(I-2)    I-2.1

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I-2.  LA STRUTTURA OMOLOGA NOME DELLA ROSA/DIVINA COMMEDIA

La struttura omologa NR/DC che si definisce in questa parte del lavoro consiste di 19 elementi omologhi. Gli elementi saranno chiamati elementi omologhi NR/DC 1, 2, 3, ecc. Fra tutti gli elementi omologhi il primo è un elemento di base, gli altri sono elementi complementari. Della distinzione fra elemento omologo di base e elemento complementare si è già parlato (I-1.4, sez. 2). L’elemento di base è definito nel capitolo che segue, e gli elementi complementari in I-2.2.

I-2.1.  ELEMENTO OMOLOGO DI BASE:  NR/DC 1

I Sette giorni

A.  OGGETTO DELL’ANALISI
Nell’analisi per l’elemento omologo di base (NR/DC 1) faremo un confronto generale tra due parti centrali delle strutture d’origine, parti che consistono ambedue di un periodo temporale di sette giorni consecutivi. I due periodi dei rispettivi sette giorni si definiscono così:

1)  Il periodo dei sette giorni della struttura NR equivale ai sette giorni del manoscritto di Adso: si tratta di quei sette giorni dell’anno 1327 in cui due persone, il giovane novizio benedettino Adso da Melk e il più vecchio monaco francescano Guglielmo da Bascavilla, stanno insieme in un’abbazia dell’Italia del Nord dove accade, durante la lora permanenza, una serie di vicende assai drammatiche.

2)  Il corrispondente periodo della struttura DC è rappresentato dai primi sette giorni del cammino visionario di Dante, ovvero quei giorni del 1300 in cui Dante e Virgilio camminano insieme per i primi due regni del mondo dell’Oltretomba (l’Inferno e il Purgatorio), dove assistono (come ben sappiamo) a una lunga serie di vicende drammatiche. Vedi anche tabella III.

I due periodi di sette giorni saranno in seguito chiamati rispettivamente i Sette giorni NR e i Sette giorni DC.

Data l’importanza di queste definizioni iniziali ci pare bene chiarire su qualche punto prima di continuare:

–  Le espressioni "stare insieme" e "camminare insieme"
Queste espressioni vanno naturalmente prese in senso generico, cioè nel senso che Adso e Guglielmo, e Dante e Virgilio, stanno insieme come compagni e amici, non proprio tutto il tempo (ogni ora o minuto), ma per la massima parte di questo tempo.

–  Il periodo preciso della permanenza di Adso e Guglielmo all’abbazia
Adso non dice mai esplicitamente che lui e Guglielmo lasciarono l’abbazia proprio il settimo giorno; per arrivare tuttavia ai sette giorni bisogna perciò esaminare il testo un po’ più da vicino. Rimandiamo alla digressione III.

–  L’anno del cammino di Dante
Come noto esiste anche un anno alternativo per il viaggio dantesco: il 1301. Ma per il 1300 versus il 1301, cfr. per es. il commento di William Vernon:

There is great divergence of opinion among the Commentators of the Divina Commedia in establishing the assumed date of the journey through the worlds unseen, which forms the subject of the poem. By far the larger number have thought that the time indicated is the spring of the year 1300. A much smaller number contend it to be 1301. (Vernon-Inf., I, pp. xlvii-xlviii)(1)
È  inutile ricordare che quest’opinione è valida tuttora. (Per chi voglia approfondire l’argomento dell’anno preciso del cammino di Dante, si può suggerire per es. il saggio Moore, The date assumed by Dante for his vision of the Divina Commedia, in idem, Studies in Dante, terza serie, Oxford 1903, pp. 144-177.)

–  La galleria tra l’Inferno e il Purgatorio
Qualcuno forse si domanda dove si colloca territorialmente la galleria che va dal centro dell’Inferno alla sponda del Purgatorio e per la quale Dante e Virgilio s’incamminano durante il terzo e parte del quarto giorno (cfr. tabella III). È evidente che essa appartiene al sistema complessivo dei due regni; da un punto di vista geometrico e territoriale costituisce pertanto un corridoio comune sia all’Inferno che al Purgatorio, con la funzione di congiungere i due regni in modo da formarne un complesso spaziale continuo: imbuto + canale + cono. Per questa funzione va del resto sottolineato che anche se la galleria probabilmente non fu usata se non dalla coppia Dante e Virgilio (ed eventualmente ancora da Virgilio che ritornava solo dal cammino insieme con Dante), essa rappresentava sempre un corridoio o canale che funzionava. (Alla galleria ritorneremo più avanti in I-2.2.3, punto B3).

Dopo questi commenti, continuiamo l’analisi.

B.  ANALISI COMPARATIVA
Carattere generale dei luoghi (B1) – Relazione personale tra i due compagni (B2) – Qualità generale delle vicende accadute (B3) – Definizione dell’elemento omologo NR/DC 1 (C).

B1.  CARATTERE GENERALE DEI LUOGHI
Se vogliamo caratterizzare in modo generale il territorio dell’abbazia, si possono usare due aggettivi: chiuso e fatale. Per il carattere chiuso basta guardare la piantina del territorio abbaziale (pianta I). Ma disponiamo anche di alcune parole significative di Eco stesso, che nelle Postille si esprime così sulla scelta del teatro per le vicende del suo libro: "Volevo un mondo chiuso, un universo concentrazionario ... Dunque un’abbazia benedettina" (p. 516).
   Per giustificare la scelta dell’aggettivo "fatale" ricordiamo che tutta la serie degli eventi più drammatici (in primo luogo le differenti morti e l’ecpirosi finale), avvenuti all’abbazia durante la permanenza dei Sette giorni, pareva seguire un certo ordine divino, l’ordine dell’Apocalisse. (Per il tema dell’Apocalisse, vedi del resto digressione XVI.) Il "dramma" dell’abbazia era stato insomma stabilito, in qualche modo a noi ignoto, dal Destino o dal Fato: l’abbazia era cioè un tipico luogo fatale.
   La qualità fatale del territorio è anche sottolineata dal fatto che esso è oggetto della punizione divina; cfr. il commento del vecchio Adso sulla distruzione irrimediabile dell’abbazia nella grande ecpirosi finale: "Già nella mattinata del settimo giorno della nostra permanenza in quel luogo, quando ormai i superstiti si avvidero che nessun edificio poteva più essere salvato ... a quel punto mancò a ciascuno la volontà di combattere contro il castigo divino" (Nome, p. 499). Ricordiamo pure che sulla copertina dell’edizione da noi usata (vedi la bibliografia) c’è un’immagine di un piccolo borgo con case e torri che crollano e sulle quali si vede in una nuvola scura un angelo volante che sembra lanciare un anatema, proprio come un angelo castigatore alla fine dei tempi.
   Il luogo della permanenza dei Sette giorni DC comprende, come già detto, il territorio complessivo dell’Inferno e del Purgatorio. Per tutto questo complesso spaziale è facile dire che esso rappresenta un mondo che non soltanto è chiuso ma anche tutto pregno di ordine divino; e un luogo chiuso dove regna così ferreamente la legge di Dio è proprio un luogo fatale. A questo riguardo non dobbiamo dimenticare le parole di Virgilio che nel canto V dell’Inferno, rivolgendosi a Minosse che vuole impedire a Dante di entrare nell’Inferno, definisce in questo modo il cammino del suo alunno: "Perché pur gride? / Non impedir lo suo fatale andare: / vuolsi così colà dove si puote / ciò che si vuole" (Inf., V, 21-24). Non bisogna certo aggiungere che l’aggettivo "fatale" va qui preso nel senso di "stabilito dal fato o dal destino"; cfr. per es. la spiegazione di Dino Provenzal: "voluto da una forza ineluttabile" (Provenzal-Comm., p. 38).
   Al pari del territorio della struttura NR, anche quello della struttura DC è oggetto della punizione divina. Per l’Inferno non occorrono chiarimenti; per il Purgatorio si può constatare semplicemente che la purgazione dantesca, in quanto espiazione dei peccati, contiene naturalmente anche un momento di punizione. Di ciò le anime del Purgatorio sono del resto molto consce; cfr. ad es. questa terzina di Stazio: "Or sappi ch’avarizia fu partita / troppo da me, e questa dismisura / migliaia di lunari hanno punita" (Purg., XXII, 34-36). Sapegno interpreta e spiega: "questo eccesso è stato da me espiato con una pena durata migliaia e migliaia di lunazioni: cinquecento anni e più" (Sapegno-Comm., II, pp. 246-247). Ma bisogna naturalmente aggiungere che la punizione del Purgatorio portava ad una purgazione dell’anima, con la speranza del Paradiso celeste. Nell’Inferno nessuna speranza confortava le anime dannate, neppure di "minor pena".

·  Ognuno dei luoghi della permanenza dei Sette giorni aveva carattere di territorio chiuso e fatale, oggetto della divina punizione.

B2.  RELAZIONE PERSONALE TRA I DUE COMPAGNI
Volendo definire la relazione che esiste tra Adso e Guglielmo, si può dire che fra tutte le relazioni possibili spicca in primo luogo quella del discepolo-maestro. Per la qualità di discepolo da parte di Adso, cfr. la descrizione del suo ruolo rispetto a Guglielmo prima dell’entrata nell’abbazia: "[I miei genitori] decisero di pormi accanto a un dotto francescano, frate Guglielmo da Baskerville, il quale stava per iniziare una missione che lo avrebbe portato a toccare città famose e abbazie antichissime. Divenni così suo scrivano e discepolo al tempo stesso" (Nome, pp. 21-22). Per la qualità di maestro da parte di Guglielmo rispetto ad Adso, cfr. tutte le volte in cui il giovane Adso (il discepolo) usa il titolo di "maestro" quando parla di lui o quando gli si rivolge direttamente, per es.: "’Mio buon Adso’, disse il maestro" (p. 31), "’Chiare, maestro’, gli domandai" (p. 124), "’Dipende ...’ mi disse il maestro" (p. 127), ecc. ecc.
   Anche per la coppia Dante-Virgilio c’è una relazione di tipo discepolo-maestro. Come si sa, Dante considera Virgilio suo maestro durante tutto il loro cammino insieme; si notino per es. questi detti di Dante relativi a Virgilio: "Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore" (Inf., I, 85); "Lo buon maestro disse" (ibid., VII, 115); e così via. Sappiamo pure che lungo il loro cammino insieme, Dante è (normalmente) la parte che domanda, Virgilio quella che risponde; si può rimandare per es. ai noti versi 46-69 del canto V dell’Inferno: "E come i gru van cantando ecc.". Ora, uno che riceve insegnamenti da un maestro, è per definizione suo discepolo. Si rammenti del resto l’origine della parola "discepolo": discere = imparare.

·  La relazione tra i due compagni era in tutti e due i casi di tipo discepolo-maestro.

B3.  QUALITÀ GENERALE DELLE VICENDE ACCADUTE
Per la qualità delle vicende accadute all’abbazia durante la permanenza dei Sette giorni NR si può affermare, generalmente parlando, che erano sia mirabili che tremende; cfr. per es. queste parole di Adso, inserite nel prologo del manoscritto: "Giunto al finire della mia vita di peccatore ... mi accingo a lasciare su questo vello testimonianza degli eventi mirabili e tremendi a cui in gioventù mi accadde di assistere" (Nome, p. 19).
   Anche ciò che accadde nell’Inferno e nel Purgatorio durante i primi sette giorni del cammino di Dante fu di tipo "mirabile e tremendo". Non dovrebbe essere necessario giustificare quest’affermazione. Per ogni eventualità ricordiamo tuttavia qualche passo illustrativo (due occasioni):

–  cosa mirabile che incute ammirazione e stupore: Dante e Virgilio si trovano nel Paradiso Terrestre e camminano, guidati da Matelda, lungo le sponde del fiume Lete. Ad un tratto si vede nel bosco una gran luce e si sentono dolci voci: è la mistica processione dei sette candelabri che avanza. Innanzi a questa visione, ecco le parole di Dante: "Io mi rivolsi d’ammirazion pieno / al buon Virgilio, ed esso mi rispose / con vista carca di stupor non meno" (Purg., XXIX, 55-57);

–  cosa tremenda che incute paura: Dopo aver attraversato l’ultima bolgia dell’ottavo cerchio dell’Inferno, Dante e Virgilio giungono al gran pozzo che trovano custodito da terribili giganti. Dante dice:

Come quando la nebbia si dissipa, / lo sguardo a poco a poco raffigura / ciò che cela il vapor che l’aere stipa, / così forando l’aura grossa e scura, / più e più appressando ver la sponda, / fuggìemi errore [di crederli torri] e crescìemi paura; / però che ... [’n](2) la proda che ’l pozzo circonda / torreggiavan di mezza la persona / li orribili giganti (Inf., XXXI, 34-44).
(Talvolta si assiste perfino a qualche scena carica sia di meraviglia che di orrore: vedi per es. Inf., XXXIV, 22-38.)

·  Ciò che accade durante i Sette giorni è di tipo mirabile e tremendo.

C.  DEFINIZIONE DELL’ELEMENTO OMOLOGO NR/DC 1 (DI BASE)
Durante sette giorni consecutivi dei primi tre decenni del Trecento accade che due persone, un maestro e un suo discepolo, stiano insieme in un territorio chiuso e fatale, oggetto della divina punizione. Lì accade, durante i giorni di permanenza, una serie di vicende mirabili e tremende.

*
In questo primo elemento omologo ci sono alcune componenti che ricorreranno anche in seguito. Sarà pertanto utile identificarle in qualche modo. Lo faremo così:

–  i sette giorni di permanenza nel territorio fatale = i Sette (1-7) giorni
–  il maestro dei sette giorni = il Maestro
–  il suo discepolo = il Discepolo
–  il territorio fatale = il Territorio fatale

Per comodità useremo in seguito queste denominazioni anche per i relativi elementi delle due strutture d’origine. Così, per dare un esempio, parlando del Discepolo NR, s’intenderà Adso; e così via.
   Notiamo pure che con questi Sette giorni si avverte quasi un’atmosfera biblica intorno alle vicende accadute sul Territorio fatale.

Note

(1)  Ci sono, come ben si sa, tanti commenti della Commedia di Dante. Come commento principale abbiamo scelto quello noto di Vernon ("Vernon’s Dante Readings"). Il suo lavoro comprende complessivamente sei volumi, di cui i primi quattro (Readings on the Inferno of Dante, II ed., London 1906, e Readings on the Purgatorio of Dante, III ed., London 1907, qui: Vernon-Inf., I-II, e Vernon-Purg., I-II) sono di oltre 2.600 pagine, inclusa una traduzione in inglese del testo dantesco. Abbiamo scelto Vernon soprattutto perché è un lavoro "totale": glosse tradizionali (spesso molto approfondite), spiegazioni su quanto avviene durante il cammino dantesco, commenti sull’arco temporale del cammino, brevi riassunti, ampi registri, riferimenti a commenti classici, in primo luogo a quello di Benvenuto da Imola che anche costituisce la base per il lavoro di Vernon, digressioni su vari soggetti, piante e figure, ecc. Per controllo e come supplemento siamo naturalmente ricorsi anche ad altri commenti, come quelli di Cataldo/Luperini (Firenze 1989), Provenzal (XI ed., Verona 1963), Sapegno (I ed., Firenze 1957 (ristampa)), Casini (V ed., Firenze 1920), e altri ancora; rimandiamo alla bibliografia.

(2)  Le parentesi quadre nell’edizione usata.

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