I-2.2.3

Cap. I-1.1   I-1.2   I-1.3   I-1.4   I-2.1   I-2.2.1   I-2.2.2   I-2.2.3   I-2.2.4   I-2.2.5.1   I-2.2.5.2   I-2.2.5.3   I-2.2.5.4
I-2.2.5.5   I-2.2.5.6   I-2.2.5.7   I-2.2.5.8   I-2.2.5.9   I-2.2.5.10   I-2.2.5.11   I-2.2.5.12   I-2.2.5.13   I-2.2.6   I-2.3   I-3
Indice   I parte   II parte   III parte   Digressioni   Tabelle   Piante   Elenchi   Bibliografia

I-2.2.3.  ELEMENTO OMOLOGO NR/DC 4

Il territorio fatale

A.  OGGETTO DELL’ANALISI
Il Territorio fatale delle rispettive strutture d’origine. Per la definizione dei Territori, vedi I-2.1, fine.

B.  ANALISI COMPARATIVA
Le moli con il Paradiso Terrestre (B1) – Il pozzo collocato assialmente rispetto alle moli (B2) – La galleria sotterranea che va alle moli (B3) – La porta monumentale (B4) – Definizione dell’elemento omologo NR/DC 4 (C).

B1.  LE MOLI CON IL PARADISO TERRESTRE
Definizione delle moli (B1.1) – L’altezza delle moli (B1.2) – L’armonia numerica delle costruzioni delle moli (B1.3).

B1.1.  DEFINIZIONE DELLE MOLI
Prima di definire la mole del Territorio fatale NR è necessario fare una breve analisi introduttiva.
   Sul lato settentrionale del Territorio fatale NR si erge la mole impressionante dell’Edificio, il cuore dell’abbazia. In questa costruzione ci sono la cucina e il refettorio (primo piano), lo scrittorio (secondo piano) e la biblioteca proibita (terzo ed ultimo piano).(1) Ora, sul conto delle stanze della biblioteca sappiamo che sono contrassegnate da varie lettere con le quali si formano certi nomi geografici, come YSPANIA, HIBERNIA, GALLIA, e così via (pianta II). Fra tutte queste stanze ci sono anche quelle che con le loro lettere d’identificazione formano il FONS ADAE (vedi il torrione orientale nella medesima pianta). E per il Fonte d’Adamo è risaputo che esso equivale al Paradiso Terrestre: cfr. per es. quello che Guglielmo dice a Adso, commentando la serie delle stanze orientali del labirinto: "E che cosa abbiamo trovato al Fons Adae, e cioè nel paradiso terrestre" (Nome, p. 316). Si noti incidentalmente che la posizione orientale del FONS ADAE coincide perfettamente con quanto si richiede da un "Paradiso Terrestre"; ascoltiamo per es. San Tommaso che ci insegna: "Cum autem Oriens sit dextera caeli ... dextera autem est nobilior quam sinistra; conveniens fuit ut in orientali parte Paradisus terrenus institueretur a Deo" (Summa I, q. 102, a. 1, resp.(2)).
   Concludiamo: al terzo piano della mole dell’Edificio, cioè all’ultimo piano, si trova il Fons Adae, ossia il Paradiso Terrestre.

·  Procediamo adesso alla definizione della mole: con "mole NR" s’intende in seguito quella mole del Territorio fatale NR dove, all’ultimo piano, si trova il Paradiso Terrestre. La mole NR s’identifica in altre parole con l’Edificio.

Per arrivare alla definizione della corrispondente mole del Territorio fatale DC non bisogna analizzare molto: basta guardare la pianta VI, quella che raffigura il monte del Purgatorio; lì vediamo infatti che alla sommità dello stesso monte è situato il Paradiso Terrestre. Non occorrono altre giustificazioni del sito del Paradiso Terrestre dantesco.

·  Dunque: con "mole DC" intendiamo in seguito quella mole del Territorio fatale DC dove, all’ultimo ripiano, si trova il Paradiso Terrestre. Il Monte Purgatorio rappresenta quindi la mole DC.

Prima di continuare facciamo tre commenti:

1)  Il monte del Purgatorio come una mole. Speriamo che nessuno abbia obiezioni per il fatto che si usa la parola "mole" anche per il Monte Purgatorio; in italiano questa parola può infatti essere usata sia per gli edifici che per i monti grandiosi ed imponenti (si consulti qualunque vocabolario), sebbene per la "mole" di un monte l’accento si metta sull’impressione grandiosa.

2)  Il termine di "Purgatorio". Precisiamo che in seguito si riserverà la sola denominazione di "Purgatorio" per il Purgatorio vero e proprio, dove cioè si scontano i sette peccati capitali. Il "Monte Purgatorio" s’identifica quindi con il monte del Purgatorio, ossia il monte in cui si trovano non soltanto il Purgatorio vero e proprio ma anche l’Antipurgatorio e il Paradiso Terrestre. Per questa divisione, cfr. pianta VI. Avvertiamo tuttavia che spesso i commentatori usano indiscriminatamente il nome di "Purgatorio" sia per il monte del Purgatorio che per il Purgatorio stesso, cioè quello vero e proprio (si veda per es. pianta VII).

3)  Un altro "Purgatorio" sul Territorio fatale NR. Con le definizioni di sopra è chiaro che abbiamo creato un legame consistente fra il Monte Purgatorio dantesco e la sua costruzione corrispondente sul Territorio fatale NR, cioè l’Edificio. Ma non si sa bene se per caso o no, sullo stesso Territorio fatale NR c’è anche un’altra costruzione che potrebbe competere per la definizione di "corrispondente del Monte Purgatorio dantesco": è l’edificio dei balnea (vedi pianta I). La ragione perché proprio questi balnea possano competere è naturalmente che essi sono adibiti a purgare i corpi dei monaci ("I monaci le [le vasche] usavano per la loro igiene" (Nome, p. 258)); costituiscono cioè una costruzione veramente purgatoria, se prendiamo l’aggettivo "purgatorio" nel suo senso originario. Tuttavia, in confronto all’Edificio, i balnea dell’abbazia hanno ben poche altre cose in comune con il Monte Purgatorio della Commedia.

B1.2.  L’ALTEZZA DELLE MOLI
L’Edificio dell’abbazia non era tra i più bassi; anzi, guardato da certi punti (dalla parte settentrionale), sembrava raggiungere perfino il cielo. Adso racconta: "Dico che in certi punti, dal basso, sembrava che la roccia [su cui si ergevano i lati settentrionali dell’Edificio] si prolungasse verso il cielo" (Nome, p. 29).
   Anche il monte del Purgatorio è alto. Dante ce lo descrive: "Lo sommo er’alto che vincea la vista" (Purg., IV, 40). In un’altra descrizione ci tramanda l’immagine del Purgatorio come una mole che sembra anche protrarsi verso il cielo: "e diedi ’l viso mio incontro al poggio [il monte del Purgatorio] / che ’nverso il ciel più alto si dislaga" (ibid., III, 14-15). Dunque, agli occhi di Dante, dal punto dove egli guarda, il Monte Purgatorio pare alzarsi verso il cielo. Si può aggiungere che quest’altezza "’nverso il ciel" del Monte Purgatorio si confà perfettamente alla sua funzione di dirigere gli spiriti appunto verso il Paradiso e il suo sistema celeste.
   Per un’idea visiva del monte del Purgatorio, vedi per es. pianta III in cui si raffigura un monte di un’altezza che corrisponde più o meno alla profondità del cono dell’Inferno. Vernon commenta: "The Mountain of Purgatory is represented as being very similar in form to the great Cavity (conca) of Hell. It is like a truncated cone, and, while not having quite such huge proportions as Hell, is yet of so great an elevation as to soar beyond the Spheres of Air and the Fire, and to terminate only in the Sphere of the Moon" (Vernon-Inf., I, p. xxxvi).
   Quanto alle immagini del Monte Purgatorio si raccomanda tuttavia di stare attenti. In effetti, per scopi pedagogici questo monte è spesso raffigurato come un monte di un’altezza che si potrebbe dire normale (per es. sulla pianta VI). Ma con tale altezza normale si devia anche dalla verità proporzionale del Monte Purgatorio dantesco, che dev’essere altissimo; come si sa, il monte fu creato dalle masse rocciose della terra che fuggirono da Lucifero quando lui venne cacciato fino al centro della terra (vedi per es. Magugliani-Purg., p. 5). Va aggiunto che delle nostre piante (III, VI-VII) è solo la pianta III a raffigurare in modo più adeguato la "vera" altezza del Monte Purgatorio (a prescindere dalle altre anomalie strutturali che si possono identificare).

·  Guardate da certi punti le moli sembrano innalzarsi verso il cielo.

B1.3.  L’ARMONIA NUMERICA DELLE COSTRUZIONI DELLE MOLI
Considerando l’architettura dell’Edificio si può constatare che tutta questa mole rispecchia nei suoi elementi principali un ordine complicato ma armonico di numeri santi. Leggiamo per es. la descrizione dettagliata della struttura architettonica della costruzione che Adso fa già nelle prime pagine del suo manoscritto (cap. "Primo giorno, prima"):

Tre ordini di finestre dicevano il ritmo trino della sua sopraelevazione, così che ciò che era fisicamente quadrato sulla terra, era spiritualmente triangolare nel cielo. Nell’appressarvici maggiormente, si capiva che la forma quadrangolare generava, a ciascuno dei suoi angoli, un torrione eptagonale, di cui cinque lati si protendevano all’esterno – quattro dunque degli otto lati dell’ottagono maggiore generando quattro eptagoni minori, che all’esterno si manifestavano come pentagoni. (Nome, p. 29)
Adso continua mettendo l’accento sull’armonia numerica spirituale della mole: "E non è chi non veda l’ammirevole concordia di tanti numeri santi, ciascuno rivelante un sottilissimo senso spirituale. Otto il numero della perfezione d’ogni tetragono, quattro il numero dei vangeli, cinque il numero delle zone del mondo, sette il numero dei doni dello Spirito Santo" (ibid., pp. 29-30). Insomma, l’Edificio, cioè la mole NR, rispecchia chiaramente nella sua costruzione la serie di numeri santi: 3, 4, 5, 7, 8.
   Anche la mole DC, il Monte Purgatorio, ha una struttura che rispecchia una serie di numeri santi, fatto che certamente non è una novità per nessuno; e tra questa serie figurano anche certi numeri che corrispondono perfettamente a quelli definiti per la costruzione della mole NR. Possiamo così individuare nella struttura numerica del Monte Purgatorio anche la seguente serie di numeri: 3, 4, 5, 7, 8, e cioè:

–  tre il numero delle parti principali del monte del Purgatorio (pianta VI): l’Antipurgatorio, il Purgatorio con i sette gironi dei peccati capitali (vedi sotto), il Paradiso Terrestre;

–  quattro il numero dei tipi dei negligenti del secondo ripiano dell’Antipurgatorio. Per il sito del secondo ripiano dell’Antipurgatorio, vedi pianta VII. Quanto ai quattro tipi dei negligenti di quel ripiano, vedi per es. come Lodovico Magugliani li definisce (Magugliani-Purg., p. 6): quelli che "per pigrizia indugiarono a pentirsi alla fine della vita", quelli che "sopraggiunti da morte violenta, si convertirono in quel punto a Dio", quelli che "occupati in armi, in lettere o in politica, trascurarono la propria conversazione fino agli estremi della vita", quelli che "occupati dalle glorie mondane, riserbarono all’ultimo il rivolgersi a Dio" (la Valletta dei principi);

–  cinque il numero delle classi di peccatori nel monte del Purgatorio (pianta VII): scomunicati (primo ripiano dell’Antipurgatorio), negligenti (secondo ripiano dell’Antipurgatorio), amore perverso "che pecca per malo obietto" (gironi I-III del Purgatorio), amore deficiente "che pecca per manco di vigore" (girone IV), amore eccessivo "che pecca per troppo di vigore" (gironi V-VII);(3)

–  sette il numero dei peccati capitali purificati nei sette gironi del Purgatorio vero e proprio (pianta VII): superbia, invidia, ira, accidia, avarizia e prodigalità, gola, lussuria;

–  otto il numero dei ripiani del Monte Purgatorio dopo la porta di San Pietro, cioè dopo l’entrata stessa nel Purgatorio vero e proprio. Si tratta di tutti i ripiani dopo l’Antipurgatorio: sette per i peccati capitali e uno per il Paradiso Terrestre (pianta VI).

Va infine aggiunto che del Monte Purgatorio e delle sue numerosissime parti e frazioni è possibile reperire anche altre divisioni corrispondenti ai numeri menzionati sopra, anzi tante altre, tenendo conto anche del groviglio simbolico del Paradiso Terrestre. Ma sarebbe fuori luogo fare tale esame qui; basti aver prodotto almeno una serie di corrispondenze numeriche, serie che anche è facilmente reperibile quasi in ogni esposizione sommaria del Monte Purgatorio.

·  Le moli rispecchiano nella loro costruzione i numeri santi 3, 4, 5, 7, 8.

È naturalmente chiaro che i numeri dell’Edificio rappresentano una serie di cose, mentre quelli del Monte Purgatorio significano altre cose. L’essenziale è però che è possibile definire per ambedue le Moli un serie di numeri legati alla loro struttura architettonica.

B2.  IL POZZO COLLOCATO ASSIALMENTE RISPETTO ALLE MOLI
Nella già definita mole NR c’è una parte centrale che è vuota e forma una specie di pozzo. Adso ci racconta la sua prima visita nella costruzione: "Come entrai nella vasta cucina mi avvidi che l’Edificio generava al suo interno, e per tutta la sua altezza, una corte ottagonale; come appresi dopo si trattava di una sorta di gran pozzo, privo di accessi" (Nome, p. 77). Guardando ora la sezione dell’Edificio come essa appare nella pianta I, vediamo che il detto pozzo si trova proprio in mezzo alla costruzione; trattandosi poi di un elemento di costruzione che si estende per tutti e tre i piani, si può concludere che la posizione del pozzo è lineare rispetto all’asse centrale della costruzione dell’Edificio.
   Soffermandoci intorno a questo pozzo possiamo aggiungere quanto segue:

1)  Esso può essere definito come un pozzo di giganti. Per giustificarlo ricorriamo a un ragionamento di un tipo che si potrebbe quasi chiamare "pars in toto". A detta di Adso, sono stati i giganti a costruire l’Edificio; citiamo questi due passi che rientrano ambedue nella descrizione generale dell’abbazia:

Dico che in certi punti, dal basso, sembrava che la roccia [sulla quale si alzava l’Edificio] si prolungasse verso il cielo ... e diventasse a un certo punto mastio e torrione (opera di giganti che avessero gran familiarità e con la terra e col cielo). (p. 29)

Dio sa che non erano fantasmi dell’animo mio immaturo, e che rettamente interpretavo indubitabili presagi iscritti nella pietra, sin dal giorno che i giganti vi poser mano (p. 30)

Per quanto riguarda le parole "sin dal giorno che i giganti vi poser mano" dell’ultima citazione ci pare naturale che esse debbano essere interpretate in questo modo: sin dal giorno in cui i giganti posero mano alla pietra per costruirvi la mole dell’Edificio. Ora, se è vero che i giganti hanno costruito tutto l’Edificio, è altrettanto vero che ne hanno costruite anche le parti. E fra le parti dell’Edificio figura anche il pozzo. Insomma, il pozzo è, a quanto sembra, un’opera di giganti: con una semplificazione si tratta cioè di un pozzo di giganti.

2)  Il pozzo è senza accessi. Per questo fatto si rimanda alla citazione più sopra "Come entrai ecc." (Nome, p. 77), in cui leggiamo che il pozzo era appunto "privo di accessi".

Nel monte del Purgatorio non c’è, come è ben noto, nessun pozzo assiale dalle dimensioni o fattezze del pozzo dell’Edificio. Però, riflettendoci un po’, ci ricordiamo che proprio sulla linea assiale del Monte Purgatorio si trova realmente un pozzo bell’e fatto: è il pozzo dei giganti dell’Inferno. Per quanto riguarda la posizione di quel pozzo particolare precisiamo che, essendo il cono dell’Inferno nella sua totalità proprio sotto al Monte Purgatorio (vedi pianta III), cioè posizionato sull’asse lineare di esso, anche il pozzo dei giganti, che forma una delle "cinghie" dell’Inferno (cfr. le piante IV e V), è da definire come posizionato assialmente rispetto all’asse centrale del monte del Purgatorio.
   Per il pozzo dell’Edificio dell’abbazia abbiamo fatto un’analisi complementare che ci ha portati alla definizione di due caratteristiche in più. Vediamo ora che è possibile stabilire dirette corrispondenze fra queste caratteristiche e il pozzo dei giganti dell’Inferno:

1)  Anche il pozzo dell’Inferno è da definire come un pozzo di giganti: abbiamo infatti già definito questo pozzo come "pozzo dei giganti" (vedi sopra), custodito com’è dagli orribili giganti che vi formano una catena tutt’attorno (pianta V). (Per la denominazione comune di questo pozzo, cioè "pozzo dei giganti", si può del resto citare un gran numero di commentatori della Commedia, per es. Provenzal-Comm. (p. 302): "Pozzo dei giganti".)
   Bisogna tuttavia fare una precisazione sul "pozzo di giganti": nel caso del pozzo della mole NR l’espressione "di giganti" ha un significato che equivale più o meno a "fatto, creato, costruito da giganti"; per il pozzo dell’Inferno l’espressione va presa invece nel senso di "contenente giganti, pieno di giganti", oppure "legato (in qualche modo) a giganti".

2)  Anche il pozzo dei giganti era privo di accessi; era infatti impossible accedervi a causa di quella catena di giganti che lo circondava tutt’attorno. L’inaccessibilità del pozzo è anche ribadita dal fatto che, per entrarvi comunque, Dante e Virgilio devono ricorrere all’aiuto di uno dei giganti, Anteo, a cui Virgilio si rivolge chiedendogli di sollevarli e deporli in fondo al pozzo, cioè nel Cocito (vedi in particolare Inf., XXXI, 112-143).

·  In linea retta con l’asse centrale di ognuna delle moli c’è un pozzo. Sul conto dei pozzi constatiamo che possono essere definiti come pozzi di giganti e che sono privi di accessi.

B3.  LA GALLERIA SOTTERRANEA CHE VA ALLE MOLI
Per accedere all’Edificio esiste, a parte le altre entrate, anche un passaggio sotterraneo, una galleria, che inizia dall’altare della terza cappella della chiesa, dopo la navata laterale nord (vedi pianta I, dove si osserva una linea che potrebbe rappresentare approssimativamente il tracciato della galleria). Si tratta dell’ossario dell’abbazia, il quale, per usare le parole di Adso, "conduce all’Edificio" (Nome, p. 166). Per essere più precisi, esso termina nella cucina ("il corridoio [l’ossario] era finito, iniziava una nuova serie di scalini, percorsi i quali non avemmo che spingere una porta di legno duro rinforzata di ferro, e ci trovammo dietro al camino della cucina" (ibid.)). Per l’inizio della galleria si aggiunge che da un certo punto di vista esso può essere definito come posizionato proprio sotto la mole stessa; ci riferiamo ancora una volta alla pianta I, la quale, se appesa su un muro come una qualsiasi mappa geografica, raffigura la cappella con l’altare girevole appunto sotto al pozzo dell’Edificio.
   C’è anche un’altra cosa da menzionare sulla galleria: per entrarvi bisogna toccare un teschio, e più precisamente, quel "quarto teschio a destra" collocato sull’altare della cappella e dove si trova il meccanismo con cui si mette in moto lo stesso altare, il quale, girando su un pernio, scopre l’apertura della galleria. Adso racconta come Guglielmo e lui entrassero per la prima volta nell’ossario:

Ci appressammo alla terza cappella. La base dell’altare era veramente simile a un ossario, una serie di teschi dalle occhiaie vuote e profonde incutevano timore ai riguardanti ... Guglielmo ripeté a bassa voce le parole che aveva udito da Alinardo (quarto teschio a destra, spingi gli occhi). Introdusse le dita nelle occhiaie di quel volto scarnificato, e subito udimmo come un cigolio roco. L’altare si mosse, girando su un pernio occulto, lasciando intravvedere una apertura buia [l’apertura della galleria]. (ibid., pp. 165-166)
Sapendo che un teschio è un ben appropriato rappresentante della Morte, si può senz’altro fare questa conclusione intorno a quel toccare il teschio: per accedere alla galleria (l’ossario) bisogna toccare un rappresentante della Morte.
   Per arrivare alla mole DC (il Monte Purgatorio) c’è pure, come nel Nome della rosa, un passaggio sotterraneo. Questo passaggio è naturalmente identico alla galleria che va dal centro della terra (il luogo di Lucifero) fino alla spiaggia dell’isola del Monte Purgatorio. Ascoltiamo le parole di Tommaso Casini che riassume così il testo dantesco: "Poi Dante e Virgilio, oltrepassato il centro della terra, s’avviano su per uno stretto passo e riescono all’aperto a rivedere le stelle. ... Dante e Virgilio, uscendo all’aperto, si trovano nell’isoletta su cui si eleva il monte del Purgatorio" (Sommario della Divina Commedia, in Alighieri, Tutte le opere, p. 818). (Per il pertugio da dove escono "a riveder le stelle", cfr. pianta VI.)
   Per miglior precisione si deve aggiungere che il passaggio definito non conduce direttamente al Monte Purgatorio, bensì al luogo circoscritto (l’isola) dove ha sito il monte (cfr. sempre pianta VI); il passaggio è comunque, così ci pare, da definire come una via d’accesso per il monte in questione (perché una via d’accesso per es. di un palazzo può anche sfociare nel cortile o in altro spazio davanti allo stesso edificio).
   Completiamo la descrizione geografica della galleria sotterranea con il fatto che anche questa, come la galleria NR, ha un inizio che si trova proprio sotto la mole; cfr. per es. pianta III, dove si vede chiaro come la galleria cominci dal centro del mondo, sotto il Monte Purgatorio, ossia la mole DC.
   Per la galleria NR abbiamo constatato che l’accesso è possibile toccando un rappresentante della morte. Possiamo dire la stessa cosa della galleria della Divina Commedia? Diremmo di sì. In effetti Dante e Virgilio, per raggiungere l’entrata del passaggio che permette loro d’uscire dalla grotta infernale, devono salire su per Lucifero: devono cioè aggrapparsi al suo "folto pelo" e usarlo come una sorta di scala. Vediamo come Dante descrive la salita:
ed el [Virgilio] prese di tempo e luogo poste; / e quando l’ali [di Lucifero] furono aperte assai, / appigliò sé alle vellute coste: / di vello in vello giù discese poscia / tra ’l folto pelo e le gelate croste. / Quando noi fummo là dove la coscia / si volge, a punto in sul grosso dell’anche, / lo duca ... volse la testa ov’elli avea le zanche, / e aggrappossi al pel com’uom che sale, / sì che ’n inferno i’ credea tornar anche. / "Attienti ben, ché per cotali scale"/ disse ’l maestro ... "conviensi dipartir da tanto male." / Poi uscì fuor per lo foro d’un sasso, / e puose me in su l’orlo a sedere; (Inf., XXXIV, 71-86)
È evidente che uno che sale su per un oggetto, aggrappandovisi, eseguisce nello stesso tempo l’atto di toccare l’oggetto. Ed essendo poi quest’oggetto costituito da Lucifero, altro antichissimo rappresentante della Morte, è altrettanto evidente che se uno tocca Lucifero, tocca un rappresentante della Morte. Ed è proprio ciò che Virgilio (con Dante) fa. Quanto alla qualità di Lucifero di rappresentare la morte, ricordiamo che fu proprio lui a introdurre la morte nel mondo: "Invidia autem diaboli mors introivit in orbem terrarum" (Sap., 2:24).

·  In ognuno dei Territori c’è una galleria sotterranea che conduce alle moli; l’inizio delle gallerie è posizionato sotto le moli stesse; per entrare nelle gallerie bisogna toccare un rappresentante della Morte.

Forse sarebbe esagerato aggiungere che per entrare nella galleria c’è anche un momento di rotazione: nel Nome della rosa è l’altare che gira; cfr. in proposito la citazione "Nome, pp. 165-166" su come Adso e Guglielmo entrino per la prima volta nell’ossario: "L’altare si mosse, girando su un pernio occulto, lasciando intravvedere una apertura buia". Nella Divina Commedia sono Dante e Virgilio stessi a fare la rotazione: cfr. la citazione "Inf., XXXIV, 71-86" già allegata: "Quando noi fummo là dove la coscia / si volge, a punto in sul grosso dell’anche, / lo duca ... volse la testa ov’elli avea le zanche, / e aggrappossi al pel com’uom che sale, / sì che ’n inferno i’ credea tornar anche."

B4.  LA PORTA MONUMENTALE
Per entrare nell’abbazia c’è un portale. Adso descrive le sue prime impressioni dell’interno del monastero: "Dopo il portale (che era l’unico varco nelle mura di cinta) si apriva un viale alberato che conduceva alla chiesa abbaziale" (Nome, pp. 33-34). Di questo portale possiamo dire alcune cose in più:

1)  Guardando la pianta dell’abbazia (pianta I) vediamo che il portale rappresenta l’unica porta d’ingresso per chi viene dal territorio circostante e che esso è situato nella parte occidentale dell’abbazia. Per il primo fatto si può anche soggiungere che l’unicità del portale come porta d’ingresso viene ribadita da Adso stesso: "... era l’unico varco nelle mura di cinta" (citazione di sopra);(4)

2)  Volendo cogliere, per così dire, il carattere del portale è utile ricorrerre a un vocabolario; in questo caso possiamo usare Il Grande Dizionario Garzanti della lingua italiana, Milano 1988 (ristampa). Leggiamo lì, sotto la voce "portale", che un portale è "una porta monumentale di chiese e palazzi". In questa informazione – che si potrebbe completare dicendo "chiese, palazzi e altre costruzioni di grandi dimensioni" – sono interessanti soprattutto le parole "porta monumentale". Possiamo così concludere che il portale dell’abbazia è una sorta di porta monumentale.

Se vogliamo entrare nel mondo chiuso del Territorio fatale DC, c’è una famosa via d’ingresso: la porta dell’Inferno, quella porta cioè che reca la terribile scritta "Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate!". Si tratta insomma della porta attraverso cui Dante e Virgilio entrano nell’Inferno per cominciare il cammino oltretombano. Dante scrive: "PER ME SI VA NELLA CITTA’ DOLENTE ... LASCIATE OGNI SPERANZA, VOI CH’ENTRATE. / Queste parole di colore oscuro / vid’io scritte al sommo d’una porta" (Inf., III, 1-11).
   Sul conto della porta dell’Inferno diciamo anche questo:

1)  Per chi viene, per via terra, dal mondo fuori del Territorio fatale DC, la porta dell’Inferno rappresenta la sola porta d’ingresso, cosa che giustifichiamo in questo modo:
   Il Territorio fatale DC è composto da tre corpi principali: l’Inferno, il Monte Purgatorio e la galleria intermediaria (e sotterranea) che porta dal fondo dell’Inferno fino all’isola del Monte Purgatorio. Essendo questo monte posizionato su un’isola proprio in mezzo al gran mare dell’emisfero australe ossia dell’acqua (pianta III), il solo modo d’accedervi dal mondo esterno è per via mare o aerea. (Si osservi che la galleria sotterranea non conta in questo caso perché essa, essendo parte dello stesso Territorio fatale DC, non appartiene al mondo esterno.) Non c’è quindi nessun ingresso per via terra. E quanto alla galleria, constatiamo che vi si accede o dal Monte Purgatorio o dall’Inferno; l’entrata dal mondo esterno, per via terra, è dunque esclusa. Resta così l’Inferno, al quale si accede dal territorio del mondo di sopra esclusivamente per la porta dell’Inferno. Per l’esclusività di questa porta, cfr. praticamente qualunque pianta didattica dell’Inferno, per es. le piante IV e V.(5)

2)  Per quanto riguarda la posizione geografica della porta dell’Inferno, Dante non è chiaro. Boccaccio scrive nel suo commento alla Divina Commedia: "Domandavasi appresso dove sia l’entrata ad andare in questo inferno, con ciò sia cosa che l’autore, quella nel principio del III canto scrivendo, dove ella sia in alcuna parte non mostra" (Esposizioni sopra la comedia di Dante, Milano 1965, p. 14). Possiamo comunque supporre, come pare che anche Boccaccio abbia fatto, che Dante abbia avuto in mente uno dei luoghi indicati dai grandi autori antichi. Partendo da tale ipotesi ci sarà possibile produrre una breve lista di luoghi alternativi. E chi ci aiuterà a compilarla sarà lo stesso Boccaccio: vedi il suo elenco a pp. 14-15 delle Esposizioni. In base a quella lista possiamo quindi, per la posizione della porta dell’Inferno, scegliere fra le seguenti alternative: nella regione degli Sciti (Omero), presso il lago d’Averno (Virgilio), a Trenaron, un’"isola non guari lontana da quella estremità d’Acaia, la quale è più propinqua all’isola di Creti" (Stazio), nella regione vicino "all’entrata nel mar Maggiore [mar Nero]" (Pomponio Mela). Boccaccio completa poi la lista dicendo: "Altri dicon di Mongibello e di Vulcano e di simili, quello affermando con favole non assai convenienti alle feminelle" (p. 15). Ora, guardando la lista allo scopo di scegliere, possibilmente, fra le alternative proposte, vediamo subito che ce n’è una che spicca particolarmente presentandosi quasi come l’unica alternativa: è naturalmente la regione presso il lago d’Averno. E possiamo giustificare tale scelta con il semplice fatto che nell’Eneide Virgilio stesso fa discendere Enea agli Inferi proprio nella zona intorno a quel lago malsano (vedi Aeneidos, VI:236-263(6)). E nella Divina Commedia è lo stesso Virgilio che fa da guida a Dante, conducendolo per prima cosa, senza la minima esitazione, direttamente alla porta dell’Inferno. Facciamo perciò la riflessione che sarebbe stato strano se Virgilio, pratichissimo com’era degli Inferi e dei suoi componenti, senza nessun commento o altro, avesse portato Dante ad una porta situata diciamo nella regione degli Sciti.
   La scelta suggerita viene poi ulteriormente confermata dalla vecchia tradizione latina che, come sappiamo, spesso ricorre proprio alla parola "Avernus" per designare il regno dell’Inferno, uso che è stato tramandato anche nell’italiano moderno. Cfr. anche altre testimonianze, per es. Petit Larousse illustré 1990 (Paris), dove sotto la voce "AVERNE" si legge: "lac d’Italie, près de Naples ... Dans l’Antiquité, on le considérait comme l’entrée des Enfers".
   Da questa serie d’indizi non ci pare troppo ardito supporre che con ogni probabilità l’entrata dell’Inferno dantesco fosse proprio nei pressi del lago d’Averno.
   Ma ritornando a quello che ci interessa: il sito di quest’entrata, è da definire "ad oriente" oppure "ad occidente"? Prima di rispondere bisogna stabilire che cosa s’intenda realmente con tali espressioni, tanto più che nel Medioevo i concetti base delle cose geografiche erano in parte differenti rispetto ad oggi; pensiamo fra l’altro – riferendoci naturalmente al nostro caso attuale della porta infernale – al meridiano fondamentale (long. ±0º), linea che oggi attraversa Greenwich ma che al tempo di Dante attraversava invece Gerusalemme. A questo proposito citiamo Edward Moore: "Jerusalem was in the system of Dante, as of the other authers we have referred to, and indeed in general mediaeval belief, the omphalós tês ghês(7) [punto di mezzo del mondo], and this is therefore the ’Greenwich’, so to speak, of Dante’s computations of longitude" (Moore, The date assumed ecc., p. 68). Da tale concezione del punto di mezzo del mondo deriva che "The Northern Hemisphere was symmetrically divided into two parts, Asia in the east, and Europe and Africa in the west" (ibid., p. 66). E con quest’ultima frase ("Europe and Africa in the west") abbiamo risposto alla nostra domanda.
   Concludiamo infine per la posizione della porta dell’Inferno dantesco: Con ogni probabilità essa è da collocarsi nella zona del lago d’Averno, zona che secondo la concezione medievale è situata ad occidente.

3)  Le parole scritte al di sopra della porta ("PER ME SI VA ecc.") costituiscono una sorta di ammonimento per chi entra; concludiamo pertanto che la porta è da definire come una porta monumentale, se prendiamo "monumentale" nel suo senso di "che avverte, che ammonisce", secondo "monumentale" = "di monumento", dove "monumento" è "ciò che costituisce un segno evidente ... che ... vuole significare una minaccia, un monito, un richiamo" (Battaglia, op. cit., voce "monumento", significato 6); cfr. pure il verbo latino "monere" = avvertire, ammonire, ecc.

·  Ogni Territorio è dotato di una porta monumentale situata nella parte occidentale dello stesso Territorio; la porta rappresenta per chi viene per via territoriale la sola porta d’ingresso del Territorio.

C.  DEFINIZIONE DELL’ELEMENTO OMOLOGO NR/DC 4
Il Territorio fatale è un territorio circoscritto in cui sono riconoscibili:
   1)  una mole (in seguito chiamata la Mole) con queste caratteristiche: al suo piano superiore si trova il Paradiso Terrestre. Guardata da certi punti sembra innalzarsi verso il cielo. Rispecchia nella sua costruzione i numeri santi 3, 4, 5, 7, 8;
   2)  un pozzo situato in linea retta con l’asse centrale della Mole comprendente il Paradiso Terrestre; il pozzo è da definire come una sorta di pozzo di giganti; è privo di accessi;
   3)  una galleria sotterranea (chiamata in seguito la Galleria sotterranea) che conduce alla Mole; l’inizio della galleria è posizionato sotto la Mole stessa; per entrare nella galleria bisogna toccare un rappresentante della Morte;
   4)  una porta monumentale che è situata nella parte occidentale dello stesso territorio e che rappresenta, per chi viene da fuori per via terra, la sola porta d’ingresso.

*
Dopo l’analisi dei due territori che ci ha portato a definire l’elemento omologo NR/DC 4, vorremmo fare un commento finale: è interessante infatti vedere come il costruttore della pianta dell’abbazia sia riuscito a creare questa buona combinazione di elementi che così elegantemente legano i due territori l’uno all’altro: si tratta cioè di una serie tutta breve i cui elementi sembrano seguire certe tappe del cammino di Dante, tappe che sono poche sì, ma nello stesso tempo assai significative in quanto rappresentano bene il principio, la fine e la parte centrale del cammino di Dante insieme con Virgilio. Ecco le tappe dantesche:
la porta d’ingresso che conduce all’Inferno, contraddistinto fra l’altro per mezzo del pozzo dei giganti; poi la galleria sotterranea che comincia dalla Morte e porta al Monte Purgatorio con la sua complicata struttura numerica e alla cui cima si trova il Paradiso Terrestre; e da qui si leva ai cieli del Paradiso.
Ecco gli elementi corrispondenti nel Nome della rosa:
la porta monumentale – il pozzo dell’Edificio – la galleria che "comincia da un teschio" e conduce all’Edificio – l’Edificio stesso con la sua intrecciata costruzione e al cui piano superiore si trova il Fons Adae, cioè il Paradiso Terrestre – l’altezza dell’Edificio che da certi punti sembra alzarsi verso il cielo.
Facciamo un altro commento sul pozzo dell’Edificio: può trattarsi di un caso, ma quella del pozzo come elemento rappresentante l’Inferno sembra una scelta perfetta; infatti, nei drammi antichi francesi l’Inferno era descritto proprio come un pozzo; cfr. per es. Vernon: "Tommaséo points out that in old French dramas Hell was depicted as a pit or well, constructed of black stones" (Vernon-Inf., I, p. 532).
   Per le corrispondenze fra i due territori, vedi anche I-2.3, sez. 3, riassunto B.

Note

(1)  Per questa divisione tripartita dell’Edificio ecco alcune testimonianze esplicite: I piano: cucina + refettorio: "ma la cucina occupa solo la metà occidentale del primo piano, nella seconda metà vi è il refettorio" (Nome, p. 77); II piano: scrittorio: "Arrivati al sommo della scala entrammo, per il torrione orientale, allo scriptorium ... Il secondo piano non era bipartito come quello inferiore" (p. 79); III ed ultimo piano: biblioteca: "Quanto al terzo piano, dove un tempo e per centinaia di anni v’era stato il labirinto [la biblioteca], era ormai praticamente distrutto" (p. 494); "Potrete aggirarvi per tutta l’abbazia, ho detto. Non certo per l’ultimo piano dell’Edificio, nella biblioteca" (p. 43).

(2)  Per la Summa Theologiae e le sue parti rimandiamo alla bibliografia.

(3)  I termini di "amore perverso", "amore deficiente" e "amore eccessivo" sono stati presi dall’introduzione di una delle innumerevoli edizioni commentate della Commedia (vedi Lucchi-Comm., p. 23).

(4)  Benché il portone rappresenti, come dice Adso, l’"unico varco nelle mura di cinta", ci sono evidentemente anche altre entrate; lo ammette per es. Remigio conversando con Guglielmo che sta indagando sulla morte di Venanzio:

"Quella sera cercavo cibo da regalare alla giovane che Salvatore doveva far entrare nella cinta..."
   "Da dove?"
   "Oh, la cinta delle mure ha altre entrate, oltre al portale. Le conosce l’Abate, le conosco io..." (Nome, p. 277).
Ebbene, queste "altre entrate" non erano certo delle porte normali, ma piuttosto pertugi o altri tipi di entrate meno convenzionali; non sarà quindi troppo ardito affermare che non dovevano avere carattere di porte d’ingresso; e, in conseguenza di ciò, non dovevano neppure competere per il titolo di "unica porta d’ingresso".

(5)  Si deve tuttavia ammettere che esistevano naturalmente anche altri canali per entrare nell’Inferno. Si pensi fra l’altro alle lacrime del gran veglio del monte Ida di Creta, lacrime che formano i primi tre fiumi infernali (Inf., XIV, 115-116). Ma le lacrime non entrano di sicuro nella grande voragine dell’Inferno attraverso una porta.

(6)  Secondo il testo in Vergilius, Opera, Oxford 1969, pp. 103-422.

(7)  Nel testo di Moore la ó è breve, e le e sono lunghe (cioè eta con accento circonflesso).

capitolo precedente   successivo

top