I-2.2.5.8

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I-2.2.5.8.  ELEMENTO OMOLOGO NR/DC 13

Apparizione e fuga di un animale che rappresenta il diavolo

A.  OGGETTO DELL’ANALISI
Due scene notturne in cui si assiste all’apparizione e alla fuga improvvisa di un animale che rappresenta il diavolo. Definizione delle scene:
   Nella notte del Quarto giorno, dopo compieta, Adso e Guglielmo entrano insieme per la seconda volta nella biblioteca. Lì lavorano alcune ore leggendo le scritte sopra le porte, segnando sulla loro mappa i varchi e le pareti, registrando le iniziali dei versetti apocalittici, eccetera. Finito il lavoro, mentre ridiscendono nel refettorio sentono clamori dal di fuori. Lasciano presto l’Edificio, passano per l’ossario, entrano nella chiesa per l’altare girevole ed escono dalla chiesa attraverso il portale meridionale. Usciti che sono, vedono nel chiostro un gruppo confuso di persone, fiaccole ed arcieri (Nome, p. 330). Salvatore è stato preso dagli arcieri e così anche la ragazza senza nome. Altra gente accorre, monaci, l’Abate e Bernardo Gui. Quest’ultimo, da inquisitore sospettoso com’era, si rivolge a Salvatore, e la scena da definire comincia:

"Orsù, dico a te, miserabile," e strappava dal petto di Salvatore l’evidente involto che quello credeva di celare, "cos’hai lì dentro?"
   Io già lo sapevo: un coltello, un gatto nero che, aperto che fu l’involto, fuggì miagolando infuriato, e due uova, ormai rotte e viscide, che a tutti parvero sangue, o bile gialla, o altra sostanza immonda. (ibid., p. 331)
Indirizzando l’attenzione al gatto possiamo constatare che qui abbiamo a che fare con una scena rapida in cui un gatto appare improvvisamente prendendo la fuga dopo essere scoperto.
   La scena DC è quella in cui Dante, in compagnia di Virgilio e Sordello nella Valletta dei principi ("la picciola vallea"), racconta come vede un serpente il quale, insinuatosi furtivamente nella valletta, appare all’improvviso ma fugge non appena sente il rumore delle ali degli angeli guardiani che l’hanno scoperto e gli volano incontro per difendere la valle. Entriamo nel testo di Dante (Purg., canto VIII) nel momento in cui Virgilio gli sta spiegando il significato di alcune stelle:
Com’ei parlava, e Sordello a sé il trasse / dicendo: "Vedi là ’l nostro avversaro"; / e drizzò il dito perché là guardasse. / Da quella parte onde non ha riparo / la picciola vallea, era una biscia, forse qual diede ad Eva il cibo amaro. / Tra l’erba e’ fior venìa la mala striscia, / volgendo ad ora ad or la testa, e ’l dosso / leccando come bestia che si liscia. / Io non vidi, e però dicer non posso, / come mosser li astor celestïali; / ma vidi bene e l’uno e l’altro mosso. / Sentendo fender l’aere alle verdi ali, / fuggì ’l serpente, e li angeli dier volta, / suso alle poste rivolando iguali. (vv. 94-108)
Vernon riassume quello che accade: "The serpent appears, but being instantly attacked by the Guardian Angels, takes to flight" (Vernon-Purg., p. xli).

B.  ANALISI COMPARATIVA
Giorno e ora delle scene (B1) – Ciò che rappresentano gli animali fuggiti (B2) – Le guardie armate presenti nelle scene (B3) – Topologia dei luoghi delle scene (B4) – Definizione dell’elemento omologo NR/DC 13 (C).

B1.  GIORNO E ORA DELLE SCENE
Adso e Guglielmo erano presenti all’ufficio di compieta, che di regola comincia verso le 18.00 e finisce probabilmente tra le 18.30 e le 18.45 (cfr. I-2.2.5.6, punto B1). Dopo compieta Adso va a parlare con Salvatore che è uscito nell’orto, ma lo lascia presto seccato (quando egli comincia a parlare di una schifosa magìa che vuole fare insieme con la ragazza senza nome), dicendogli che "avrebbe fatto meglio ad andare a dormire" (Nome, p. 312). A quel punto doveva quindi essere intorno alle 19, l’ora in cui i monaci vanno a coricarsi (tabella IV). Dopo, Adso raggiunge Guglielmo per fare la seconda visita in biblioteca (ibid.). La visita durò "lunghe ore di lavoro" (p. 313).
   Per calcolare il tempo dell’attuale scena partiamo dalle 19 circa, aggiungendovi alcune "lunghe ore". Una cauta valutazione di queste "lunghe ore" (piene di lavoro) ci dà un tempo approssimativo di 3-4 ore. Se aggiungiamo ancora 15 minuti fino al momento in cui Adso e Guglielmo vedono il gatto fuggire, possiamo concludere che la scena NR avviene probabilmente tra le 22.15 e le 23.15. Per essere più sicuri possiamo aggiustare sia l’inizio che la fine di questo spazio temporale; abbiamo così: 22.00-23.30.
   La scena DC è descritta nel canto VIII del Purgatorio: è cioè il Quarto giorno (tabella III). Quanto all’ora, Vernon ci informa che quando il serpente appare, è "Easter Day [Quarto giorno], about 7.30 p.m." (Vernon-Purg., p. xli), cioè verso le 19.30.

·  Le scene hanno luogo il Quarto giorno, tra le 19.30 e le 23.30.

B2.  CIÒ CHE RAPPRESENTANO GLI ANIMALI FUGGITI
Alla scena del gatto nero fuggito e del gallo morto Bernardo Gui doveva certo sentirsi riempire di orgoglio professionale perché reagisce quasi subito da buon inquisitore:

"Ah ah!" esclamò Bernardo con tono di gran preoccupazione, "gatto e gallo nero... Ma io li conosco questi parafernali..." Scorse Guglielmo tra gli astanti: "Non li conoscete anche voi, frate Guglielmo? Non foste inquisitore a Kilkenny, tre anni fa, dove quella ragazza aveva commercio con un demone che le appariva sotto le specie di un gatto nero?" (Nome, p. 331)
Continua sulla stessa linea dicendo fra l’altro:
"E non è il gatto l’animale amato dai catari, che secondo Alano delle Isole si chiamano così proprio da ’catus’, perché di questa bestia baciano le terga ritenendole incarnazione di Lucifero? E non conferma questa disgustosa pratica anche Guglielmo d’Alvernia nel ’De legibus’? E non dice Alberto Magno che i gatti sono demoni in potenza? E non riporta il mio venerabile confratello Jacques Fournier che sul letto di morte dell’inquisitore Gaufrido da Carcassonne apparvero due gatti neri, che altro non erano che demoni che volevano dileggiare quelle spoglie?" (ibid., p. 332)
E gli astanti (ad eccezione di Guglielmo e Adso, e forse anche di qualcun altro) sentono orrore quando si rendono conto dei legami tra il gatto e il diavolo così eloquentemente esposti da Bernardo: "Un mormorio di orrore percorse il gruppo dei monaci, molti dei quali si fecero il segno della santa croce" (ibid.).
   Tutto sommato, non è esagerato affermare che in questa scena il gatto nero funziona come un buon rappresentante del diavolo.
   Nei versi già citati nella definizione della scena DC pare chiaro che il serpente (la "biscia" del verso 98) sia di origine diabolica, perché Sordello lo chiama "nostro avversaro" (v. 95), e Dante stesso non esita, se non a identificarlo direttamente, almeno a paragonarlo al serpente maligno che "diede ad Eva il cibo amaro" (v. 98). E per il "nostro avversaro", si legge per es. in Grabher-Purg., p. 77, che si tratta qui dell’"antico avversaro", ossia "il demonio tentatore, avversario degli uomini e del loro bene." Ma il gran diavolo stesso – lo sappiamo – si trova nel fondo gelato dell’Inferno; concludiamo perciò che il serpente, se non è proprio il diavolo, è almeno un suo rappresentante nel Purgatorio.

·  Gli animali fuggiti sono rappresentanti del diavolo.

B3.  LE GUARDIE ARMATE PRESENTI NELLE SCENE
Dopo l’arrivo di Bernardo Gui, il territorio dell’abbazia era sorvegliato la notte da guardie o, per essere più precisi, da "una compagnia di arcieri del re di Francia" (Nome, p. 152) che all’abbazia era agli ordini dell’inquisitore (p. 213). Avendo sentito rumori di traffici notturni tra l’esterno della cinta e le cucine, egli aveva comandato che gli arcieri pattugliassero "nottetempo l’intera spianata, con particolare attenzione per il viale che andava dal portale d’ingresso alla chiesa, la zona degli orti, e la facciata dell’Edificio" (p. 330). Erano queste guardie che avevano sorpreso Salvatore e la ragazza davanti all’Edificio (p. 331) e che, evidentemente, avevano poi portato la coppia nel chiostro per rapportare a Bernardo Gui il quale, a quanto pare (pp. 339-340), aveva il suo quartier generale nella sala capitolare sul lato sud dello stesso chiostro.
   Ora, per quanto riguarda gli arcieri dev’essere chiaro che erano armati, il che si legge anche qua e là nel manoscritto di Adso, per es. a p. 153 ("gli armati e chi li comandava") e p. 362 ("Quegli armati").(1) E dal fatto che erano "arcieri del re di Francia", si deduce che appartenevano al re francese, erano cioè guardie reali.
   Se le guardie della scena NR erano arcieri del re di Francia, le guardie della scena del Purgatorio erano invece "astor celestïali", ossia angeli dalle "verdi ali", come si legge nel passo citato nella definizione della scena (Purg. VIII, 104-106). Erano i due angeli a guardia della valletta, descritti da Dante nella prima parte del canto VIII: "e vidi uscir dell’alto e scender giue / due angeli con due spade affocate, / tronche e private delle punte sue. / Verdi come fogliette pur mo nate / erano in veste, che da verdi penne / percosse traean dietro e ventilate" (vv. 25-30). Da questa descrizione possiamo concludere senz’altro che gli angeli erano anche armate, sebbene le loro spade fossero "tronche e private delle punte" (ciò per dimostrare la misericordia di Dio (Espinasse-Mong.-Purg., p. 191)).
   Se vogliamo indagare anche sull’appartenenza degli angeli, basta una sola terzina del canto VIII per informarci: "’Ambo vegnon del grembo di Maria’ / disse Sordello, ’a guardia de la valle, / per lo serpente che verrà vie via’" (Purg., 37-39). Per decifrare il primo verso ricorriamo ancora una volta al commento di Espinasse-Mong.-Purg. (p. 193): "Dans l’Empyrée – le ciel le plus haut – la Vierge Marie tient sa cour parmi les anges et les saints: de ces demeures radieuses, sont descendus les deux envoyés qui viennent défendre la ’douce vallé’ contre le Serpent." Si sa pure che la Vergine Maria è considerata una regina. Si pensi ad es. alla preghiera "Salve, Regina, mater misericordiae". Anche i due angeli che venivano "del grembo di Maria" appartenevano quindi a un personaggio reale: erano in altre parole guardie reali. (Si osservi incidentalmente che una guardia reale non deve naturalmente appartenere esclusivamente a un re: si pensi per es. alle guardie reali inglesi.)

·  Sul luogo delle due scene sono presenti guardie reali armate.

B4.  TOPOLOGIA DEI LUOGHI DELLE SCENE
Del chiostro sappiamo che era come un luogo chiuso, anzi incassato, perché si trovava circondato su tre lati da grandi costruzioni: a nord dalla chiesa, ad est da una parte del transetto sud della chiesa e dal dormitorio dei monaci, e a sud dalla casa dei pellegrini, dalla sala capitolare e dalla casa dell’Abate (cfr. pianta I, dove, a quanto sembra, la casa dei pellegrini è indicata come un dormitorio (F)). Visti dall’interno del chiostro i muri di queste costruzioni dovevano indubbiamente sembrare come grandi pareti.
   Ad ovest c’era un porticato il quale, se interpretiamo bene il manoscritto di Adso, sembra aprirsi verso il giardino: "Nel giardino prospiciente il chiostro scorgemmo il vecchissimo Alinardo da Grottaferrata, che ... trascorreva gran parte della propria giornata tra le piante ... Sembrava non sentire freddo, e sedeva lungo la parte esterna del porticato" (Nome, p. 162). Il chiostro era quindi aperto da un lato.(2)
   Per la topologia del chiostro, dove avviene la scena NR, possiamo insomma dire che è un luogo incassato tra grandi pareti ma aperto da un lato.
   Vediamo ora se possiamo individuare le stesse caratteristiche anche nel luogo della scena DC.
   Abbiamo già avuto modo di constatare che il luogo della scena è la Valletta dei principi (cfr. la definizione della scena), la quale si trova incavata nel monte del Purgatorio, nell’Antipurgatorio. Nel canto VII Dante ne abbozza un ritratto descrivendo come lui stesso e Virgilio discendono nella valle guidati da Sordello, allo scopo di passarvi la notte:

Allora il mio segnor [Virgilio], quasi ammirando, / "Menane", disse [a Sordello], "dunque là ’ve dici / ch’aver si può diletto dimorando". / Poco allungati c’eravam di lici, / quand’io m’accorsi che ’l monte era scemo [incavato], / a guisa che i vallon li sceman quici. / "Colà", disse quell’ombra, "n’anderemo / dove la costa face di sé grembo; / e quivi il novo giorno attenderemo". / Tra erto e piano era un sentiero sghembo, / che ne condusse in fianco della lacca [cavità] (vv. 61-71)
Il piccolo gruppo (Dante, Virgilio e Sordello) s’avvicina a una valle fiorita "dove la natura stessa, nella brulla nudità dell’Antipurgatorio, fiorisce e acquista una soave vaghezza, che diletta non solo l’occhio ma l’anima" (Grabher-Purg., p. 65). Dante guarda giù e Virgilio fa una breve rassegna delle anime più note in questa parte della valle (i principi negligenti). Nel canto VIII appaiono gli angeli del "grembo di Maria" (vedi il punto precedente). Scendono ancora (incontrando fra l’altro Nino Visconti) fino al momento in cui Sordello interrompe Guglielmo e la scena con il serpente comincia (Purg., VIII, 94). Dunque, la valle della scena DC può essere descritto come un luogo incavato tra grosse pareti rocciose del monte del Purgatorio. Vernon ci dà una breve ma efficace descrizione della valle: "secluded valley" (Vernon-Purg., p. xli).
   Tuttavia, al pari del chiostro della scena DC, anche la Valletta dei principi è aperta da un lato, quel lato cioè da dove entra il serpente. Ascoltiamo ancora una volta i versi di Dante riportati nella definizione della scena (Purg., VIII, 95-102):
"Vedi là ’l nostro avversaro"; / e drizzò il dito perché là guardasse. / Da quella parte onde non ha riparo / la picciola vallea, era una biscia, forse qual diede ad Eva il cibo amaro. / Tra l’erba e’ fior venìa la mala striscia, / volgendo ad ora ad or la testa, e ’l dosso / leccando come bestia che si liscia.
Il serpente si era quindi insinuato attraverso una parte aperta (senza "riparo") della valle.

·  Le scene avvengono in un luogo incassato tra grandi pareti ma aperto da un lato.(3)

C.  DEFINIZIONE DELL’ELEMENTO OMOLOGO NR/DC 13
Il Quarto giorno, tra le 19.30 e le 23.30, si assiste all’apparizione improvvisa di un animale che rappresenta il diavolo e che fugge subito dopo essere scoperto. Sono presenti alla scena guardie reali armate. Il luogo della scena è incassato tra grandi pareti ma aperto da un lato.

Note

(1)  Nel suo manoscritto Adso non dice esplicitamente quale fosse il tipo di arma che gli arcieri portavano. Probabilmente si trattava dell’arca, ma si può anche supporre che fossero armate di lance, almeno come supplemento, perché nello strano sogno di Adso della mattina del Sesto giorno figura "una lancia di uno degli arcieri del re di Francia" (Nome, p. 432).

(2)  Guardando la mappa dell’abbazia (pianta I) si vede del resto che l’interno del chiostro è circondato sui lati nord, est e sud da linee che devono con ogni probabilità rappresentare i parapetti di porticati. Per verificare l’esistenza di almeno uno di questi parapetti, citiamo un passo del cap. "Secondo giorno, prima" in cui Adso riferisce un colloquio tra Guglielmo e Bencio "[Guglielmo] lo condusse nel chiostro. Ci sedemmo sul parapetto interno, tra due colonne" (Nome, p. 119).

(3)  Purtroppo non sappiamo se il chiostro dell’abbazia fosse pieno di verde come spesso sono i chiostri abbaziali (cfr. per es. quello dell’abbazia di Fossanova), perché allora avremmo potuto definire un altro punto in comune fra il chiostro in questione e la Valletta dei principi, la quale è anche chiamata "Valle fiorita" a causa dell’erba e dei fiori che vi sono a profusione (vedi per es. Purg., VII, 73-78).

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