II-2.2.1.2

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II-2.2.1.2.  ELEMENTO OMOLOGO NR-bis/TR 3

Il corpo disteso per terra

A.  OGGETTO DELL’ANALISI
Nella mattina del Secondo giorno (Seconda unità di tempo) un corpo morto è trovato dai servi dell’abbazia in un grande orcio pieno di sangue (proveniente dal macello autunnale dei maiali). L’Abate, che ne è subito avvertito nella chiesa, interrompe le funzioni delle Laudi per accorrerci insieme a Guglielmo e altri monaci.

L’Abate ordinò che si traesse dal liquido infame il cadavere ... I porcai esitanti si appressarono al bordo e bruttandosi di sangue ne trassero la povera cosa sanguinolenta. Come mi era stato detto, rimestato a dovere subito dopo esser stato versato, e lasciato al freddo, il sangue non si era raggrumato, ma lo strato che ricopriva il cadavere tendeva ora a solidificarsi, ne inzuppava le vesti, ne rendeva il volto irriconoscibile. Si appressò un servo con un secchio di acqua e ne gettò sul volto a quella misera spoglia. Qualcun altro si chinò con un panno a pulirne i lineamenti. E apparve ai nostri occhi il volto bianco di Venanzio da Salvemec, il sapiente di cose greche ... (Nome, p. 112)(1)
La scena da analizzare cominicia quando il morto giace per terra e continua fino a che si è formato un cerchio di monaci spaventati che vociano attorno al cadavere.
Guglielmo si chinò sul cadavere, come se fosse uso a trattare corpi morti. Intinse il panno che giaceva accanto nell’acqua del secchio e deterse meglio il viso di Venanzio. Frattanto gli altri monaci si affollavano spaventati, formando un cerchio vociante a cui l’Abate stava imponendo il silenzio. (p. 113)
All’inizio della scena corrispondente delle Troiane si vede Ecuba giacere tutta sola per terra. Ascoltiamo parte del suo monologo introduttivo:
Su, poveraccia! Alza la testa, tieni dritto il collo: Troia non c’è più e io non sono più una regina! Il destino è cambiato: rassegnati! ... Ah, il grande orgoglio di un tempo! Giù come un vela ammainata! Non era davvero niente! Che devo fare? Sto zitta? Parlo? Mi lamento? Non ne posso più di stare stesa per terra: è così dura! Mi fa male dappertutto. (p. 61)
Dopo il lungo monologo, ecco che entra in scena il primo semicoro di donne troiane le quali sono state spaventate dai lamenti della regina:
Semicoro A:  Ecuba, perché urli? Cosa sono queste grida? Nelle tende abbiamo sentito i tuoi lamenti e ci siamo spaventati ... (pp. 63-65)
Dopo alcune battute fra Ecuba e il semicoro A, esce a sua volta dalla tenda il secondo semicoro, anch’esso composto di donne spaventate:
Semicoro B:  Eccoci fuori dalla tenda di Agamennone. Tremiamo di paura, ma vogliamo sapere. Parla, regina: i Greci ci vogliono uccidere? I marinai sono già ai remi? (p. 65)
La scena TR finisce con un breve dialogo tra Ecuba e il semicoro B. (Poi viene l’intermezzo che commenta l’azione e prepara all’"atto" seguente.)
   Per questa entrata in scena delle due parti del coro Susanetti commenta in una nota al testo:
La parodo corale [la prima entrata in scena del coro] ... ha una struttura articolata. Il coro delle donne troiane si suddivide in due gruppi che fanno il loro ingresso in momenti distinti ... Il primo semicoro esce dalla tenda perché ha udito le urla e i gemiti di Ecuba ... il secondo semicoro entra in scena ai vv. 176 sgg. (Troiane, nota 38, p. 155)
A questa definizione si aggiunge che in tutti e due i casi le persone che si radunano attorno alla persona per terra è dello stesso sesso: nel Nome della rosa sono dei monaci e il coro delle Troiane è composto da sole donne.

B.  ANALISI COMPARATIVA
Apparenza fisica delle persona per terra (B1) – Il trasporto dai luoghi abituali (B2) – La capacità di pensare in greco (B3) – Definizione dell’elemento omologo NR-bis/TR 3 (C).

B1.  L’APPARENZA FISICA
Il corpo morto di Venanzio doveva agli occhi degli astanti essere in uno stato miserabile dove giaceva sulla terra tutto imbrattato di sangue: nella citazione più sopra (Nome, p. 112) l’aspetto del cadavere è descritto come "povera cosa sanguinolenta" e "misera spoglia". A quest’immagine si aggiunge che la figura ha anche il capo rasato. Lo si sa perché in qualità di monaco Venanzio portava la tonsura, cioè la totale e parziale rasatura dei capelli, proprio come si usava a quei tempi (vedi per es. Wikipedia italiana, voce "Il nome della rosa (film)": "Il regista impose a tutti gli attori la tonsura dei capelli, esattamente come usava allora tra i monaci").
   Se Ecuba non è un cadavere vero e proprio ha invece l’apparenza di esserlo, almeno secondo quanto ella stessa afferma nella battuta dove esprime la propria paura per il futuro:

Di chi sarò schiava? In che paese?
Io, una povera vecchia, senza forze,
un cadavere ambulante, il fantasma di me stessa! (Troiane, p. 67)

Hélas, hélas! chez quel maître, où, en quelle région serai-je esclave, triste vieille, semblable à un frelon, figure misérable de morte, vaine image d’un trépassé? (Les Troyennes-Parmentier, p. 36)

Ah me! ah me! Whose slave shall I become in my old age? in what far clime? a poor old drone, the wretched copy of a corpse, set to keep the gate or tend their children, I who once held royal rank in Troy. (The Trojan Women-Coleridge)

Per il miserabile stato fisico della regina si leggano anche le seguenti parole in cui non solo ribadisce il suo stato miserabile ma anche rivela di avere i capelli rasati:
Avevo un trono e adesso sono qui per terra, accanto alla tenda di Agamennone! Io, una povera vecchia devastata, con i capelli rasati a zero, in segno di lutto, trascinata via da casa, a fare la schiava! (Troiane, p. 63)
·  Le persone per terra si trovano in uno stato miserabile e sono senza vita o paiono almeno esserlo; hanno i capelli rasati.

Servono due commenti:

–  Abbiamo constatato che Ecuba aveva l’apparenza di un corpo morto mentre Venanzio era morto davvero. Questo rappresenta un altro esempio della tecnica (di Eco) di confrontare due elementi di cui uno è un oggetto reale e l’altro ha l’apparenza di esserlo; si veda anche I-2.2.4, punto B2.3, dove si mettono a confronto fuscelli veri e propri (in materia puzzolente di sterco e strame) con l’apparenza di fuscelli (anime congelate nel Cocito).

–  Per i capelli rasati di Venanzio si deve ammettere che tale elemento era fuori dal controllo dell’autore del romanzo.

B2.  IL TRASPORTO DAI LUOGHI ABITUALI
In vita Venanzio si trovava normalmente nella parte centrale dell’abbazia (chiesa, dormitorio, chiostro) o nell’Edificio. Nella notte del Secondo giorno era nella biblioteca sfogliando le pagine avvelenate del libro proibito. Sentendo il forte veleno nella bocca e nel corpo scese in cucina per bere dell’acqua, ma invano. Quello che accadde dopo è spiegato con poche parole da Guglielmo:

Berengario [che anch’egli era entrato nell’Edificio] trova il corpo di Venanzio in cucina, teme che ne nasca una indagine ... Non sa come fare, si carica il corpo in spalla e lo butta nell’orcio del sangue, pensando che tutti si convincessero che era annegato. (Nome, p. 473)
A questa soluzione elegante del mistero della morte di Venanzio, Guglielmo non era arrivato senza molto lavoro deduttivo; però, già nella mattina del Secondo giorno, quando insieme ad Adso stava esaminando il luogo intorno alla giara, aveva fatto delle osservazioni precise. Adso racconta:
Ma ciò che più ci parve degno di interesse, era che tra quelle impronte [di piedi umani] si frammischiava una traccia più continua, come di qualcosa trascinato da chi aveva lasciato le impronte. In breve, una scia che andava dalla giara alla porta del refettorio, sul lato dell’Edificio che stava tra la torre meridionale e quella orientale. (p. 114)
Insomma, dopo la morte in cucina Venanzio era stato trascinato da Berengario al recipiente di sangue che si trovava davanti agli stabbi, cioè in un luogo che lo sfortunato monaco non era solito visitare. (Si precisa che il corpo morto di Venanzio, dopo essere stato buttato nell’orcio, fu tirato su dal sangue e posizionato per terra.)
   Ecuba, se non è propriamente trascinata fuori dalle mura della città al luogo della scena, ci è evidentemente portata in un modo o nell’altro perché dice di dover essere trascinata via come schiava: cfr. le seguenti parole che abbiamo già citato più sopra:
trascinata via da casa,
a fare la schiava! (Troiane, p. 63)

Comme esclave, on emmène la vielle que je suis (Les Troyennes-Parmentier, p. 34)

Forth from my home to slavery they hale my aged frame (The Trojan Women-Coleridge)

·  Le persone per terra sono state portate dai loro luoghi abituali al posto della scena.

B3.  LA CAPACITÀ DI PENSARE IN GRECO
Sappiamo che Venanzio era un abile traduttore dal greco e la sua conoscenza della lingua era tale che Guglielmo non esita ad affermare che anche pensava in greco. Cogliamo il Maestro quando cerca di interpretare la carta di Venanzio con il messaggio segreto:
Trasse dal saio la carta di Venanzio e rilesse: "La mano sopra l’idolo opera sul primo e sul settimo dei quattro." Si guardò intorno: "Ma certo! L’idolum è l’immagine dello specchio! Venanzio pensava in greco e in quella lingua, più ancora che nella nostra, eidolon è sia immagine che spettro" (Nome, p. 321)
Sulla capacità della regina di Troia di pensare in greco non ci devono essere dei dubbi.

·  Ognuna delle persone per terra ha o ha avuto la capacità di pensare in greco.

C.  DEFINIZIONE DELL’ELEMENTO OMOLOGO NR-bis/TR 3
Nella Seconda unità di tempo si vede una persona distesa per terra, attorno alla quale si radunano gradualmente altre persone di uno stesso sesso le quali sono spaventate e commentano a viva voce quello che accade sulla scena.
   La persona per terra ha i capelli rasati, si trova in uno stato miserabile ed è senza vita o pare esserlo; è stata portata dai suoi luoghi abituali al posto della scena; ha o ha avuto la capacità di pensare in greco.

Nota

(1)  Si rammenti che in I-2.2.5.3 abbiamo legato Venanzio, quando stava ancora immerso nel sangue, ad Alessandro Magno.

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