II-2.2.1.7

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II-2.2.1.7.  ELEMENTO OMOLOGO NR-bis/TR 8

I riti funebri per il principe caduto

A.  OGGETTO DELL’ANALISI
La mattina del Sesto giorno (Sesta unità di tempo) Adso va alla chiesa per partecipare ai riti funebri per il morto bibliotecario che giace su un catafalco nella navata, sul quale era stato disteso qualche ora prima (Nome, p. 418). Sedutosi in fondo alla chiesa segue con le labbra il coro dei monaci oranti. Dopo un po’ il coro intona il Dies irae e Adso, già sonnolento, si addormenta del tutto (p. 429). (Durante il canto Adso ha lo strano sogno caotico descritto alle pagine 429-438). Poi si sveglia mentre terminano le ultime parole del canto funebre (p. 438).
   La scena corrispondente delle Troiane è quella del quinto "atto" (Sesta unità di tempo) in cui Ecuba e le donne troiane eseguiscono un rito funebre per il morto Astianatte, il giovane figlio di Ettore e Andromaca. Poco prima il corpo del ragazzo è stato portato da guerrieri greci e consegnato a Ecuba, sua nonna, la quale è al centro dei lamenti della scena. Leggiamo nelle Troiane, pp. 131-133:

Coro:  Ecco le donne: hanno preso degli oggetti dal bottino di Troia e li portano per ornare il morto.
Ecuba:  Figlio mio ... tua nonna ti offre questi preziosi ornamenti solo perché sei morto. È quello che resta di tutta la tua ricchezza. ...
Coro:  Queste parole mi straziano il cuore!
Povero Astianatte,
tu dovevi diventare un grande re!
Questa era la mia speranza!
Ecuba:  Queste vesti preziose avresti dovuto indossarle il giorno del tuo matrimonio, per sposare la più nobile delle principesse dell’Asia, e invece le uso per rivestire il tuo cadavere! ...
Coro:  Che strazio!
La terra ti raccoglierà, piccolo mio.
E tu, madre, grida il tuo dolore!
Ecuba:  Povera me!
Coro:  Intona il lamento dei morti!
Ecuba:  Che sventura la mia!
Coro:  Sì, le tue disgrazie sono davvero terribili!
...
Ecuba:  Andate, seppellite questo sventurato. Ecco: è tutto a posto come vuole il rito funebre...
Nell’analisi che segue ci interesseremo in primo luogo allo stato, alla morte e alle esequie del bibliotecario e del piccolo nipote di Ecuba.

B.  ANALISI COMPARATIVA
I principi (B1) – La morte (B2) – Il letto funebre (B3) – Definizione dell’elemento omologo NR-bis/TR 8 (C).

B1.  I PRINCIPI
In vita Malachia non era principe di nascita ma era uno dei primi dell’abbazia, uno che aveva grande potere di comandare, soprattutto nelle cose che riguardavano la biblioteca. E come bibliotecario era uno dei pochissimi che avevano conoscenza dei segreti della biblioteca; accanto all’Abate poteva anche censurare la lettura degli altri monaci. Sulla esclusività della funzione di bibliotecario l’Abate ci informa:

La biblioteca è nata secondo un disegno che è rimasto oscuro a tutti nei secoli e che nessuno dei monaci è chiamato a conoscere. Solo il bibliotecario ne ha ricevuto il segreto dal bibliotecario che lo precedette, e lo comunica, ancora in vita, all’aiuto bibliotecario, in modo che la morte non lo sorprenda privando la comunità di quel sapere. E le labbra di entrambi sono suggellate dal segreto. Solo il bibliotecario, oltre a sapere, ha il diritto di muoversi nel labirinto dei libri, egli solo sa dove trovarli e dove riporli, egli solo è responsabile della loro conservazione. Gli altri monaci lavorano nello scriptorium e possono conoscere l’elenco dei volumi che la biblioteca rinserra. Ma un elenco di titoli spesso dice assai poco, solo il bibliotecario sa, dalla collocazione del volume, dal grado della sua inaccessibilità, quale tipo di segreti, di verità o di menzogne il volume custodisca. Solo egli decide come, quando, e se fornirlo al monaco che ne fa richiesta, talora dopo essersi consultato con me. (Nome, p. 45)
Un’altra prerogativa del bibliotecario era quella di succedere, almeno secondo la tradizione, a un Abate che moriva.(1) Lo sappiamo da questo scambio di battute tra Guglielmo e Nicola sulla scelta del nuovo bibliotecario dopo le morti di Malachia e Berengario, suo aiuto:
Guglielmo:  Ora che Malachia e Berengario sono morti, chi è rimasto a possedere i segreti della biblioteca?
Nicola:  L’Abate, e l’Abate dovrà ora trasmetterli a Bencio... se vorrà...
Guglielmo:  Perché se vorrà?
Nicola:  Perché Bencio è giovane, è stato nominato aiuto quando Malachia era ancora vivo, è diverso essere aiuto bibliotecario e bibliotecario. Per tradizione il bibliotecario diventa poi Abate... (p. 423)
Tutto sommato, anche se Malachia non era principe di nascita, la funzione di bibliotecario gli conferiva nel monastero una posizione che lo rendeva secondo solo allo stesso Abate. Non è quindi sbagliato chiamarlo uno dei principi del luogo. Si ricordi in proposito la didascalia del primo capitolo del Sesto giorno: "Dove i principi sederunt, e Malachia stramazza al suolo" (p. 413).
   Per quanto riguarda lo stato di principe di Astianatte si può naturalmente menzionare il fatto che era figlio di Ettore e perciò nipote dello stesso re Priamo. Ma il piccolo bambino era anche principe secondo il significato del suo nome che viene interpretato come "signore della città". Cfr. per es. Wikipedia italiana, voce "Astianatte"): "Alla nascita, il padre gli impose il nome di Scamandrio, quasi lo considerasse un dono del fiume Scamandro, ma i Troiani, memori delle imprese di Ettore, lo chiamavano Astianatte (che significa ’signore della città’)". Nell’Iliade-Monti (libro VI, versi 517-521) si legge: "... e seco iva l’ancella / Tra le braccia portando il pargoletto / Unico figlio dell’eroe troiano, / ... Il padre / Scamandrio lo nomava, il vulgo tutto / Astïanatte, perché il padre ei solo / Era dell’alta Troia il difensore." In una nota al verso 520 Lea Nissim Rossi scrive: "Astianatte: ossia Signore della città, Re, per augurio al figlio e per onore al padre."

·  Malachia ed Astianatte erano in vita dei principi.

B2.  LA MORTE
La caduta (B2.1) – Il volto ridotto e le dita sfigurate (B2.2).

B2.1.  LA CADUTA
Malachia morì in seguito all’avvelenamento dopo aver sfogliato il libro micidiale del finis Africae (cfr. B2.2 più sotto). Non morì subito, aveva almeno avuto il tempo di recarsi alla chiesa (seppur in ritardo) per partecipare alla funzione del mattutino. Ma quando si sedette sul proprio scanno il veleno stava già facendo il suo fatale effetto. Leggiamo come Adso descrive la scena:

Fu dunque per primo un vegliante che scorse Malachia ciondolare in modo strano ... Gli si appressò con la lampada, illuminandogli il volto e attirando così la mia attenzione. Il bibliotecario non reagì. Il vegliante lo toccò, e quello cadde pesantemente in avanti. Il vegliante fece appena in tempo a sostenerlo prima che esso precipitasse.
   Il canto rallentò, le voci si spensero, ci fu un breve trambusto. Guglielmo era subito scattato dal suo posto e si era precipitato là dove ormai Pacifico da Tivoli e il vegliante stavano distendendo per terra Malachia, esanime. (Nome, pp. 415-416)
Il bibliotecario riuscì a profferire qualche mezza parola su qualcosa avente il potere di mille scorpioni. Guglielmo, che era accorso, cercò di domandargli chi lo avesse avvertito dei mille scorpioni. "Malachia tentò ancora di parlare. Poi fu sconvolto da un gran tremito e il capo gli ricadde all’indietro. Il volto perse ogni colore, ogni parvenza di vita. Era morto" (p. 416).
   In questo breve episodio abbiamo quindi a che fare con una persona che cade pesantemente morendo poco dopo. Nella già menzionata didascalia del capitolo si legge: "Malachia stramazza al suolo" (p. 413).
   Il giovane figlio di Ettore morì anche lui dopo una caduta, e più precisamente dopo essere stato gettato dai greci(2) dalle mura di Troia. Il motivo della spietata uccisione del bambino sarebbe stato che i greci avevano paura che il regno di Troia fosse restaurato da lui. Myth Index. Greek Mythology (online edizione), voce "Astyanax", spiega: "After the taking of Troy the Greeks hurled him down from the walls of the city to prevent the fulfilment of a decree of fate, according to which he was to restore the kingdom of Troy".
   Anche il coro, vedendo ritornare Taltibio seguito da soldati portanti il corpo morto di Astanatte, conferma in una desolata esclamazione le circostanze della morte del bambino:
Sempre nuove disgrazie si abbattono sulla nostra città: guardate, povere Troiane, ecco il cadavere di Astianatte. I Greci l’hanno ucciso, poveretto, lanciato dalle mura, neanche fosse un disco! (Troiane, p. 125)
Che la caduta dal muro fosse anche pesante non richiede ulteriori spiegazioni. Del resto, nelle Troades di Seneca il corpo del ragazzo fu rotto "gravi ... casu" (vv. 1111-1112).

·  Malachia e Astianatte morirono dopo una caduta pesante.

Per evitare eventuali malintesi è bene precisare che nel caso di Malachia la caduta avvenne a causa del veleno micidiale, mentre quello che provocò la morte di Astianatte fu la caduta stessa.

B2.2.  IL VOLTO RIDOTTO E LE DITA SFIGURATE
Malachia morì dopo aver sfogliato tra le pagine del libro proibito nella biblioteca. Il potente veleno di cui erano impregnate certe pagine "presso il margine laterale superiore" (Nome, p. 472), era entrato nel suo corpo sia attraverso le dita che la lingua con la quale aveva inumidito le punte delle dita per agevolare la sfogliata (ibid.). Dopo l’avvelenamente Malachia era riuscito a recarsi in chiesa per la prima funzione del giorno, e lì morì nel modo che sappiamo. Ma come appariva il suo corpo dopo la morte, e, in particolare, come era il suo volto? Vediamo prima una descrizione di come il veleno avesse alterato l’aspetto del moribondo subito dopo la caduta in avanti. Adso scrive:

... alla luce della lampada vedemmo il volto dell’infelice. Ho già descritto l’aspetto di Malachia, ma quella notte, a quella luce, esso era ormai l’immagine stessa della morte. Il naso affilato, gli occhi cavi, le tempie infossate, le orecchie bianche e contratte coi lobi rivolti all’infuori, la pelle del viso era ormai rigida, tesa e secca, il colore delle gote giallastro e soffuso di un’ombra scura. ... un faticoso respiro usciva da quelle labbra riarse. Aprì la bocca e ... vidi agitarsi nella chiostra dei denti una lingua ormai nerastra. (p. 416)
Se tale era l’aspetto pochi istanti prima della morte, tale doveva apparire anche dopo la morte, con la differenza che allora la pelle aveva assunto un pallore cadaverico. Il volto del monaco era insomma visibilmente ridotto, ciò che Adso stesso conferma una decina di pagine più avanti:
Quanto diverse erano state le morti di quegli ultimi giorni! Avevo finalmente visto da vicino come moriva una vittima dei diabolici scorpioni del finis Africae, e certamente erano morti così anche Venanzio e Berengario, cercando conforto nell’acqua, il volto già ridotto come quello di Malachia... (p. 428)
Si erano sfigurate anche le dita, ciò che viene notato da Guglielmo subito dopo la caduta dello sventurato: "Guglielmo si chinò ancora un momento sul cadavere. Gli afferrò i polsi, volgendogli verso la luce i palmi delle mani. I polpastrelli delle prime tre dita della mano destra erano scuri" (p. 417). E anche questo era un effetto del contatto con il veleno, effetto che Guglielmo aveva prima notato sui cadaveri di Venanzio e Berengario (p. 264).
   Vediamo ora come si presentava il corpo morto di Astianatte dopo la caduta dalle mura. Ecuba si lamenta:
Povero caro, guarda cosa hanno fatto ai tuoi riccioli: le mura di Troia, le torri costruite da Apollo te li hanno portato via! ... La testa spaccata... esce sangue e la ferita sembra una bocca che ride... per non dire peggio! (Troiane, p. 129)
Da queste parole si deduce che tutto il capo, incluso naturalmente anche il volto, era terribilmente ridotto. Inutile aggiungere che fu la caduta a provocare sia la morte che la lacerazione del bambino.(3)
   Anche le mani di Astianatte erano rotte. Ecuba continua il suo lamento:
Le tue mani mi ricordano tanto quelle di tuo padre, e adesso eccole qui, a pezzi, tutte rotte. (ibid.)
Se le mani erano "a pezzi, tutte rotte", anche alcune delle dita dovevano essere distrutte o almeno sfigurate.(4)

·  In seguito a quello che causò la morte, Malachia e Astianatte avevano il volto ridotto e delle dita sfigurate.

B3.  IL LETTO FUNEBRE
Quando Adso si recava alla chiesa per partecipare ai riti funebri, essa "era ... illuminata da un chiarore tenue e livido, dominata dalla salma dello sventurato, abitata dal sussurro uniforme dei monaci che recitavano l’ufficio dei morti" (Nome, p. 428); e come abbiamo già detto nell’ingresso del capitolo, il cadavere era stato disteso su un catafalco nella navata (p. 418). Il catafalco fungeva quindi come letto funebre. Si aggiunge che la salma doveva naturalmente essere addobbata secondo il rito.
   Nelle Troiane non c’è nessun catafalco per la salma del piccolo ragazzo. Ma nella scena c’è un altro oggetto che viene usato come un letto su cui posare il morto: è il grande scudo di Ettore. Poco prima dell’inizio della scena Taltibio ha portato non solo il cadavere di Astianatte ma anche lo scudo di suo padre; rivolgendosi a Ecuba, egli dice:

Eccolo qui, il figlio del tuo Ettore: è caduto dalle mura ed è morto. E qui c’è lo scudo di bronzo, che era il terrore dei Greci, lo scudo che Ettore usava per ripararsi. (p. 127)
E Taltibio continua riferendo la volontà di Andromaca circa il funerale del figlio:
Ha ottenuto che [lo scudo] servisse per seppellire il figlio: lì, anziché in una cassa di legno o in una tomba di pietra. Ha voluto che il cadavere fosse affidato a te: devi avvolgerlo nei drappi funebri e ornarlo di corone di fiori, così come puoi, viste le circostanze. (ibid.)
Ecuba prega l’araldo di appoggiare lo scudo a terra e recita poi un lungo discorso triste indirizzato al morto, nella cui fine leggiamo:
Non ti è toccata l’eredità di tuo padre, ma almeno il suo scudo di bronzo sarà la tua tomba. Proteggeva Ettore, ma adesso ha perduto il suo forte padrone... Mi viene da piangere ... Su, portate qualche cosa per ornare la salma, quello che c’è: messe come siamo non si può fare un bel funerale, ma quello che ho è tuo. (p. 129)
Dopo l’esortazione di Ecuba di portare "qualche cosa per ornare la salma", alcune delle donne troiane vanno a prendere degli oggetti; Susanetti commenta in proposito: "L’ordine di portare il necessario per le esequie comporta che qualcuno entri all’interno delle tende e ne esca con gli ornamenti funebri" (nota 201 al testo, p. 189). Dopo le ultime parole di Ecuba, con l’esortazione, il coro dice:
Ecco le donne: hanno preso degli oggetti dal bottino di Troia e li portano per ornare il morto. (ibid., p. 131, già citato nell’ingresso)
Parmentier inserisce nel testo della sua traduzione: "Les femmes reviennent avec des ornements funèbres" (Les Troyennes, p. 76), un commento del tutto coerente rispetto alle circostanze.
   Sappiamo inoltre che il piccolo giaceva sullo scudo quando fu portato via per il seppellimento nella tomba (che Taltibio aveva già scavato o stava scavando). Ascoltiamo qualche riga della fine della scena:
Ecuba:  Andate, seppellite questo sventurato. Ecco: è tutto a posto come vuole il rito funebre... (Troiane, p. 133)

Hécube:  Allez, déposer ce corps dans sa triste tombe. Il possède la parure qui est due aux trépassés. (Les Troyennes-Parmentier, p. 78)

Parmentier aggiunge dopo la battuta di Ecuba: "Des soldats emportent le bouclier avec le cadavre" (ibid.). Non pensiamo che si debba mettere in dubbio la verità di questo commento perché sembra del tutto logico nel contesto. Susanetti commenta del resto nella nota 201 già citata (Troiane, p. 189): "Lo scudo in cui è sepolto Astianatte diventa una sorta di correlativo oggettivo del corpo e della persona del padre." E ricordiamo pure quanto Taltibio ha detto prima sulla volontà di Andromaca: "Ha ottenuto che [lo scudo] servisse per seppellire il figlio" (p. 127).
   Verso la fine della scena, dopo le preparazioni di Ecuba e delle troiane, si vede quindi il morto Astianatte, adornato come si poteva "viste le circostanze", giacere sul grande scudo di suo padre, che in questo caso fungeva come letto funebre.
   Le dimensioni dello scudo non erano naturalmente come quelle del catafalco di Malachia, ma doveva essere abbastanza grande per essere un supporto adeguato per il corpo di Astianatte. Nell’Iliade si legge perfino una descrizione succinta dello scudo di Ettore: "Ondeggiano all’eroe [Ettore], mentre cammina, / L’alte creste dell’elmo; e il negro cuoio, / che gli orli attorna dell’immenso scudo, / La cervice gli batte ed il tallone" (Iliade-Monti, VI libro, vv. 146-149). In una nota al testo la Nissim Rossi scrive: "è dunque grando quanto la persona, lo scudo, se può percuoter con l’orlo la testa e il piede" (ibid., p. 151). Anche se non possiamo essere sicuri che la descrizione di Omero fosse del tutto conforme alla verità (l’Iliade fu scritto almeno quattro secoli dopo la guerra), lo scudo doveva in ogni modo essere imponente perché apparteneva al più grande eroe di Troia.(5)

·  In tutte e due le scene il corpo morto giace ornato su di una struttura abbastanza grande da fungere come letto funebre.

C.  DEFINIZIONE DELL’ELEMENTO OMOLOGO NR-bis/TR 8
Nella Sesta unità di tempo si assiste a una scena in cui si esegue un rito funebre per un morto che giace ornato su di una struttura abbastanza grande da fungere come letto funebre; sul conto del defunto si registra che era in vita un principe, morto dopo una caduta pesante; in seguito a quello che causò la morte aveva il volto malridotto e delle dita sfigurate.

Note

(1)  Ogni regola e tradizione ha le sue eccezioni. Abbone stesso era diventato Abate senza essere stato precedentemente bibliotecario. Per essere nominato al suo posto Abbone aveva altri meriti, per es. quello di essere figlio naturale del signore della plaga locale. Era stato istruito dei segreti della biblioteca probabilmente da un certo Roberto da Bobbio, che era bibliotecario a quel tempo (Nome, p. 424).

(2)  Secondo La Nuova Enciclopedia Universale Garzanti il figlio di Ettore fu precipitato da "Ulisse (o Neottòlemo)". In Wikipedia italiana, voce "Astianatte", si legge che il piccolo ragazzo fu "ucciso da Neottòlemo, che lo gettò dalle mura di Troia su consiglio di Ulisse". Nelle Troiane stesse (p. 103) si racconta soltanto (per bocca di Taltibio) che Odisseo aveva "avuto la meglio nell’assemblea dei Greci" nel decidere il fato del fanciullo, perché non bisognava far crescere il figlio di un padre forte come Ettore. Ci sono però altre versioni della sorte di Astianatte, per es. che "il piccolo fu salvato da un’ancella, e, una volta diventato adulto, avrebbe rifondato la città di Troia" (Wikipedia italiana, ibid.).

(3)  Seneca descrive con più particolari lo stato miserabile del corpo morto di Astianatte. Si vedano i versi 1110-1117 delle Troades. Ma da tale tipo di evocazione di orrore si astenne l’autore greco.

(4)  Susanetti scrive in una nota (198): "Ora le mani del bimbo sono ’sciolte’ perché la caduta ne ha spezzato le articolazioni" (Troiane, p. 188). Nella traduzione di Parmentier si legge: "O mains où j’aimais tant à retrouver la ressemblance paternelle, vous gisez devant moi, disloquées et inertes !" (Les Troyennes, p. 75)

(5)  Per le dimensioni degli scudi usati nel poema di Omero può essere interessante leggere quanto Andrew Lang scrive in Homer and His Age (1906), chapter 7 "Homeric Armour": "As regards size, Homer certainly describes, in several cases, shields very much larger than most which we know for certain to have been common after, say, 700 B.C. He speaks of shields reaching from neck to ankles, and ’covering the body of a man about.’ Whether he was also familiar with smaller shields of various types is uncertain; he does not explicitly say that any small bucklers were used by the chiefs, nor does he explicitly say that all shields were of the largest type. It is possible that at the time when the Epic was composed various types of shield were being tried, while the vast ancient shield was far from obsolete." (Da Internet, vedi la bibliografia.)
   Per quanto riguarda lo scudo di Ettore egli riferisce in sostanza quello che Omero dice nel libro VI dell’Iliade.

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