Discantor e noto maestro della scuola polifonica di Notre-Dame de Paris (inizio del XIII secolo). In essa si riconoscerà infatti, sul piano musicale, la descrizione quasi meticolosamente dettagliata da parte di Adso (Eco) di come il canto di questo graduale liturgico si vada sviluppando tra le navate della chiesa ("Sulla prima sillaba se iniziò un coro lento e solenne di decine e decine di voci ecc." (Nome, pp. 414-415)).

(4)  Si ricordi che in quell’episodio Rodrigo, subito dopo aver detto a Don Carlo di dover morire per lui ("Regnare tu dovevi ed io morir per te"), viene ferito da un colpo d’archibugio, tirato da una guardia nascosta, e muore nelle braccia di Don Carlo (vedi Verdi, Don Carlo, ed. Ricordi, Milano 1984 (ristampa), p. 62). Per il topos del preannuncio si può del resto aggiungere che viene usato non di rado nel Cinema per creare effetti comici.

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