I-2.2.5.2

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I-2.2.5.2.  ELEMENTO OMOLOGO NR/DC 7

L’incontro con lo spirito ardente

A.  OGGETTO DELL’ANALISI
Due incontri che si verificano tra Discepolo e Maestro e uno spirito ardente. Definizione degli incontri:
   Già il Primo giorno (sesta) Adso e Guglielmo incontrano Ubertino da Casale, lo "spirito ardente" che Guglielmo conosce da anni. L’incontro avviene nella chiesa:

Presso all’ultima cappella prima dell’altare, nella navata sinistra, si ergeva una esile colonna su cui stava una Vergine in pietra ... Ai piedi della Vergine, in preghiera, quasi prostrato, stava un uomo ...
   Ci appressammo. L’uomo, udendo il rumore dei nostri passi, alzò il volto. Era un vegliardo ... Posò su di noi uno sguardo dapprima smarrito, come lo avessimo disturbato in una visione estatica, poi il volto gli si illuminò di gioia.
"Guglielmo!" esclamò. "Fratello mio carissmo!" Si alzò a fatica e si fece incontro al mio maestro ... "Quanto tempo! Ma ti riconosco ancora! ... " (Nome, p. 56)
Per Guglielmo il carattere intenso del suo vecchio amico è sempre lo stesso, ciò che risulta dalla loro conversazione durante l’incontro: "Sei uno spirito ardente, Ubertino, nell’amore di Dio come nell’odio contro il male" (p. 65).
   Mentre l’incontro NR avviene il Primo giorno, quello della Divina Commedia si verifica invece il Secondo giorno. È l’incontro con Brunetto Latini nel terzo girone del settimo cerchio, quel girone dove tutti gli spiriti sono invasi da un grand’ardore, bruciati come sono sia dal di sotto (la sabbia bruciante) che dal di sopra (i fiocchi di fuoco che cadono continuamente). Dante descrive l’esordio dell’incontro:
Già eravam dalla selva [dei suicidi] rimossi / tanto, ch’i’ non avrei visto dov’era, / perch’io in dietro rivolto mi fossi, / quando incontrammo d’anime una schiera / che venìan lungo l’argine [il bordo del canale dell’acqua rossa del Flegetonte], e ciascuna / ci riguardava come suol da sera / guardare uno altro sotto nuova luna; / e ... ver noi aguzzavan le ciglia ... / Così adocchiato da cotal famiglia, / fui conosciuto da un, che mi prese / per lo lembo e gridò: "Qual maraviglia!" (Inf., XV, 13-24)
B.  ANALISI COMPARATIVA
Giorno e ora degli incontri (B1) – Il luogo silvestre e la landa disperata (B2) – Ritmo dell’inizio degli incontri (B3) – Le invettive dello spirito ardente (B4) – Descrizione dello spirito ardente (B5) – Definizione dell’elemento omologo NR/DC 7 (C).

B1.  GIORNO E ORA DEGLI INCONTRI
L’incontro con Ubertino avviene poco dopo l’entrata nella chiesa (riferita nel capitolo precedente) e non molto dopo mezzogiorno, perché Adso precisa l’ora dell’incontro in questo modo: "Era da poco trascorsa l’ora sesta" (Nome, p. 56).
   L’incontro con Brunetto è riferito nel canto XV dell’Inferno, avviene cioè il Secondo giorno. Quanto all’ora dell’incontro ricorriamo a Vernon che inserisce tutti i canti XII-IXX fra le 4 e le 6 di mattina (Vernon-Inf., I, pp. lii-liv); concludiamo pertanto che l’episodio accade non dopo le 6 del Secondo giorno.

·  Gli incontri hanno luogo fra le 12.00 del Primo giorno e le 6.00 del Secondo giorno.

Per quanto riguarda il tempo definito è chiaro che è un po’ insoddisfacente non poter collocare i due incontri nello stesso giorno, come abbiamo fatto e faremo per tutti gli altri elementi omologhi inseriti nello spazio temporale dei Sette giorni. Possiamo quindi domandarci perché l’autore del romanzo abbia scelto di introdurre Ubertino nella trama già il Primo giorno, creando così questa (seppur modesta) discrepanza temporale rispetto alla scena con Brunetto, una scena che per altri aspetti sembra armonizzare così bene con l’incontro con Ubertino. In questo caso ci immaginiamo che Eco abbia agito per forza, perché dal punto di vista umano sarebbe stato un po’ strano se Guglielmo avesse aspettato di cercare il suo vecchio amico fino al Secondo giorno.

B2.  IL LUOGO SILVESTRE E LA LANDA DISPERATA
Prima di entrare nella chiesa Guglielmo e Adso si fermano per qualche minuto nel vano davanti al timpano del portale. Lì, come abbiamo visto nel capitolo precedente, Adso è colto da una visione provocata dalle immagini scolpite sulla pietra. E lì c’è anche la volta delle arcate, già identificata come un luogo silvestre (I-2.2.5.1, punto B4). Ma la visione di Adso s’interrompe perché è turbata dalla voce strana di Salvatore. Dopo un breve scambio di parole fra Salvatore e Guglielmo, Adso e il suo Maestro entrano nella chiesa, dove trovano Ubertino davanti alla colonna con la Vergine. Quando si avvicinano ad Ubertino hanno cioè lasciato l’ingresso della chiesa, inclusa la volta delle sue arcate, ossia il luogo silvestre.
   Ma possiamo definire anche un altro componente geografico che i due lasciano entrando in chiesa: è la "landa disperata" della popolazione degli inferi che Adso s’immagina di vedere sulla pietra: "L’intera popolazione degli inferi [le figure scolpite] pareva essersi data convegno per far da vestibolo, selva oscura, landa disperata dell’esclusione, all’apparizione dell’Assiso [Dio sul timpano], al suo volto promettente e minaccioso" (Nome, p. 52).
   Contrariamente a quanto ci si poteva forse aspettare, il luogo silvestre di Dante e Virgilio non s’identifica con la selva oscura menzionata in I-2.2.5.1, B4, bensì con la selva dei suicidi, descritta ampiamente nel canto XIII (dove ricordiamo tra l’altro la terribile branca delle "nere cagne" correnti tra gli alberi). E dal testo di Dante risulta anche che lui e Virgilio hanno lasciato questa selva certo tempo prima: "Già eravam dalla selva [dei suicidi] rimossi / tanto, ch’i’ non avrei visto dov’era, / perch’io in dietro rivolto mi fossi, / quando incontrammo ..." (Inf., XV, 13-16).
   Hanno pure lasciato una landa disperata, perché tra la selva dei suicidi e la parte del terzo girone dove si trova Brunetto, c’è una zona riservata ai bestemmiatori (puniti con l’essere costretti a stare sotto l’incessante pioggia di fuoco), e quella zona è descritta da Dante proprio come una "landa". Ecco le sue parole: "Indi [dalla selva] venimmo al fine ove si parte / lo secondo giron dal terzo, e dove / si vede di giustizia orribil arte. / A ben manifestar le cose nove, / dico che arrivammo ad una landa / che dal suo letto ogni pianta rimove" (ibid., XIV, 4-9). Quanto al carattere disperato della landa Dante stesso fa qualche indicazione: "D’anime nude vidi molte gregge / che piangean tutte assai miseramente" (vv. 19-20); cfr. anche il commento di Dino Provenzal: "Un nuovo spettacolo, meno orribile, forse, di quello lasciato or ora, ma più desolato. Prima era una selva, dove una forma di vita, sia pur mostruosa, esisteva: qui invece è un deserto di sabbia: e sulla sabbia dannati: e dall’alto un’implacabile, lenta, continua pioggia di fuoco" (Provenzal-Comm., p. 118).

·  Il Discepolo e il Maestro dei rispettivi incontri, prima d’incontrare lo spirito ardente, hanno lasciato un luogo silvestre e una landa disperata.(1)

B3.  RITMO DELL’INIZIO DEGLI INCONTRI
Se ritorniamo alla citazione "Nome, p. 56" nella definizione dell’incontro, troviamo che il suo inizio avviene in base a un certo ritmo strutturale, e cioè:

1)  Da una posizione inferiore Ubertino guarda con attenzione Guglielmo e Adso che gli si avvicinano:

Ai piedi della Vergine, in preghiera, quasi prostrato, stava un uomo ...
Ci appressammo. L’uomo, udendo il rumore dei nostri passi, alzò il volto. ... Posò su di noi uno sguardo dapprima smarrito, come lo avessimo disturbato in una visione estatica
2)  Poi si verifica da parte di Ubertino un atto di riconoscimento di Guglielmo, che conosce da molti anni; il riconoscimento è seguito da una breve esclamazione fra meraviglia e gioia:
Posò su di noi uno sguardo dapprima smarrito ... poi il volto gli si illuminò di gioia.
"Guglielmo!" esclamò. "Fratello mio carissmo!" Si alzò a fatica e si fece incontro al mio maestro ... "Quanto tempo! Ma ti riconosco ancora!" (ibid.)
Se definiamo qualche altro punto del ritmo iniziale abbiamo:

3)  Qualche momento dopo, cioè dopo che Adso è stato presentato da Guglielmo, Ubertino tende una mano calda verso il giovane: "Il mio maestro mi aveva presentato e il vecchio mi aveva accarezzato una gota, con una mano calda, quasi ardente" (p. 60);

4)  Come punto terminale scegliamo questo: Adso fissa con attenzione la faccia di Ubertino: "Scrutavo quel volto, dai tratti dolcissimi" (p. 61).

Se sintetizziamo tutto questo ritmo, semplificandone qualche punto, abbiamo: da una posizione inferiore lo spirito ardente guarda con attenzione Adso e Guglielmo che gli si avvicinano; poi si verifica da parte dello spirito ardente un atto di riconoscimento di Guglielmo che conosce da molti anni, seguito da una breve esclamazione dove c’entra anche la meraviglia ("Guglielmo!"); lo spirito ardente estende una mano calda verso Adso, il quale scruta la faccia di lui.
   Vediamo ora come l’inizio dell’incontro DC si adegui al ritmo definito sopra:

1)  Da una posizione inferiore Brunetto (lo spirito ardente) guarda con attenzione Dante e Virgilio che gli si avvicinano:

... quando incontrammo d’anime una schiera / che venìan lungo l’argine, e ciascuna / ci riguardava come suol da sera / guardare uno altro sotto nuova luna; / e ... ver noi aguzzavan le ciglia (Inf., XV, 16-20)
Per la posizione inferiore di Brunetto rispetto a Dante e Virgilio, ricordiamo che Brunetto si trovava sulla sabbia, mentre gli altri due camminavano sul bordo elevato del canale del Flegetonte. Qualche terzina più sotto Dante descrive anche esplicitamente la sua "strada" elevata: "I’ non osava scender della strada / per andar par di lui" (vv. 43-44).

2)  Si verifica da parte di Brunetto un atto di riconoscimento di Dante che conosce da molti anni, seguito da una breve esclamazione dove c’è anche un momento di meraviglia: "Così adocchiato da cotal famiglia, / fui conosciuto da un, che mi prese / per lo lembo e gridò: ’Qual maraviglia!’" (vv. 22-24). (Notiamo incidentalmente che Brunetto riconosce il Discepolo, mentre è il Maestro ad essere riconosciuto da Ubertino: evidentemente un temporaneo scambio di maschere. In tutti e due i casi è però un riconoscimento di uno di loro: cfr. la conclusione più sotto.)
   Per quel "da molti anni", si sa che Dante doveva conoscere Brunetto già da giovane; cfr. la citazione "Vernon-Inf., I, p. 537" del punto B5.4 più sotto: "[Brunetto] Non solum docebat Dantem, sed et alios juvenes florentinos, unde multos fecit magnos eloquentes et morales."

3-4)  Brunetto tende una mano calda verso Dante, che gli scruta la faccia: "E io, quando ’l suo braccio a me distese, / ficca’ [li](2) li occhi per lo cotto aspetto" (Inf., XV, 25-26).
   Ricordiamo che la mano di Brunetto doveva essere anche ardente, perché tutto l’episodio ha luogo in un ambiente veramente caldo, con la sabbia ardente e i fiocchi di fuoco che cadevano. E le mani non dovevano neppure essere meno calde del "cotto aspetto" di Brunetto.

·  L’inizio degli incontri è strutturato in base a questo schema di azione: da una posizione inferiore lo spirito ardente (Ubertino e Brunetto) guarda con attenzione Maestro e Discepolo che gli si avvicinano; si verifica da parte dello spirito ardente un atto di riconoscimento di uno dei due che conosce da molti anni, seguito da una breve esclamazione dove c’è anche un momento di meraviglia; lo spirito ardente estende una mano calda verso il Discepolo; questi scruta la faccia di lui.

Qualcuno forse obietterà dicendo che il ritmo descritto dev’essere abbastanza normale quando si verifica un incontro di due persone che non si sono viste da molto tempo. A ciò si risponde che si possono facilmente trovare tanti ritmi "normali" di un incontro; il ritmo scelto per Il nome della rosa è quindi soltanto uno tra molti altri possibili. Né si dimentichino alcuni fattori che rendono questo ritmo abbastanza unico: la posizione inferiore iniziale da parte dello spirito ardente, il calore della mano protratta verso il Discepolo e il guardare fiso dello stesso Discepolo (punto terminale del ritmo). E ricordiamo ancora una volta che è la combinazione di fatti, forse anche del tutto normali, che rende una serie più unica, anzi molto più unica, dei suoi ingredienti presi uno ad uno.

B4.  LE INVETTIVE DELLO SPIRITO ARDENTE
Durante l’incontro NR Ubertino inveisce fra l’altro contro quelli che governano la Città di Dio, cioè la Chiesa. Adso ha registrato le sue parole sdegnose:

"Oh Signore, in quali mani è caduta la tua chiesa!" Volse il capo verso l’altare. "Trasformata in meretrice, ammollita nel lusso, si avvoltola nella lussuria come una serpe in calore! ..." ... "I suoi luogotenenti sono già qui, mandati come Cristo mandò gli apostoli per il mondo! Stanno conculcando la Città di Dio, seducono con l’inganno, l’ipocrisia e la violenza. ..." (Nome, p. 69)
Sapendo poi che Ubertino era cittadino della Chiesa (Città di Dio) – secondo Marmo-Nome, pp. 608-609, entrò giovanissimo nell’ordine dei francescani e morì benedettino –, si assiste qui a una serie di invettive contro i dirigenti della Città di Dio da parte di uno dei propri cittadini.
   Nel canto XV sono famose le terzine in cui Brunetto dimostra il suo sdegno contro Firenze, o meglio contro i gruppi dirigenti della sua città nativa. Eccone alcune:
Ma quello ingrato popolo maligno / che discese di Fiesole ab antico, / e tiene ancor del monte e del macigno, / ti si farà, per tuo ben far, nemico: / ed è ragion, ché tra li lazzi sorbi / si disconvien fruttar lo dolce fico. / Vecchia fama nel mondo li chiama orbi; / gent’è avara, invidiosa e superba ecc. (Inf., XV, 61-68)
Anche in questo caso si presenta quindi la scena di un cittadino che inveisce contro i dirigenti della sua stessa città, Firenze. Inutile ricordare che Brunetto era fiorentino come Dante.
   Come osservazione a parte si noti qui la rassomiglianza retorica fra le parole "gent’è avara, invidiosa e superba" di Brunetto e questa espressione di Ubertino: "seducono con l’inganno, l’ipocrisia e la violenza".

·  Durante gli incontri lo spirito ardente inveisce contro i dirigenti della stessa città di cui è cittadino (sia che la città in questione rappresenti una città materiale o spirituale).

B5.  DESCRIZIONE DELLO SPIRITO ARDENTE
L’età (B5.1) – Il dono della profezia (B5.2) – La fama (B5.3) – L’influenza sul modo di esprimersi di Dante Alighieri (B5.4) – La regola della prosternazione (B5.5) – Un terzo caso del gioco dell’anagramma imperfetto (B5.6).

B5.1.  L’ETÀ
Sull’età di Ubertino da Casale Costantino Marmo ci informa che nacque nel 1259 e morì dopo il 1328 (Marmo-Nome, pp. 608-609). (Secondo altri morì nel 1338; vedi per es. nota 3 del presente capitolo.) Quando incontrò Adso e Guglielmo (1327), aveva cioè circa 68 anni, età che anche è confermata da Guglielmo stesso: "È stanco. Molto distaccato dalle cose di questo mondo. Ha sessantotto anni" (Nome, p. 47).
   Per quanto riguarda l’età di Brunetto si sa per certo l’anno in cui morì, cioè il 1294. L’anno della sua nascita è più insicuro ma deve in ogni modo essere intorno al 1220, o qualche anno più avanti. Vernon scrive: "Brunetto, son of Buonaccorso dei Latini, was born of a noble family in Florence about 1220, and died there in 1294" (Vernon-Inf., I, p. 536). Secondo La Nuova Enciclopedia Universale Garzanti (Milano 1989 (ristampa)) nacque "dopo il 1220". Quando Dante lo vide nell’Inferno aveva quindi circa 74 anni (forse meno).

·  Gli spiriti ardenti hanno ambedue una settantina di anni.

B5.2.  IL DONO DELLA PROFEZIA
Durante l’incontro NR, nel bel mezzo dell’anatema contro i luogotenenti della Chiesa corrotta (vedi sopra), Ubertino comincia ad un tratto a profetare:

"Ma [i buoni servi di Dio] non hanno ancora vinto, è il momento che l’Anticristo, pieno di furore, comanderà di uccidere Enoch ed Elia e i loro corpi perché ognuno possa vederli e tema di volerli imitare. Così come volevano uccidere me..."
   In quel momento, atterrito, pensavo che Ubertino fosse in preda a una sorta di divina mania, e temetti per la sua ragione. Ora a distanza di tempo, sapendo quel che so, e cioè che qualche anno dopo fu misteriosamente ucciso in una città tedesca, e mai non si seppe da chi, sono più atterrito ancora, perché evidentemente quella sera Ubertino profetava. (Nome, p. 70)
Come si sa, molti spiriti nell’Inferno dantesco hanno il dono di vedere nel futuro, e così pure Brunetto, il che dimostra a Dante facendo tra l’altro questa profezia sul corso del suo diletto figliuolo:
Se tu segui tua stella, / non puoi fallire a glorïoso porto, / se ben m’accorsi nella vita bella; e s’io non fossi sì per tempo morto, / veggendo il cielo a te così benigno, / dato t’avrei all’opera conforto. / Ma quello ingrato popolo maligno [i fiorentini] / che discese di Fiesole ab antico ... / ti si farà, per tuo ben far, / nemico: ... La tua fortuna tanto onor ti serba, / che l’una parte e l’altra [i Neri e i Bianchi] avranno fame di te; ma lungi fia dal becco l’erba. (Inf., XV, 55-72)
Che questo sia da prendere come un’autentica profezia, lo si deduce dal commento stesso di Dante: "Ciò che narrate di mio corso scrivo, / e serbolo a chiosar con altro testo / a donna che saprà, s’a lei arrivo. ... Non è nuova alli orecchi miei tal arra" (ibid., vv. 88-94).

·  Hanno il dono della profezia, ciò che dimostrano ai Discepoli.

B5.3.  LA FAMA
A parte il fatto di essere una persona che arde nel profondo dell’anima, Brunetto è anche dotato di gran fama nel mondo. Ecco il commento di Adso dopo i primi momenti dell’incontro: "Di lui avevo già sentito parlare e a lungo, anche prima di venire in Italia ... Né questo [l’aver influenzato Dante (vedi più sotto)] era il solo titolo di merito di quell’uomo famoso" (Nome, p. 56). Anche le seguenti parole sono significative: "Queste cose [i capi della storia di Ubertino] pensavo guardando un personaggio leggendario come Ubertino" (p. 60).
   Della fama di Brunetto Latini leggiamo queste chiare parole: "morì in patria nel 1294 lasciando di sé gran fama" (Casini-Inf., p. 109). (Come ben sappiamo era lui stesso uno di quei "letterati grandi e di gran fama" che si trovavano nella zona dei ribelli alla natura, figlia di Dio: "In somma sappi che tutti [i compagni di Brunetto nell’Inferno] fur cherci / e letterati grandi e di gran fama" (Inf., XV, 106-107).)

·  Sono dei personaggi famosi.

B5.4.  L’INFLUENZA SUL MODO DI ESPRIMERSI DI DANTE ALIGHIERI
Un punto curioso da registrare sul conto di Ubertino è che lui, secondo l’informazione di Adso, di cui non bisogna dubitare(3), ha influenzato con il suo libro sull’albero della vita crocifissa (di Gesù), "capolavoro della mistica medievale" (Marmo-Nome, p. 609), il modo d’esprimersi di Dante stesso. Adso si formula così:

Di lui [Ubertino] avevo già sentito parlare e a lungo, anche prima di venire in Italia ... Qualcuno mi aveva persino detto che il più grande poeta di quei tempi, Dante Alighieri da Firenze, morto da pochi anni, aveva composto un poema ... a cui avevano posto mano e cielo e terra, e di cui molti versi altro non erano che una parafrasi di brani scritti da Ubertino nel suo Arbor vitae crucifixae. (Nome, p. 56)
Quanto all’influenza di Brunetto sul modo di Dante di usare la lingua, ecco quanto il "figliuolo" stesso afferma nel loro dialogo:
"Se fosse tutto pieno il mio dimando" / rispuosi lui, "voi non sareste ancora / dell’umana natura posto in bando; / ché ’n la mente m’è fitta, e or m’accora, / la cara e buona imagine paterna / di voi quando nel mondo ad ora ad ora / m’insegnavate come l’uom s’etterna: / e quant’io l’abbia in grado, mentr’io vivo / convien che nella mia lingua si scerna. ..." (Inf., XV, 79-87)
Che cosa Dante voglia dire con l’ultimo verso "convien che nella mia lingua si scerna", ce lo spiega Vernon, che a sua volta riferisce Jacopo della Lana: "Lana interprets the last line [’convien che ecc.’] as signifying that Dante has so appreciated the influence of Brunetto’s teaching that he will let it give its impress to his poetry so that his tongue may not appear silent about it" (Vernon-Inf., I, p. 558). E Vernon cita anche altre fonti, per es. Benvenuto da Imola: "Non solum docebat Dantem, sed et alios juvenes florentinos, unde multos fecit magnos eloquentes et morales" (ibid., p. 537).

·  Hanno influenzato il modo di esprimersi di Dante Alighieri.

B5.5.  LA REGOLA DELLA PROSTERNAZIONE
Come benedettino Ubertino doveva seguire tutte le regole che l’ordine prescrive ai suoi monaci, inclusa quella di prosternarsi a terra nei momenti dovuti.(4) Di questa regola ci informa per es. Remigio nell’interrogatorio del processo del Quinto giorno. Alla domanda di Bernardo Gui se egli si fosse prosternato qualche volta al modo dei beghini, risponde infatti: "Anche nell’ordine di san Benedetto ci si prosterna a terra, nei momenti dovuti" (Nome, p. 375). Per quanto riguarda Ubertino questa prosternazione era davvero qualcosa che apparteneva al suo modo di vivere. Lo vediamo infatti prostrato (o quasi) davanti alla Vergine un paio di volte: quando Adso e Guglielmo lo vedono per la prima volta nella chiesa: "Presso all’ultima cappella prima dell’altare ... si ergeva una esile colonna su cui stava una Vergine in pietra ... Ai piedi della Vergine, in preghiera, quasi prostrato, stava un uomo" (p. 56); quando Adso lo lascia nella chiesa dopo il colloquio con lui, in cui Ubertino gli ha raccontato fra l’altro la storia di fra Dolcino ("Terzo giorno, dopo compieta"): "Si prosternò di nuovo davanti alla Vergine e lo udii singhiozzare piano. Pregava" (p. 234). Si aggiunge che doveva essere prosternato anche prima perché Adso scrive "si prosternò di nuovo".
   La regola di doversi prosternare a terra "nei momenti dovuti" imposta a Brunetto non è più la regola benedettina di umile sottomissione; è invece una terribile pena supplementare che incombe ai ribelli alla figlia di Dio (la Natura) se essi, anche per un piccolo momento, si fermano nel loro continuo correre sulla sabbia infuocata. Brunetto spiega a Dante perché non può fermarsi, anche volendolo: "’O figliuol,’ disse, ’qual di questa greggia / s’arresta punto, giace poi cent’anni / senza arrostarsi [proteggersi] quando il foco il feggia’" (Inf., XV, 37-39).

·  Vivono sotto la regola di doversi prosternare a terra nei momenti dovuti.

B5.6.  UN TERZO CASO DEL GIOCO DELL’ANAGRAMMA IMPERFETTO
Analizzando un po’ il nome di Ubertino, constatiamo che esso è riconoscibile anche in questa forma ridotta: UBERT–NO. Le lettere di tale forma di nome sono le seguenti: B,N,R,T,E,O,U.
   Per il nome di Brunetto facciamo così: tolta la lettera T, si produce una forma imperfetta ma sempre riconoscibile del nome originario, e cioè: BRUNET–O. E anche questa forma ridotta di nome contiene la stessa serie di lettere di sopra: B,N,R,T,E,O,U.

·  Hanno ambedue un nome che è riconoscibile in una configurazione delle seguenti lettere: B,N,R,T,E,O,U (UBERT–NO oppure BRUNET–O).

C.  DEFINIZIONE DELL’ELEMENTO OMOLOGO NR/DC 7
In uno spazio temporale che va dalle 12.00 del Primo giorno alle 6.00 di mattina del Secondo giorno il Discepolo e il Maestro incontrano uno spirito ardente. Prima d’incontrarlo hanno lasciato un luogo silvestre e una landa disperata.
   L’inizio dell’incontro è strutturato in base a questo schema: da una posizione inferiore lo spirito ardente guarda con attenzione Maestro e Discepolo che gli si avvicinano; si verifica da parte dello spirito ardente un atto di riconoscimento di uno dei due che conosce da molti anni, seguito da una breve esclamazione dove c’è anche un momento di meraviglia; lo spirito ardente tende una mano calda verso il Discepolo; questi scruta la faccia di lui.
   Durante l’incontro lo spirito ardente inveisce contro i dirigenti della stessa città di cui è cittadino.
   Lo spirito ardente ha una settantina di anni e ha il dono della profezia, ciò che dimostra al Discepolo; è un personaggio famoso e ha influenzato il modo di esprimersi di Dante Alighieri; vive sotto la regola di doversi prosternare a terra nei momenti dovuti e ha un nome che è riconoscibile in una configurazione delle seguenti lettere: B,N,R,T,E,O,U.

*
Facciamo infine qualche commento.
   Per quanto riguarda certe coincidenze tra Ubertino e Brunetto, riferite soprattutto nel punto B5, si potrebbe obiettare che non è stato Eco a costruirle, perché tutti e due sono dei personaggi storici. Ciò è vero, sì, ma bisogna anche ammettere che è stato Eco stesso a dirigere la scelta dei personaggi per il suo libro e anche il modo di come presentarli, mettendo l’accento – quando vuole – sui punti che gli sembrano più "interessanti": si pensi per es. ai punti B5.3-B5.5. In questo caso pare insomma che Eco abbia preso un pezzo già coniato dalla Storia per inserirlo, e con profitto, nella sua rete strutturale; cfr. in proposito anche l’uso del canto funebre Dies irae in I-2.2.5.11, punto B2.
   Per curiosità possiamo aggiungere che la seconda volta che Adso incontra Ubertino – il Terzo giorno dopo compieta – sembra che l’incontro NR già definito venga in qualche modo "consumato" in quanto il nuovo incontro contiene due altri punti di contatto (forse più) con l’incontro DC, uno dei quali riguarda proprio la fine "frettolosa" del canto XV, fine che abbiamo lasciare da parte in questo capitolo perché romperebbe la continuità temporale della scena. Rimandiamo comunque alla digressione IX.

Note

(1)  All’eventuale obiezione che la landa vista da Dante deve anche comprendere la zona dove si trova Brunetto, si potrebbe rispondere che Dante non poteva vedere ancora quella zona perché afferma chiaramente che quando lui e Virgilio incontrarono la schiera con Brunetto, non si vedeva più la selva dei suicidi (usciti dalla quale videro la "landa"): "Già eravam dalla selva rimossi / tanto, ch’i’ non avrei visto dov’era, / perch’io in dietro rivolto mi fossi, / quando incontrammo ..." (Inf., XV, 13-16). Non deve quindi essere erroneo dire che quando Dante dice di vedere una landa, descrive quella parte del gran sabbione che gli si presenta agli occhi proprio in quel momento, cioè la zona dei bestemmiatori. La zona dei ribelli alla natura (con Brunetto e altri) viene dopo.

(2)  Aggiunta nella nostra edizione del testo dell’Inferno. Sarebbe un li dativo, forma antica, in posizione enclitica.

(3)  Cfr. per es. la chiosa di Dino Provenzal al verso 124 del canto XII del Paradiso, in cui Dante fa una breve allusione ad Ubertino come rappresentante degli Spirituali (o Zelanti) della famiglia francescana: "gli Spirituali, capitanati da Ubertino da Casale (1259-1338), autore dell’Arbor vitae crucifixae a cui D. attinse alcune immagini parlando [nel canto XI] di san Francesco e della povertà" (Provenzal-Comm., p. 734).

(4)  Ricordiamo che il francescano Ubertino fu costretto a cambiare ordine dopo i processi agli spirituali ad Avignone (Marmo-Nome, p. 609); ciò che fece nel 1317 (Casini-Comm., p. 656).

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